Stiglitz sbaglia: si può salvare l’Euro

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15 Settembre 2016

Il tema della moneta unica, ormai inflazionatissimo, è tornato, in seguito all’esito del referendum britannico che, tra le altre cose, ha definitivamente palesato la mancanza di consenso popolare attorno al progetto continentale, e in seguito soprattutto ai numerosi interventi in materia e all’uscita dell’ultimo libro del premio Nobel statunitense Joseph Stiglitz, ad animare il dibattito politico ed economico del nostro paese, tanto che anche il blog di Beppe Grillo vi ha recentemente dedicato un post, portando di fatto il M5S su una chiara posizione politica anti-euro.

La tesi di Stiglitz, rilanciata proprio dallo stesso Grillo, si fonda sull’assunzione secondo la quale “il costo per tenere assieme la zona euro probabilmente superi quello per il suo smantellamento”. Assunzione che, pur fondandosi su un architettura quanto mai lineare di calcolo costi-benefici, perfetta per la materia economica, scaturisce da un errore nel calcolo di quei costi sociali ed economici che uscire dall’unione monetaria imporrebbero a un paese già sull’orlo della crisi sociale come il nostro.

Nel dettaglio, prendendo come riferimento la classe media italiana, il “costo per smantellare l’Euro” (parole usate dallo stesso Stiglitz) che gli verrebbe imposto corrisponderebbe al rischio, quanto mai plausibile, di dover affrontare nel breve periodo una drastica riduzione del proprio, già per altro limitato, potere d’acquisto.
In un momento come questo, infatti, i rischi per l’Italia sono enormi e enormemente moltiplicati da una struttura industriale fondata sul modello delle PMI a conduzione familiare, e dalla struttura del risparmio privato del paese, la quale ad oggi fondamentalmente svolge ancora una funzione parallela e complementare allo stato sociale, soprattutto per le giovani generazioni.
All’indomani di un ipotetico ritorno alla Lira lo scenario risulterebbe infatti alquanto complicato, con le imprese italiane (la cui dipendenza dalle riserve energetiche estere è ben nota e quantificabile con il 79% di quota netta di energia importata) messe sì in condizione di competere maggiormente sul mercato internazionale per via dei prezzi svalutati, ma alle prese con le enormi difficoltà di fronteggiarsi con un mercato interno paralizzato dalla improvvisa perdita di potere di acquisto dei salari reali delle famiglie italiane.

Uscire dall’Euro significa abdicare al paradigma secondo il quale il dumping monetario può rappresentare il solo ed unico vantaggio competitivo di cui può dotarsi il nostro paese e il suo settore produttivo; restarci significa provare ad inseguire un modello di tessuto industriale vincente sulla concorrenza estera per via della qualità e non della momentanea convenienza di prezzo.

Salvare la moneta unica, infatti, operazione di cui Stiglitz calcola costi eccessivamente ingenti, significa proprio riaffermare la sovranità dell’Unione, riconsegnando a quest’ultima un ruolo cruciale di avamposto contro il dominio del mercato sulle regole democratiche, ma soprattutto di efficace strumento contro quel dumping monetario che spesso e volentieri ha influenzato al ribasso i mercati internazionali. Al contrario, infatti, l’Ue dovrebbe dotarsi di altrettanto forti e rigide misure contro il dumping sociale e fiscale che imperversa al suo interno, uniformando il più possibile il mercato del lavoro e le politiche fiscale dei paesi membri, e riaffermando dunque in definitiva il sacrosanto principio secondo il quale la libera concorrenza debba riguardare le merci e non i diritti, siano essi dei lavoratori o dei consumatori.
La strada per l’uscita dalla crisi e per il salvataggio della stabilità democratica e della tenuta delle istituzioni comunitarie, tra l’altro, è condivisa anche dallo stesso Stiglitz che ne descrive i punti cardine nel penultimo numero del settimanale Internazionale: occorre il prima possibile abbandonare le fallimentari politiche di austerity, rivedendo al rialzo i parametri di Maastricht, e proseguire, come indicato  sopra, sulla strada dell’integrazione fiscale, pattuire misure di condivisione del rischio e del debito come gli Eurobond, ma soprattutto dotarsi di serie misure contro l’imperversare delle disuguaglianze di reddito e di patrimonio nel continente. Serve nei fatti favorire maggiori investimenti sullo stato sociale, creandone finalmente uno di misura europea, invertendo dal punto di vista fiscale quel processo politico che dagli anni ’80 ad oggi ha causato un lento ma costante smantellamento della progressività dei sistemi fiscali nazionali.

La ragione non è solo economica, è sopratutto politica.
Tutto ciò serve a fare in modo che le classi popolari possano finalmente sposare il progetto europeo, garantendogli quella spinta politica di cui ha bisogno perché possa definitivamente giungere in porto.

TAG: euro, europa, Joseph Stiglitz, unione monetaria
CAT: Euro e BCE

2 Commenti

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  1. massimiliano-zanoni 7 anni fa

    mamma mia!
    un ragazzino appena iscritto alla facoltà di economia che pretende di dare lezioni a Stiglitz, che pur a sua volta deve tenere conto nei suoi commenti del Washington consensus che gli timbra il passaporto, fa più tristezza che ridere.
    Prima di scrivere non sarebbe male leggere.
    Consiglio un bel libro, ben scritto e ancor meglio documentato
    https://www.amazon.it/tramonto-delleuro-salverebbe-democrazia-benessere/dp/886830452X/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1475597619&sr=1-1&keywords=il+tramonto+dell%27euro

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  2. matteo-broso 6 anni fa

    Ha di cortesia almeno letto l’articolo o è qua semplicemente per consigliare libri? Preferisco confronto su quanto ho scritto. La saluto

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