Mediterraneo

Bambini nei campi di Tindouf: un’infanzia sospesa tra emergenza umanitaria e pressione ideologica

9 Dicembre 2025

Nei campi di Tindouf, situati nel sud-ovest dell’Algeria, migliaia di bambini sahrawi crescono in un contesto segnato da isolamento geografico, precarietà strutturale e limitate prospettive future. I campi, amministrati dal Fronte Polisario e ospitati sul territorio algerino, rappresentano da decenni un punto cieco delle agende internazionali: una realtà dove l’infanzia si intreccia con dinamiche politiche, educative e identitarie complesse.

L’Algeria, pur accogliendo da lungo tempo questa popolazione sul proprio territorio, mantiene una posizione ambigua rispetto alla responsabilità formale sulle condizioni di vita dei rifugiati. L’amministrazione quotidiana dei campi è affidata quasi interamente al Polisario, che gestisce scuole, servizi essenziali e attività comunitarie. In questo contesto, l’educazione diventa uno strumento centrale non solo di istruzione, ma anche di costruzione identitaria e politica.

Le strutture scolastiche presenti nei campi svolgono un ruolo fondamentale per i bambini, offrendo un punto di riferimento stabile in una realtà caratterizzata da condizioni economiche fragili e accesso limitato a servizi sanitari e sociali. Tuttavia, diverse organizzazioni internazionali hanno rilevato come i programmi educativi presentino elementi di forte orientamento ideologico.

I contenuti scolastici, infatti, riflettono in larga parte la visione politica del Polisario, con un’enfasi significativa su appartenenza, resistenza e narrativa del conflitto.
Questa impostazione contribuisce a creare un ambiente in cui il pensiero critico risulta limitato e dove l’informazione viene spesso presentata in forma univoca. In assenza di alternative educative indipendenti e di reali possibilità di confronto con prospettive diverse, i bambini rischiano di crescere con una visione parziale della realtà, influenzata da logiche politiche e non esclusivamente formative.
A complicare ulteriormente il quadro è il progressivo ridimensionamento degli aiuti umanitari, aggravato dalla recente instabilità globale. La riduzione delle forniture essenziali ha avuto ripercussioni dirette sulle condizioni materiali dei bambini: nutrizione, assistenza sanitaria, infrastrutture scolastiche e attività ricreative risultano oggi più vulnerabili rispetto al passato. Parallelamente, la crescente militarizzazione del discorso pubblico all’interno dei campi — soprattutto dopo la ripresa delle tensioni nella regione — contribuisce a creare un clima in cui la pressione simbolica e identitaria si fa più intensa.

La posizione dei minori nei campi di Tindouf rimane dunque fragile. Privati della libertà di movimento, esposti a un sistema educativo fortemente orientato e dipendenti quasi completamente dagli aiuti esterni, vivono un’infanzia segnata da incertezze. La comunità internazionale, pur consapevole delle difficoltà presenti nei campi algerini, fatica a intervenire in maniera efficace a causa della complessità politica che caratterizza l’area e della sovrapposizione di competenze tra Algeria e Polisario.

Ciò che emerge è un quadro complesso: bambini che crescono lontani da un contesto educativo plurale, in un ambiente dove le scelte pedagogiche risentono delle necessità politiche di un movimento che continua a essere un attore centrale nella gestione del territorio. Nel frattempo, le famiglie affrontano quotidianamente la sfida di garantire ai figli una crescita serena in un contesto che offre risorse limitate e prospettive future incerte.

La situazione dei minori nei campi di Tindouf, nel cuore del deserto algerino, rappresenta oggi una delle questioni umanitarie più delicate e meno discusse del Nord Africa. Un tema che richiede attenzione costante, monitoraggio indipendente e un impegno internazionale più deciso per tutelare i diritti fondamentali dei bambini, al di là delle dinamiche politiche che da decenni segnano la vita dei campi. Occorre un’approccio libero dalle ideologie , sereno, pacato.

Serve uno sfrozo comune, in linea con le risoluzioni della comunità internazionale e che coivolga tutti gli attori . Il destino dei bambini è un bene troppo prezioso per essere oggetto di sfruttamento anche involontario delle ideologie. Ogni sforzo, non ideologico, da parte di ONG , Nazioni Unite e attori principali del conflitto deve essere rivolto al bene dei bambini.

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