Lara Comi e la political correctness

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14 Novembre 2019

L’Onorevole Lara Comi, già indagata per alcuni reati, è stata arrestata questa mattina dalla Guardia di Finanza. Dell’onorevole nulla so, forse per mia distrazione, si dice che di beltà e giovinezza fece gloria e fortuna e nella storia del mondo non è una notizia. Per cultura civile non per formalità di fronte a questi provvedimenti esercito il dubbio e attendo che un giudice valuti l’atto della Procura;  ancor di più attendo l’esito del procedimento di merito che nella situazione della giustizia italiana anche nella migliore delle ipotesi, quella a lei favorevole che possa portare a piena assoluzione, segnerà la sua giovane vita definitivamente  per più o meno un ventennio fino alla cancellazione dal casellario giudiziario. Si discute sulla liceità o meno di ergastolo ostativo maturato dopo una condanna ma si considera scontato che un giudizio duri più o meno lo stesso tempo.

Ovviamente molto diverso e molto monotono e molto prevedibile, di segno opposto, è l’urlo dei social e del bar sport dove non prospera né la sensibilità civile né la political correctness  e la signora è segno dell’odio verso il politico quanto della coincidente misoginia straripante. Pessima e dolorosa lezione è quella di imparare sulla propria pelle che la rivolta populista contro il politically correct porta alla esposizione sul carro che viaggia lentamente tra gli insulti verso la ghigliottina mediatica.  Il comportarsi secondo correttezza non è un modus che dovrebbe appartenere a una parte politica ma fu il frutto della moderazione contro sanculotti e tricoteuses post rivoluzione, fu la negazione della giustizia sommaria e anche di quella del re. Quando sento dire che del “politically correct non se ne può più” penso che per quanti “abusi” ne possano essere frutto essi sono sempre meno esecrabili del suo oblio e della sua condanna fortemente ostentata dalla politica a destra, quella che elesse l’Onorevole Comi.
Manette agli evasori, manette agli inquinatori, penale per inasprire comportamenti colpevoli che nel mondo sono invece nella sfera del “danno civile” non sono grida manzoniane, sono segno di barbarie; non di incapacità ad agire per fare giustizia ma di incapacità nel pensare. E leggere i testi delle intercettazioni spesso filtrati a suffragio delle decisioni degli organi competenti è un chiedere consenso pubblico per atti che costituzionalmente ne sono, o dovrebbero essere, totalmente alieni. Noi abbiamo vissuto il ’77 ma anche il ’92 e negli anni immediatamente successivi sappiamo bene cosa accadde. Sappiamo che i giornali “coordinavano” informalmente le indiscrezioni come fossero bollettini di una guerra dove si applica il codice militare e la decimazione. Ricordo un solo caso in cui quegli stessi giornali all’indomani della ennesima pubblicazione si posero il dubbio dell’aver esagerato, pochi lettori ricorderanno la conversazione telefonica profondamente, estremamente intima e personale tra Pierfrancesco “Chicchi” Pacini Battaglia, detto “l’uomo appena sotto Dio”, e la figlia non indagata di un indagato. Lì qualcuno disse “abbiamo esagerato” ma devo dire che le conseguenze furono minime e il costume si radicò. Da allora alla onorevole Comi le cose sono sempre le stesse se non per una certa assuefazione del pubblico pronto però a infiammarsi se alla indiscrezione si somma la misoginia.
La morale della storiella è però che oggi noi non solo avremmo bisogno di legislatori di gran livello, e non ne abbiamo, ma anche della civile convinzione che il “politically correct” non è una moda da affluenti liberal newyorkesi dalla aperta e indefinibile sessualità ma una tutela della libertà di ognuno di noi, una difesa necessaria della propria persona, una qualità del vivere civile di un paese. Purtroppo il giustizialismo è l’arma degli ignoranti, e passi, ma non dovrebbe passare che tutti noi si scelga di esserlo.

TAG: diritti civili
CAT: diritti umani, Giustizia

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