Stipendi, la schizofrenia del Terzo settore

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24 Maggio 2017

Sarà perché ho studiato economia che la locuzione “non profit” l’ho sempre trovata stonata.

Sarà che ci sono rimasto male, pur apprezzandone la trovata di marketing, quando ho scoperto che le Organizzazioni Non Governative sono finanziate anche dagli Stati.

Sarà che sono di sinistra, per cui penso che se le ONG e le associazioni di volontariato fanno cose straordinarie, è anche perché lo Stato in molti casi ha fallito

Sarà che trovo scandaloso che alcune delle maggiori ONG ricorrano ai cosiddetti “dialogatori” per raccogliere fondi, ovvero contribuiscano alla precarizzazione del lavoro.

Sarà che ho trovato ridicolo l’argomento di una dirigente di una not Ong che mi spiegava che sì avevo un po’ ragione ma che con sua grande sorpresa e soddisfazione i “dialogatori” sono uno strumento molto efficace.

Chissà l’ammirazione che avrebbe nutrito per certi manager che schiavizzano i raccoglitori di pomodori.

Sarà per queste e altre ragioni che quando ho letto che nel nuovo Codice che riforma il Terzo settore c’era la norma che imponeva che il dipendente più pagato non può guadagnare più di sei volte il dipendente meno pagato, non mi ha sorpreso affatto leggere che, Luciano Zanin,  presidente dell’ASSIF – Associazione Italiana Fundraiser afferma che questa norma tarpa le ali al Terzo Settore perché i migliori nelle varie mansioni li si attira solo con stipendi adeguati al mercato.

Sarà che avendo studiato Economia in tenera età ne ho un’idea disincantata, e vorrei dire a coloro che aderiscono all’ASSIF che se lavorate nel Terzo Settore solo con sprezzo del ridicolo potete invocare le logiche del mercato tout court. Se esiste il Terzo Settore e non pensate che ciò sia un fallimento dello Stato, dovreste almeno avere il sospetto che ciò sia un fallimento del mercato degli enti profit.

Pertanto, se lavorate per enti non profit non potete invocare logiche del mercato degli enti profit.

Se lavorate per enti che fondano la loro esistenza sul contributo di volontari non dovreste invocare il mercato degli enti profit. Altrimenti sorge il sospetto che il No Profit vale per molti ma non per tutti, alcuni devono lavorare non profit e altri profit.

Ora io sono quasi certo che nei master per diventare fundraiser, i docenti vi hanno spiegato che in fondo anche quello del terzo settore è un mercato, con tutti gli annessi e connessi.

Fidatevi, quei docenti avevano del materiale preparato per qualche corso sui FCMG, sui beni di lusso, magari sulla grande distribuzione. Non hanno fatto altro che modificare qualche termine per renderlo politically correct ed eccovi servito il concetto di Terzo Settore come mercato analogo a quello profit.

Ma non esiste il mercato, esistono i mercati.

Si potrebbe obiettare che questa è una ragione in più perché il mercato specifico del Terzo Settore determini le remunerazioni. Capirete però che a fronte di una serie di vantaggi che le norme contengono, qualche limitazione bisognerà porla per impedire gli abusi.

Se invece ritenete corretto invocare il mercato, allora sappiate che la norma è facilmente aggirabile, è sufficiente esternalizzare le attività per cui persone sono pagate meno e il moltiplicatore potrà darvi grandi soddisfazioni.

Ci sarebbe una soluzione più equa, alzare le retribuzioni più basse. Ma sono certo che non vorreste mai irritare il mercato.

TAG: ong, terzo settore, volontariato
CAT: economia civile, Legislazione

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