«Così lavoriamo dal basso per rivoluzionare l’economia italiana»

8 Ottobre 2019

Passare da un sistema produttivo di tipo lineare, che estrae risorse, le trasforma in beni di consumo ma genera al tempo stesso una mole di spazzatura, a un’economia dove tutto è pensato in partenza per essere circolare, potenzialmente senza scarti e rifiuti. Il tema è di grande rilievo: si tratta della trasformazione del modello di produzione e consumo su cui hanno fin qui prosperato le società occidentali, e non solo.

Un anno fa, proprio per facilitare e accelerare questo passaggio epocale, la Fondazione Cariplo ha lanciato il Circular Economy Lab, insieme con la banca Intesa Sanpaolo, a sua volta partner finanziario globale della Ellen MacArthur Foundation, uno dei maggiori propulsori mondiali del paradigma dell’economia circolare.

Diciamo subito che, una volta tanto, l’Italia è all’avanguardia rispetto ad altri paesi. Secondo un rapporto pubblicato a inizio anno dal Circular Economy Network e dall’Enea, il nostro paese è leader in Europa nel campo dell’economia circolare. Ne abbiamo parlato allora con Riccardo Porro, direttore operativo della Cariplo Factory, l’hub di innovazione creato dalla Cariplo nel 2016 con l’obiettivo di valorizzare i giovani talenti e sostenere la crescita delle startup italiane.

 

Nel 2018 Cariplo Factory, insieme all’Intesa Sanpaolo Innovation Center, ha lanciato il Circular Economy Lab (CE Lab): perché un intero laboratorio dedicato all’economia circolare?

Il Circular economy Lab è nato da una comunanza di visione e di intenti tra Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo. Due soggetti apparentemente diversi, ma che hanno posto l’economia circolare al centro della loro strategia, e quindi hanno deciso di creare il primo centro di competenza sul tema in Italia. Il CE Lab appunto. L’economia circolare è un concetto che coniuga un modello di creazione di valore economico, ma anche di impatto e rigenerazione sociale e territoriale, in questo senso è pienamente in linea con i principi della Fondazione Cariplo. Inoltre la Fondazione è impegnata da tempo nel sostegno a progetti di ricerca su bioeconomia ed economia circolare, sullo sviluppo di nuovi materiali, sulle applicazioni in agricoltura, e via dicendo. Naturalmente si tratta di un sostegno precompetitivo, ma che deve tradursi in un impatto economico favorevole per il nostro sistema economico e industriale, e rispettoso delle peculiarità dei territori in cui si sviluppano i modelli di economia circolare. L’obiettivo, in definitiva, è generare un impatto sociale a livello territoriale, avere un’influenza positiva sulle tematiche ambientali, e creare opportunità di inserimento lavorativo.

Cosa vi proponete di realizzare con questo progetto?

Il CE Lab vuole essere il punto di riferimento, a livello nazionale, sull’economia circolare. L’obiettivo è prima di tutto sostenere l’imprese nel processo di transizione dai modelli cosiddetti lineari di creazione del valore ai modelli circolari. Ovviamente questo tipo di cambiamento rappresenta una vera e propria sfida, e le aziende non possono vincerla da sole. Spesso hanno bisogno di tecnologie abilitanti e competenze ben specifiche, e quindi devono aprirsi a dei progetti di open innovation. Il fulcro dell’attività del CE Lab è proprio questo: aiutare le aziende a ridisegnare i propri processi e prodotti, o a utilizzare degli scarti dei loro processi di produzione per rigenerare nuovo valore anche su altre filiere industriali. Al tempo stesso, facendo questo tipo di attività, la banca vede il CE Lab come un laboratorio dove prototipare degli strumenti finanziari nuovi, pensati proprio per sostenere questo tipo di transizione e cambiamento.

Quindi non si tratta solo di aziende nuove, concepite già in ottica circolare, ma anche di aziende esistenti che vogliono provare a cambiare modello produttivo. 

Esatto, le aziende che si affacciano al CE Lab sono sia di medie dimensioni, quindi afferenti al portafoglio di Banca dei Territori, sia di grandi dimensioni, pertanto comprese nella Divisione corporate e investment banking di Intesa Sanpaolo. Naturalmente le esigenze variano, ma l’economia circolare è così profondamente trasformativa che si applica a qualsiasi tipo di azienda. E soprattutto a qualsiasi settore industriale, anche ai più immateriali.


Riccardo Porro, direttore operativo Cariplo Factory

Può fare qualche esempio concreto di collaborazione con aziende in questo senso?

Siamo partiti da un campione dell’economia circolare come Novamont, l’azienda leader nel settore italiano delle bioplastiche e della biochimica. Nonostante fosse già posizionata sul tema, ha sviluppato con noi un percorso di open innovation con un obiettivo duplice. Il primo era portare ulteriore innovazione all’interno dell’azienda, e per questo abbiamo sostenuto lo scouting di startup, PMI e progetti di ricerca che potessero rendere ulteriormente circolari i suoi processi produttivi. E, al tempo stesso, Novamont ha messo a disposizione alcuni sottoprodotti e alcune tecnologie già validate nei suoi impianti, in modo che potessero essere attivate ulteriori filiere. Per questo si stanno attualmente discutendo delle possibili nuove partnership tra Novamont e attori di altre filiere industriali.

Altre collaborazioni?

Abbiamo lavorato anche con un gruppo di aziende afferenti al comitato sostenibilità della Camera di Commercio americana, fra cui soggetti del calibro di Autogrill, Enel, Costa Crociere e così via. In questo caso lo scopo era individuare delle soluzioni circolari capaci di rispondere a dei bisogni di innovazione su temi molto variegati. Nel caso di Autogrill, ad esempio, si trattava di trovare delle soluzioni che permettessero di riutilizzare e valorizzare gli scarti del caffè e delle arance. In termini settoriali stiamo portando avanti progetti nel settore del food packaging, quindi sullo sviluppo di nuovi contenitori alimentari biocompostabili e biodegradabili. E poi stiamo interagendo con altre aziende per ridurre l’impatto della plastica sul packaging secondario e terziario.

Come comincia il percorso di coinvolgimento delle aziende?

Le modalità con cui interagiamo con le imprese sono molteplici. Molte aziende ci contattano direttamente per affrontare dei cambiamenti organizzativi e di processo nell’ottica dell’economia circolare. In altri casi passiamo da momenti di tipo educativo e formativo. Periodicamente organizziamo degli incontri su tematiche specifiche, ad esempio sull’economia circolare nell’industria del fashion, o su come l’economia circolare impatterà sulle città del futuro. Sono momenti di coinvolgimento che ci permettono di far comprendere il potenziale dell’economia circolare alle varie aziende. Ancora, in alcuni casi sosteniamo le imprese con una prima fase di valutazione del loro livello di circolarità, e spesso a valle di questo meccanismo si intraprende anche il percorso di innovazione e trasformazione.

Interagite anche con startup e centri di ricerca?

Sì. E anzi, questo è uno dei fattori che contraddistinguono Cariplo Factory e Intesa Sanpaolo Innovation Center, ed è anche il motivo per cui le aziende si rivolgono al CE Lab come centro di competenza. Il CE Lab non vuole essere una nuova realtà posizionata fuori dall’ecosistema dell’innovazione italiana, vuole stare proprio al suo interno. Oggi il CE Lab ha rapporti con i principali incubatori di impresa di tipo accademico, con gli acceleratori, e ha rapporti con il mondo universitario e della ricerca. Ossia con i principali centri di produzione scientifica, che sono proprio uno degli elementi per cui l’Italia si distingue in queste tematiche: abbiamo fior fiore di ricercatori specializzati in settori che vanno dai nuovi materiali all’ingegneria di processo, e così via.

Vi concentrate su delle linee di lavoro in modo particolare?

Stiamo lavorando sulle tematiche tipiche del made in Italy, che rappresenta l’eccellenza dei settori industriali nel mondo, e dove abbiamo un potenziale perché possiamo contare su un’industria credibile ed esportabile. In realtà però l’economia circolare è un paradigma che attraversa i diversi settori produttivi, quindi il bello è creare ponti e sinergie tra aziende che fino a ieri non si parlavano, ma che grazie all’economia circolare possono chiudere dei cerchi e attivare processi virtuosi.

Che rapporti ci sono con la società civile?

In generale l’approccio all’innovazione di Cariplo Factory è allineato al principio della responsible innovation a cui la Commissione Europea tiene molto. Questo significa coinvolgere nei processi di innovazione tutti gli stakeholder coinvolti nel processo di innovazione, inclusa la società civile. Ovviamente ciò avviene modi diversi. In alcuni casi, quando dobbiamo identificare delle aree di innovazione, non lo facciamo condividendo l’analisi solo con l’azienda che ci chiede come può migliorare, ma dialogando anche con tutti gli stakeholder della sua filiera: i suoi clienti, i suoi fondatori e i “cittadini comuni”. A volte collaboriamo con associazioni o enti di rappresentanza. In generale poi le attività rivolte alla cittadinanza si svolgono durante i grandi eventi. Durante la Fashion week e nel corso del Salone del Mobile, per esempio, abbiamo tenuto dei seminari per rendere comprensibile e attuale il tema dell’economia circolare alla cittadinanza più ampia.

Dal vostro osservatorio privilegiato, quali ritenete siano i punti di forza dell’economia circolare italiana?

Riteniamo che il sistema italiano abbia senz’altro delle eccellenze in settori industriali diversi, che poi possono trainare delle intere filiere. Eccellenze che troviamo nel settore agricolo, della chimica verde, delle costruzioni, dell’economia del mare, tematica quest’ultima estremamente rilevante. Esistono quindi delle industrie-cardine con attori che hanno investito da tempo, talvolta anche anticipando le normative, essendo realtà proattive verso l’innovazione, e che quindi hanno contribuito a rendere l’Italia molto interessante per queste tematiche, un laboratorio rispetto a quanto avviene in altri paesi. Quella dell’economia circolare è senz’altro una sfida che l’Italia può ancora raccogliere, e che deve massimizzare, perché in essa l’Italia può essere competitiva. A differenza di altri settori, ad esempio quello digitale. Se guardiamo agli investimenti che si stanno facendo in Francia nelle startup digitali, ad esempio, ci rendiamo subito conto della differenza con la nostra situazione in questo settore. Ma se puntiamo a fare una politica attiva sui temi dell’economia circolare, allora siamo estremamente competitivi, e possiamo mantenere il passo rispetto ad altri motori d’Europa e del mondo.

E i punti deboli?

Dal mio punto di vista i punti deboli sono legati al modo in cui, generalmente, si tende a lavorare in Italia. Ogni azienda guarda al suo orticello, al suo perimetro di azione, ed è difficile riuscire a far collaborare realtà diverse e realtà appartenenti ai medesimi settori. Il punto però è che questo è in totale antitesi rispetto all’economia circolare, che è un settore in cui per massimizzare il valore c’è bisogno di mettersi in squadra e lavorare insieme. Perché un’azienda, da sola, spesso non può avere un impatto ed essere incisiva in un determinato aspetto: i temi circolari hanno sempre, per definizione, un impatto sistemico.

*


Ellen MacArthur all’evento di lancio del Circular Economy Lab alla Cariplo Factory (Milano, 24 settembre 2018)

TAG: Circular Economy Lab, economia, Economia circolare, Fondazione Cariplo, futuro, innovazione, intesa sanpaolo, italia, risorse
CAT: economia circolare

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...