Essere o non essere? Il dilemma: un falso problema

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6 Gennaio 2015

Il dilemma, forma di argomentazione deduttiva nel linguaggio quotidiano, è una delle armi più devastanti nelle controversie. Nel linguaggio di ogni giorno sosteniamo di “trovarci in un dilemma” quando dobbiamo scegliere tra due alternative, entrambe sfavorevoli o spiacevoli. Se riusciamo a trovare un argomento simile possiamo sperare di piegare l’oppositore, costringendolo ad abbandonare una posizione insostenibile. Come?

Individuando due posizioni alternative (anche di più, ma devono essere le uniche possibili) tra le quali è possibile operare una scelta e mostrando che qualunque sia la scelta tra di esse, l’avversario è comunque costretto a una conclusione inaccettabile (o negativa).

Per esempio, come il fisico Richard Feynman raccontava (la sua indagine del 1986 sull’esplosione del Challenger si concluse con una denuncia dell’incompetenza degli amministratori della NASA) : «Ogni volta che parlavamo a qualche alto dirigente, ci dicevano che non ne sapevano nulla dei problemi a livello inferiore… o il gruppo dirigente era all’oscuro, ma avrebbe dovuto sapere, o sapeva,  e allora ci stavano mentendo» (Copi & Cohen 1999: 329).

Qual è l’intento di un tale attacco ? Esso è costruito per spingere gli avversari nell’angolo: da lì sarà più facile annientarli. La premessa esplicita è una disgiunzione, nella quale almeno una delle possibilità disgiunte non può che essere vera, ma in ogni caso le conseguenze sono negative: o gli amministratori della NASA sono negligenti oppure mentono.

Molto spesso la formulazione del dilemma è entimematica, infatti spesso si basa su affermazioni ovvie, che non è necessario esplicitare (l’entimema è una tecnica retorica, mira quindi alla persuasione di un uditorio). Proviamo a individuarle nella dichiarazione del 26 agosto 1863, tenuta dal presidente Lincoln per difendere la proclamazione di emancipazione che liberò gli schiavi della federazione: «O la proclamazione della legge è valida o non lo è. Se non è valida non c’è bisogno di revocarla. Se invece è valida non può venir revocata, più di quanto un morto possa venir ricondotto alla vita».

Come è noto, durante la guerra di secessione (1862-64) gli Stati Confederati del Sud erano stati commissariati e sostituiti al congresso, quindi qualche problema giuridico c’era, ma c’era anche un esercito vittorioso sotto il controllo degli Stati Uniti d’America e del loro presidente Lincoln, quindi la schiavitù fu definitivamente (anche se per il momento solo formalmente e in linea di principio) abolita.

 

Come replicare a un dilemma?

 Il dilemma, o argomento “cornuto” è una tecnica argomentativa : la sua forza dimostrativa è però solo apparente. Le tecniche di resistenza al dilemma fanno infatti sempre riferimento al fatto che esso ha due o più “corni”, cioè alternative, tuttavia è sempre possibile:

·     (1) trovare un altro dilemma, uguale e contrario, che possa cancellare l’effetto del primo  («afferrare i corni del dilemma»);

·     (2) rifiutare l’alternativa («sfuggire attraverso le corna»), in tal caso si mostra che l’alternativa presentata nella premessa:

o   (a) è falsa;

o   (b) oppure non è escludente (aut… aut…) ma includente (vel… vel…);

o   (c) oppure non esiste in quanto vi sono altre possibilità intermedie.
 

Si sfugge tra le corna di un dilemma o «ci si sottrae alle incornate» (Cattani 2001: 92) quando si rifiuta la premessa disgiuntiva. In questo modo si evita semplicemente la conclusione, infatti, a meno che la metà di una disgiunzione non sia la contraddittoria dell’altra metà, è sempre possibile che la disgiunzione sia falsa.

Perché bisogna assegnare dei voti agli studenti? Forse perché vedendosi riconoscere un lavoro ben fatto verrebbero stimolati a studiare di più, sarebbe la risposta di un docente con uno stile di insegnamento comportamentista (per il quale anche la sanzione del voto negativo per un lavoro mal fatto avrebbe lo stesso effetto, cioè stimolare a lavorare per avere un buon voto). Ma uno studente potrebbe replicare con un dilemma: se gli studenti si appassionano all’apprendimento, non c’è bisogno di stimolo alcuno; se invece non amano apprendere, nessuno stimolo sarà mai di qualche utilità. Un docente può sfuggire tra le corna di questo argomento, evitando così la conclusione (l’inutilità del voto), sostenendo che la premessa disgiuntiva è falsa: infatti gli studenti hanno ogni sorta di atteggiamento verso l’apprendimento: passione, amore, senso del dovere, indifferenza, disgusto, noia ecc. Lo stimolo può servire a far cambiare atteggiamento per gradi. Se pure la conclusione degli studenti contrari alla valutazione non risulta falsa, ciò nonostante la sua forza ne risulta indebolita (essendo indebolita la premessa disgiuntiva).

Che fare quando la premessa disgiuntiva sembra essere inattaccabile? Quando cioè sembra esaurire tutte le possibilità? In tal caso diventa impossibile sfuggire tra le corna. Si può però tentare di afferrare i corni del dilemma, rifiutando la premessa che consiste in una congiunzione, semplicemente negando una delle due parti di essa.

·       Così, se ostacoliamo la propaganda di chi dice che bisogna proibire (eventualmente attraverso fucilazioni di massa) certi modi di vivere  che sono in contrasto con un particolare ideale politico o religioso (a chi legge scegliere quale versione dell’intolleranza), saremo colpevoli di sopprimere la libertà altrui, mentre se non la ostacoliamo rischiamo di perdere la nostra stessa libertà, perché una volta al potere queste persone (come hanno fatto nel corso dei secoli i dogmatici e “ortodossi” di sempre) cancellerebbero sicuramente la nostra libertà (e non solo quella di parola). Se la ostacoliamo siamo colpevoli di sopprimere la libertà altrui, se non lo facciamo rischiamo di sopprimere la nostra.

 Impossibile passare tra i corni del dilemma, le possibilità sono infatti solo due. Se però afferriamo l’argomento per il primo dei due corni, possiamo sostenere che a) la libertà di parola non include propriamente il diritto di pubblicare dottrine che istigano all’odio, visto che le parole hanno anche una funzione performativa, e non si limitano a essere l’espressione di un’opinione, oppure b) che non corriamo alcun rischio di perdere la nostra libertà se, anziché vietare, spiegamo chiaramente e in modo comprensibile perché è meglio che chi sostiene tali dottrine non possa metterle in pratica.

 La possibilità di un controdilemma è mostrata in modo esemplare dal racconto di una gara di abilità tra il sofista Protagora (maestro dell’arte della persuasione) e il suo degno allievo Euatlo.

·       Si narra infatti, che un giovane di nome Euatlo andasse un giorno da Protagora per imparare da lui l’arte dell’argomentazione, ma senza avere i soldi per pagare le lezioni. Protagora gli disse : “Mi pagherai quando avrai vinto la tua prima causa in tribunale”, e l’accordo fu raggiunto. Finite le lezioni, però, l’allievo non esercitava e non pagava. Protagora lo denunciò per essere pagato. Al processo sostenne di avere in ogni caso diritto a essere pagato, infatti : se l’allievo avesse vinto il processo, secondo il loro accordo avrebbe dovuto pagargli le lezioni ; se invece l’allievo avesse perso, allora avrebbe comunque dovuto pagargli le lezioni (in base alla decisione del tribunale). La posizione di Protagora sembrava inattaccabile, ma l’ex allievo sostenne  che, qualora egli avesse vinto in tribunale, allora per legge non avrebbe dovuto pagare alcunché, mentre qualora avesse perso, allora in base agli accordi non avrebbe dovuto pagare nulla. In ogni caso non avrebbe dovuto pagare.

 In generale, le conclusioni di questo terzo tipo di rifiuto del dilemma (il controdilemma, che consiste nel rovesciare i corni del dilemma puntandoli nella direzione esattamente opposta a quella desiderata da chi l’aveva proposto contro di noi) non sono una confutazione dell’argomento, bensì modi per riorientare l’attenzione su un differente aspetto della medesima situazione, come ci spiegano l’ottimista e il pessimista:

·       O lavoro o non faccio nulla. Se lavoro, guadagno denaro, se non faccio nulla, mi diverto. Quindi o guadagno denaro o mi diverto. Bella è la vita!

·       O lavoro o non faccio nulla. Se lavoro non mi diverto, mentre se non lavoro non guadagno, perciò o non guadagno o non mi diverto. La vita è una valle di lacrime!

Per un’applicazione vai qui.

Fonti:

G. Boniolo & P. Vidali, Strumenti per ragionare, Bruno Mondadori, Milano 2002.

A. Cattani, Botta e risposta, Il Mulino, Bologna 2001

I.M. Copi & C. Cohen, Introduzione alla logica, Il Mulino, Bologna 1999

TAG: Critical Thinking, dilemma, logica quotidiana
CAT: Filosofia

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