CORONAVIRUS: Sospensione dei canoni e degli adempimenti per forza maggiore

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12 Marzo 2020

La recente diffusione del CoVid19 sul territorio nazionale e l’adozione di provvedimenti urgenti per il suo contenimento hanno inciso, sulla normale operatività delle imprese italiane in settori vitali per l’economia, come il commercio, il turismo, la ricettività, la ristorazione.

Per effetto di tali provvedimenti, le imprese potrebbero non essere più in grado di adempiere le obbligazioni contrattuali assunte o, comunque, di farlo entro i termini contrattualmente stabiliti.

Potrebbe anche accadere che, le stesse parti che dovrebbero ricevere le prestazioni  potrebbero non essere più in grado di utilizzarle o persino rifiutarle, invocando una sopravvenuta carenza di interesse legata all’attuale situazione emergenziale.

Con tali provvedimenti sono state adottate misure di contenimento, come:

·       misure restrittive della libertà personale e di circolazione (i.e., divieti di allontanamento e di accesso; applicazione della quarantena; limitazione all’accesso o sospensione dei servizi di trasporto terrestre, aereo, ferroviario e marittimo);

·       sospensione di manifestazioni, eventi e ogni forma di riunione;

·       sospensione di viaggi organizzati, gite scolastiche e attività turistiche;

·       sospensione del servizio di trasporto di merci;

·       chiusura delle attività commerciali (vedi allegato dpcm 11 marzo 2020).

Anche se non riguardando direttamente i contratti pendenti, i provvedimenti indicati potrebbero incidere sulla capacità delle parti di eseguire o ricevere le relative prestazioni.

Essi potrebbero, infatti, determinare l’impossibilità sopravvenuta delle prestazioni (art. 1256 c.c.) per effetto del c.d. “factum principis”, che ricorre quando provvedimenti legislativi o amministrativi emanati dopo la conclusione del contratto rendano oggettivamente impossibile eseguire la prestazione.

Limitando la libertà di movimento delle persone e vietando lo svolgimento di eventi e attività commerciali, tali provvedimenti possono dare luogo a:

·       sopravvenuta impossibilità definitiva di eseguire la prestazione (es. cancellazione di treni diretti verso zone interessate da misure restrittive);

·       sopravvenuta impossibilità temporanea di eseguire la prestazione ;

·       eccessiva onerosità sopravvenuta;

·       sopravvenuta impossibilità di ricevere la prestazione (fattispecie non disciplinata dal codice civile, ma contemplata dalla giurisprudenza;

·       sopravvenuta carenza di interesse a ricevere la prestazione.

Per poter determinare l’impossibilità della prestazione, gli ordini o i divieti emanati dell’autorità devono essere:

·       del tutto estranei alla volontà dell’obbligato (Cass. Civ., n. 21973/07);

·       non ragionevolmente prevedibili, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione (Cass. Civ., n. 2059/2000).

I citati provvedimenti sono stati adottati dalle autorità competenti a fronte di un’emergenza sanitaria grave, eccezionale e, previe le valutazioni del caso, imprevedibile. Sono, quindi, del tutto estranei alla volontà dei contraenti e la loro emanazione non avrebbe potuto essere prevista dalle parti al momento della conclusione del contratto.Si rinvia alle risposte successive per ulteriori approfondimenti.

Al di là dei provvedimenti emanati, l’emergenza CoVid19 può già dirsi di avere effetti sui contratti, perchè deve considerarsi un’epidemia anche dal punto di vista giuridico, e può configurare a tutti gli effetti una causa di forza maggiore.

Dall’analisi della giurisprudenza, l’epidemia è una malattia contagiosa che colpisce ad un tempo stesso gli abitanti di una città o di una regione, i cui elementi caratteristici sono:

1.     il carattere contagioso del morbo;

2.     la rapidità della diffusione e la durata limitata del fenomeno;

3.     il numero elevato delle persone colpite, destando un notevole allarme sociale ed      un  pericolo per un numero indeterminato e notevole di persone;

4.     un’estensione territoriale di una certa ampiezza, sì che risulti interessato un territorio abbastanza vasto da meritare il nome di regione e, di conseguenza, una comunità abbastanza numerosa da meritare il nome di popolazione (Trib. Bolzano 13.3.1979; Trib. Savona 6.2.2008).

L’epidemia può avere effetti sui contratti pendenti anche a prescindere dai provvedimenti urgenti adottati per contenerla, nella misura in cui possa rendere oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso erogare una prestazione contrattuale.

Per sua stessa definizione, la forza maggiore deve essere assoluta e, cioè, non vincibile né superabile in alcuna maniera. E tale non può considerarsi quella situazione che, con intensità di impegno e di diligenza tipica o normale, avrebbe potuto essere altrimenti superata.

In buona sostanza, dunque, la forza maggiore deve avere carattere oggettivo, straordinario ed imprevedibile.

Pertanto, al verificarsi di un evento potenzialmente definibile di “forza maggiore”, è prima di tutto consigliabile esaminare il contratto in essere e, in particolare, la definizione in esso prevista.

In ogni caso, perché operi la forza maggiore – e dunque una parte non venga considerata inadempiente finché dura la causa di forza maggiore – è necessario che detti eventi abbiano un impatto rilevante sulla possibilità di adempiere di una parte.

A tale proposito, le clausole contrattuali quasi sempre indicano che l’evento esterno debba rendere impossibile (in tutto o in parte) la prestazione. Altre clausole riconoscono la possibilità della parte di invocare la forza maggiore anche quando la prestazione diventi eccessivamente onerosa.

A tal proposito merita citare la sentenza n. 965 della Cass. Pen., sez. V, 28 febbraio 1997, nella quale viene sancito che può essere considerata come situazione appartenente alla categoria di forza maggiore solo quell’evento che impedisca la regolare esecuzione del contratto e renda, inoltre, inefficace qualsiasi azione dell’obbligato diretta ad eliminarlo.

La Suprema Corte precisa, inoltre, che l’accadimento impedente non deve essere dipeso da azioni od omissioni dirette od indirette del debitore.

La forza maggiore può quindi essere messa a confronto con la questione dell’imputabilità dell’inadempimento. L’imputabilità della mancata esecuzione del contratto ricomprende tutti quegli eventi che generano culpa: si tratta di situazioni inescusabili, legate al comportamento del debitore o comunque prevedibili fin dal momento della redazione del contratto. Un accadimento che con l’uso della normale diligenza e conoscenza media può essere previsto al momento della stipulazione del contratto non rientra nella categoria di forza maggiore.

Detto ciò, risulta rilevante approfondire maggiormente le due caratteristiche che un evento deve avere per essere considerato causa di forza maggiore: straordinarietà ed imprevedibilità.

Il requisito di straordinarietà, secondo la Suprema Corte, ha carattere obiettivo, nel senso che deve trattarsi di un evento anomalo, misurabile e quantificabile sulla base di elementi quali la sua intensità e dimensione.

L’imprevedibilità, invece, ha natura soggettiva, in quanto riguarda la capacità conoscitiva e la diligenza della parte contraente.

Esempi di questi accadimenti sono: guerre, ribellioni, atti di terrorismo, sabotaggi, epidemie, cicloni, terremoti, etc.

Qualora sia stata disposta una clausola di forza maggiore con un elenco ben preciso di eventi che le parti considerano come tale, ma non si ammettono interpretazioni estensive di tale clausola o eventi analoghi, si avverte che la mancata previsione dell’ipotesi dell’epidemia (poi verificatasi) non libererebbe automaticamente il debitore dall’esecuzione della propria prestazione. In questo caso bisognerà valutare, alla luce dell’intero contratto, se il debitore si sia assunto, o meno, il rischio di adempiere la propria prestazione anche qualora si fosse verificato l’evento (epidemia) non oggetto della clausola di forza maggiore.

In sintesi, in caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione:

–        il debitore non è responsabile per il proprio inadempimento (art. 1218 c.c.);

–        la sua obbligazione si estingue (art. 1256 c.c.);

–        il contratto si risolve di diritto, senza bisogno di alcuna iniziativa di parte né di intervento del giudice (che sarà, tuttavia, necessario in caso di contestazioni; art. 1463 c.c.).

In base all’art. 1256 c.c., il debitore non è responsabile dei danni che la controparte possa subire per un ritardo nell’esecuzione della prestazione dovuto a un’oggettiva impossibilità temporanea.

Il rapporto contrattuale entra, dunque, in uno stato di sospensione, che può risolversi in due diversi modi:

–        l’impossibilità viene meno (cessa lo stato di emergenza ed è nuovamente possibile accedere nel comune ed effettuarvi le consegne). In tal caso, il persistere della mancata consegna della merce diviene imputabile al fornitore e costituisce inadempimento;

–        l’impossibilità diventa definitiva, ossia perdura fino a quando viene meno l’interesse che la prestazione in concreto è diretta a realizzare (ad esempio, le merci in questione potrebbero non essere più utili o utilizzabili dopo un certo periodo di tempo). In tal caso, l’obbligazione si estingue con conseguente scioglimento del vincolo contrattuale (artt. 1256 e 1463 c.c.).

È teoricamente possibile rifiutare la prestazione di un determinato contratto, benché non previsto da alcuna previsione di legge, rifiutare la prestazione di un determinato contratto e attivare i rimedi restitutori (art. 1463 c.c.) quando l’interesse creditorio sia venuto meno per effetto della sopravvenuta oggettiva impossibilità di utilizzare la prestazione.

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, le conseguenze giuridiche dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, ovvero differita, se la prestazione di una delle parti è ancora possibile, ma è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di eventi straordinari e imprevedibili, la parte che deve eseguire tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, salvo che tale eccessiva onerosità non rientri nella sua normale alea (art. 1467, commi 1 e 2, c.c.).

Il concetto di “eccessiva onerosità” non è definito dal legislatore ma, secondo la giurisprudenza e la dottrina, va valutato alla stregua di criteri rigorosamente oggettivi e distinto dalla mera difficoltà di adempimento.

A differenza dell’impossibilità, l’eccessiva onerosità sopravvenuta non produce alcun effetto liberatorio automatico (e, quindi, non risolve di diritto il contratto), ma va accertata e la risoluzione dichiarata in giudizio.

E’ importante che la notifica della causa di forza maggiore sia tempestiva e circostanziata; anche perché, in questo modo, l’altro contraente potrà sospendere la sua prestazione e limitare il suo danno. Un ritardo nella comunicazione è, in certi contratti, sanzionato persino con la perdita del diritto di invocare la forza maggiore.

In generale, tuttavia, si ritiene che la parte risponda dei danni fino al momento della ritardata comunicazione, a meno che dimostri che detto ritardo era incolpevole.

Epidemie e decisioni delle autorità sanitarie, in quanto fenomeni imprevedibili e sopravvenuti, esterni alla volontà delle parti, generalmente rientrano nella categoria giuridica della forza maggiore.

Occorre dunque verificare che l’informazione ricevuta sia circostanziata e tempestiva; parimenti, se non si è in condizione di adempiere per cause di forza maggiore, occorrerà informare in maniera tempestiva e circostanziata la propria controparte, anche – se del caso – allegando certificati rilasciati dalle autorità pubbliche.

Occorrerà adottare misure di mitigazione dei rischi e dei danni; danni che non sono risarcibili dalla parte che si trovi in una situazione di forza maggiore legittimamente e tempestivamente dichiarata all’altra parte.

Una volta accertata una causa di forza maggiore, le alternative potranno essere:

–        la sospensione: prevista nei contratti internazionali di durata e nei casi in cui la situazione sia incerta o l’impedimento solo temporaneo;

–        la risoluzione dei contratti: generalmente prevista nei casi in cui risulti impossibile la prestazione;

–        la rinegoziazione (tipicamente lo strumento per ricondurre ad equilibrio le prestazioni o per adeguare il contratto alla nuova realtà).

In ogni caso, si ricorda che è importante non trascurare gli obblighi informativi e di fornire una corretta comunicazione alla controparte, anche perché le omesse o fuorvianti informazioni possono incidere sulla responsabilità contrattuale risarcitoria, anche da ritardo. Aldilà della possibilità concreta di invocare la forza maggiore, l’incertezza sui tempi di consegna o sull’adempimento, può comunque rendere opportuna una rinegoziazione e modifica del contratto concordata tra le parti.

Si auspica che le autorità italiane possano fornire supporto alle imprese che, attualmente, si trovano nell’impossibilità soddisfare le obbligazioni assunte.

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TAG: avv Monica Mandico, contratti, coronavirus, Covid19, forza maggiore, mandico e partners
CAT: economia civile, Giustizia

Un commento

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  1. lina-arena 4 anni fa

    al di là delle disquisizioni giuridiche , appare di tutta evidenza la incostituzionalità delle norme varate nella misura in cui rendono possibile alle grandi organizzazioni di intaccare il patrimonio della parte debole del contratto.In data odierna ho appreso che una denuncia contro i magistrati catanesi addetti alla sezione espropri sono imbrigliati in un processo penale.

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