Rai e razzismo: sul confronto tra #CambieRai e Roberto Natale

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7 Maggio 2021

Non era mai successo prima: la Rai ha accettato di parlare con due attiviste antirazziste. L’ha fatto nel corso del convegno annuale del Dams di Roma Tre, che quest’anno ha per titolo Migrations, Citizenships, Inclusivity. Narratives of Plural Italy, between Imaginary and Diversity Politics. La tavola rotonda, moderata dal professor Leonardo De Franceschi e da chi scrive, prevedeva diversi ospiti chiamati a raccontare esempi di buone pratiche e azioni positive per favorire pluralismo e diversity, ma è stata l’occasione anche per far dialogare Roberto Natale della direzione Rai per il sociale con due attiviste della campagna #Cambierai, lanciata lo scorso aprile per chiedere un cambio di rotta alla televisione pubblica e a tutti i media. L’episodio più recente contestato da #CambieRai è stato nella trasmissione ‘Da noi… a ruota libera’ di Rai1, in cui l’attrice Valeria Fabrizi aveva commentato una propria foto usando la N word (“sembro una n**a”). La conduttrice Francesca Fialdini non aveva espresso alcuna parola di condanna, lasciando passare il messaggio che si possa fare. Altrettanto hanno fatto recentemente Pio e Amedeo su Canale 5, mentre a Fedez, che al concerto del primo maggio ha fatto un monologo sulle dichiarazioni omofobe della destra, è stato preventivamente chiesto di valutare il contesto. Tornando alla diretta del Dams di Roma Tre, tutto procedeva per il meglio, con l’ascolto di esperienze come l’istituzione di borse di studio per soggetti svantaggiati o razzializzati da parte di Nuovo Imaie e Agitu Fellowship, le storie del Premio Mutti e di Griot,  un magazine ma allo stesso tempo un collettivo che aspira ad essere sempre più uno spazio nomadico per iniziative che favoriscano quel networking necessario per entrare nel mondo della cultura e dello spettacolo. L’incontro era poi proseguito con un intervento di Marta Donzelli, nuova presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia. Dopo essere stata informata che la sede di Milano ha organizzato un laboratorio con soli esperti uomini, 17 su 17 (salvo poi rettificare per la proteste ricevute) Donzelli ha detto che tra i cento film da vedere obbligatoriamente per prepararsi all’esame di ammissione alla Scuola non c’è ad oggi nessun film diretto da una regista. Ma ha anche detto di essere sensibile in proposito, che c’è molto lavoro da fare e che ha già introdotto una novità, ossia il requisito della parità di genere nelle commissioni che valutano le ammissioni. Ma veniamo al confronto tra Rai e #Cambierai, campagna pensata e realizzata da collettivi e persone razzializzate, sostenuta da persone che si occupano di antirazzismo, lotta alle discriminazioni, diritti umani e inclusività. Nata dalla stesura di una lettera indirizzata ai vertici Rai, oggetto di un mailbombing che ha coinvolto oltre un migliaio di persone. Attraverso tre sit in (Roma, Milano, Torino) e una copertura mediatica che include il New York Times, #CambieRai è un’aperta condanna dei modelli razzisti, sessisti, etnocentrici, cattocentrici ed eteronormativi che gli attivisti riscontrano nella tv pubblica, ma è allo stesso tempo un appello a tutti i media perché non normalizzino forme di razzismo e di discriminazione. La Rai, poi,  ha una responsabilità maggiore e dovrebbe saper accogliere le critiche. Prima è intervenuta Selam, ricordando che Rai per il sociale, rappresentata al convegno dal giornalista Roberto Natale, ha il compito di essere un punto di ascolto, anche di associazioni e terzo settore, “per non lasciare indietro nessuno”, come si legge nel sito dedicato. Rispetto al linguaggio utilizzato, Selam ricorda che nella società questo è mutevole, pertanto se lede la dignità di qualche persona deve poter essere modificato, e che per evitare nuovi errori basterebbe non escludere dai tavoli di lavoro i diretti interessati. Proseguendo, Kwanza di #CambieRai ha voluto citare la Costituzione, perché la Rai in quanto tv pubblica dovrebbe assomigliarle, specialmente nell’articolo, il terzo, per il quale è “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Va detto che la Rai ha risposto – seppure con mesi di ritardo – ad una lettera di altre associazioni che invitavano a non adottare più la pratica razzista del blackface, dicendo che non lo farà più, mentre a questo appello non ha risposto, perché secondo quanto ha dichiarato il direttore di Rai per il sociale Giovanni Parapini, ad Associated Press “significherebbe che la Rai in tutti questi anni non ha fatto nulla per l’integrazione“. Gli attivisti di #CambieRai non devono essere ‘integrati’, e questo lessico, così povero, ha davvero stancato. Ma oggi a partecipare era Natale, e non è andata molto meglio. Natale ha citato prodotti d’eccellenza del servizio pubblico, come Radici su Rai3 o Labanof. Corpi senza nome nel fondo del Mediterraneo, il primo podcast originale prodotto interamente da Rai Radio3, vincitore del 72° Prix Italia, premio internazionale per le produzioni radiotelevisive nella categoria Radio Documentary and Reportage. E ha sentenziato che il blackface in Tale e quale show non è mai stato denigratorio. Un intervento totalmente autoassolutorio. Natale sbaglia, anche perché dice che sono emerse ultimamente “nuove sensibilità”. Ma non sono i bianchi a poter dire se il blackface è razzista, e gli afroamericani lo spiegano almeno dagli anni Sessanta: basterebbe mettersi in ascolto, studiare, o come hanno insistito le attiviste presenti, assumere persone più competenti in grado di evitare al servizio pubblico altri guai. E formare i colleghi, soprattutto. Bisogna insomma ripensare l’intero servizio pubblico perché davvero non escluda nessuno. Meglio ancora, far scrivere ai soggetti interessati una trasmissione in prima serata in cui affrontare il problema numero uno: il razzismo sistemico, che non è solo nei fatti di Macerata, ma nella vita quotidiana di tante persone, e le due cose sono correlate. Ma quando i chairs della tavola rotonda chiedono a Natale un impegno scritto, un comunicato stampa con cui mettere nero su bianco la promessa di organizzare gli incontri continuativi chiesti da #CambieRai, il giornalista si irrigidisce: “Se non succederà, vorrà dire che vi ho preso in giro”. Selam dopo la diretta ha commentato: “Questo non è stato un incontro con la Rai, ma un dibattito pubblico cui ha partecipato anche un esponente di Rai per il sociale. Stiamo puntando molto più in alto e sappiamo quindi riconoscere quando le cose a cui partecipiamo sono vincolanti e quando performative o comunque simboliche. Le porte di RAI sono chiuse, ma le apriremo”. Così, mentre Netflix produce una serie come Zero, destinata a rimanere uno spartiacque, il servizio pubblico ha ancora tanta strada da fare, e soprattutto deve decidere con chi farla.

 

Il video del confronto tra Rai e #Cambierai è disponibile al link www.facebook.com/damsroma3/videos/3874027585979730

*L’immagine a corredo di questo articolo proviene dal sito linkcoordinamentouniversitario.it

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CAT: discriminazioni

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