Una volta i sociologi le chiamavano “famiglie incomplete” e già dal nome era chiaro come fossero considerate. Oggi per definirle si preferisce usare un termine più asettico, “famiglie monogenitoriali”. Sono quei nuclei rappresentati da un solo genitore che vive con uno o più figli. L’85 per cento delle volte è la madre: si tratta per lo più di donne che restano con i figli dopo una separazione, anche se aumentano i casi di madri sole che hanno avuto il loro bambino al di fuori di una situazione di coppia. In generale, i nuclei monogenitoriali sono quelli che aumentano di più in Italia e ormai sono arrivati a essere il 16 per cento di tutte le famiglie: un totale di 4 milioni. Almeno secondo i dati ufficiali, perché in realtà sono molte di più. «I numeri appaiono sottostimati perché le coppie si separano, ma spesso non divorziano visti i costi psicologici ed economici», spiega Andrea Catizone, direttrice dell’Osservatorio sulla famiglia dell’Eurispes. Molte di questi nuclei restano invisibili alle statistiche, e quindi purtroppo anche alle istituzioni che se ne occupano poco e male, nonostante i dati europei parlino chiaro: sono proprio queste realtà quelle più a rischio d’impoverimento.
«È importante che queste famiglie siano riconosciute dal legislatore come tali, perché ne hanno tutte le caratteristiche, le esigenze e i problemi», sottolinea l’avvocato Catizone. Senza riconoscimento giuridico, la loro vita è molto difficile.
«In Italia alcuni pezzi della legislazione fanno ancora riferimento a quella fascista, all’assistenza alle madri abbandonate. Siamo indietro», avverte Elisabetta Ruspini, professore di Sociologia all’Università Milano-Bicocca. «Non esiste una politica seria di sostegno alla madre sola o al padre solo, né una politica di preparazioni delle nuove generazioni all’idea di monogenitorialità. Se ci sono agevolazioni, sono tutte legate al reddito. Se sei sotto l’Isee o se sei stata vittima di una serie di sfortune familiari, hai degli aiuti. Ma sono rivolti a casi individuali, non è una politica che abbia una visione».
A dimostrare il ritardo delle nostre istituzioni ci sono i bandi comunali per l’acquisto agevolato delle case, che il più delle volte sono rivolti a coppie sposate o al limite conviventi, e solo in pochi casi virtuosi sono comprese le famiglie monogenitoriali. Qualcosa si sta muovendo in Lombardia, in Alto Adige o in Umbria, ma è ancora troppo poco.
In Europa le cose vanno diversamente. «Tanto per dare un’idea del ritardo italiano, la prima associazione per dare sostegno ai “single parents” è nata in Inghilterra più di un secolo fa», racconta Gisella Bassanini, madre single e una delle fondatrice della nuova associazione Small Families. «Si chiama Gingerbread e il presidente onorario è oggi J.K Rowling, l’autrice della saga di Harry Potter la cui storia di riscatto da mamma single in miseria a scrittrice milionaria è diventata famosa. In Germania per esempio, lavorano molto sul supporto all’inserimento al lavoro, in Francia sul sostegno economico e sul micro credito, in Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca le madri single hanno aiuti anche molto maggiori. In Italia per avere il riconoscimento di mamma sola e di alcune agevolazioni bisogna spesso iniziare una vera a propria lotta con la burocrazia».
Proprio di fronte a questa desolazione, è nata l’idea di creare un’associazione che potesse offrire un sostegno concreto alle madri e ai padri soli, che li mettesse in rete, arginandone l’isolamento. «L’associazione SmallFamilies nasce a febbraio 2014 ma è il frutto di un lavoro cominciato a inizio 2012 e partito dall’incontro che ho avuto con Enrica Freschi e Michele Giulini, anche loro genitori single», spiega Gisella Bassanini. «In realtà è un desiderio che avevo da quando è nata mia figlia, 13 anni fa: allora mi sono detta che non appena avessi potuto mi sarei occupata attivamente di questo tema, per evitare che altre donne passassero attraverso una serie di difficoltà che io ho vissuto, che vivo anche adesso, ma con una maturità diversa. So bene che cosa vuol dire l’isolamento, la solitudine, il sentirsi anomali rispetto agli altri. Ho pensato che queste questioni non dovessero più essere un fatto privato ma un tema pubblico, per trasformarsi poi in politiche, progetti, servizi che avessero al centro le small families».
L’idea è di lavorare sui servizi agevolati e competenti da offrire ai genitori soli. Da settembre è nata la Bussola dei servizi, che offre ai soci il contatto con esperti in vari campi, disposti a offrire consulenze e prestazioni a prezzi molto agevolati. Si va dall’avvocato di famiglia a quello del lavoro, dalla psicologa all’architetto, dalla ginecologa fino all’informatico che aiuta a risolvere gli intoppi che possono capitare con il computer: un modo molto pratico per dare una mano a chi ha problemi anche banali, che se affrontati da soli, senza un partner, possono sembrare giganti. Ancora più importante è la Mappatura che l’associazione ha fatto e che continua ad ampliare dei servizi per lo più pubblici rivolti in generale alle famiglie. «Per il momento si tratta di professionisti milanesi e di servizi erogati a Milano, ma noi speriamo davvero di allargarci oltre il nostro territorio e di fare rete con altre associazioni che sul nostro modello dovessero nascere altrove», ci spiega Gisella Bassanini.
Un’altra importante “mission” dell’associazione è quella di dare voce a queste famiglie, alle esperienze delle madri e dei padri soli, a quelle dei figli che crescono solo con mamma o con papà. L’obiettivo è riconoscere loro uno stato di normalità, fare sentire che le stranezze stanno altrove, nei pregiudizi e nei sospetti di chi è rimasto attaccato a un’idea arcaica e patriarcale dell’essere famiglia. Small Families è così diventata anche una casa editrice. Il primo libro, smAllchristmas – Natale in famiglie a geometrie variabili, è uscito proprio in questi giorni. A cura di Raethia Corsini e Laura Lombardi, raccoglie racconti sui festeggiamenti del Natale vissuti da persone note e meno note con una storia alle spalle o in essere di famiglie monogenitoriali. Tra gli autori troviamo Piero Chiambretti, cresciuto da una madre sola, Claudio Bisio, figlio di separati, Maria Laura Rodotà, madre single e molti altri, alcuni anche sotto pseudonimo, perché ancora oggi in Italia si tratta di un argomento sensibile.
Il senso di questa operazione è evidente nelle parole dell’attrice Lella Costa che nella prefazione al libro scrive: «Penso fortemente che la narrazione degli eventi abbia sempre una grossa importanza. Bisogna raccontare. La condizione di una madre con un figlio senza un padre, o viceversa, può ingenerare nei ragazzi l’idea che il genitore “mancante” non ci sia perché non lo/li amava abbastanza da restare con lui/ loro. Non è cosa da poco questo pensiero, specie se uno dei genitori è totalmente assente. Raccontare ai propri figli con autenticità com’è andata; ascoltare anche il loro modo di narrarlo, per capire il loro vissuto al riguardo, è una piccola cura, forse una delle chiavi più efficaci per creare relazioni autentiche».
Un libro come questo lavora anche per costruire una vera cultura alla monogenitorialità, cosa che in Italia è ancora latitante, nonostante sia ormai provato scientificamente che i figli di genitori soli non abbiano per definizione possibilità ridotte. A volte è proprio il contrario. «Ci sono studi che dimostrano che bambini nati e cresciuti in una famiglia con monogenitori sono più abituati a confrontarsi con il mutamento. Si tratta di famiglie fluide. Spesso questi bambini imparano a gestire molteplicità di rapporti e di case, e non è detto che sia un male, anzi. Spesso sono opportunità», sottolinea la sociologa Elisabetta Ruspini.
Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, cresciuto da una mamma sola, ne è la prova. Basta poi ascoltare le parole che Jared Leto ha rivolto quest’anno a sua madre durante la consegna dell’Oscar per sentire che tipo di legame forte e creativo si può creare all’interno di queste relazioni. Chiude ogni tentennamento l’antropologa Giovanna Campani: «Le madri sole non devono assolutamente sentirsi in colpa, ma vivere con gioia la propria maternità singola. Le small families – per usare quest’espressione – non hanno niente di “meno” delle famiglie bigenitoriali. E poi basta ricordarsi di Cornelia, Ottavia, madame de Sevigné, Marie Curie, Maria Montessori: sono state tutte madri sole!».
Altro che incomplete: queste famiglie sembrerebbero fonte di vera potenza, insomma. Riconoscerle come tali sarebbe un bel passo avanti.
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UNA PRECISAZIONE!!!! in realtà la casa editrice del libro non è Small Families ma Cinquesensi (http://editore.cinquesensi.it). I proventi al netto delle spese editoriali vanno a sostenere le attività dell’associazione Small Families. Il libro è distribuito nelle librerie di tutta Italia e in più anche dal sito dell’editore in forma cartacea e e-book.