2030: la mostra di Claudio Morelli al Castel dell’Ovo a Napoli
La rappresentazione della realtà è un fenomeno impreciso: ogni narratore, con una macchina fotografica, una penna, una tastiera, una cinepresa, inscena la sua visione del circostante, le sue ossessioni, i suoi crucci, i suoi demoni, le sue fissazioni. Claudio Morelli, professione fotoreporter, a curriculum collaborazioni con riviste ed agenzie, è un narratore razionale, esplicito, provocatorio. A Castel dell’Ovo, a Napoli, è visitabile gratuitamente, fino al 4 dicembre, la sua mostra 2030, un’ampia retrospettiva sul suo lavoro in Italia e all’estero, tra fotogiornalismo e ritrattistica. Chi scopre o ritrova la fotografia di Morelli, addentrandosi in una delle location più suggestive di Napoli, vive emozioni contrastanti. Alla prima parte della mostra, composta da scatti votati alla cronaca, alla denuncia o una personale visione delle cose (martella sullo schifo del mondo, sugli aspetti più sordidi del nostro vivere “civile”), segue una sezione in bianco e nero dedicata ad una ricerca, tra delicatezza ed erotismo, sulla figura femminile.
Le immagini della prima parte della mostra sono legate alle loro didascalie. Le parole guidano il visitatore alla comprensione di un reportage esistenziale e al contempo collettivo. Ogni fotografia cristallizza un evento di cui abbiamo letto sui giornali o sentito alla tivù:
- l’arresto del boss dei Casalesi, Antonio Iovine
- gli scontri contro le discariche di Terzigno e di Chiaiano, in provincia di Napoli
- le proteste no Expo e no Tav
- il Gay pride
- le perquisizioni a Palazzo Fienga, roccaforte della malavita a Torre Annunziata
- i banchetti luculliani per festeggiare Luigi Cesaro appena eletto presidente della provincia di Napoli
- la consueta uccisione del maiale in Calabria e tanto altro.
Ricordano lo stile di Klein i visi in primissimo piano dei ragazzini esultanti per l’incendio di un campo rom o annichiliti per l’ennesimo omicidio di camorra. E poi c’è la fisima della carne, animale o umana che sia, metafora di un disfacimento emotivo, di una pochezza infinita, di una fine ineluttabile.
Morelli si pone tra questi fatti e il resto del mondo come un vettore, come un interprete. A volte ironizza, altre per niente e non sappiamo se si rattristi per l’orrore, il caos, lo sfacelo. Comunque sia, Morelli resta un osservatore lucido, un comunicatore di riferimento.
Indimenticabile l’immagine del Vesuvio imponente sul Golfo di Napoli sotto in un cielo tempestoso e saettante. Una fotografia sentimentale, irruente, celebrativa di una natura, che nonostante tutto, fa quel che le pare. Non manca un tributo all’immenso Pino Daniele che tante volte nei suoi pezzi ha menzionato la tangenziale, vero supplizio per i napoletani.
Questo mix di realismo ed ipersensibilità sfuma infine in una successione di ritratti in bianco e nero di donne bellissime, tutte diverse, tutte con carattere. L’occhio si posa su qualcosa di delicato e palpitante, anche se riemergere dalla turpitudine è un’impresa.
È una mostra emozionante e senza mezzi termini 2030: chiunque sia disposto a mischiarsi con un’esistenza che non è la sua viaggerà attraverso fatti e situazioni che lo riguardano, in qualche modo.
La mostra è aperta al pubblico dal lunedì al sabato fino alle 18.00, nei giorni festivi e la domenica fino alle 14.00.
Patrocinano la mostra: l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, l’Assessorato per lo Sviluppo e la Promozione del Turismo della Regione Campania e la Fondazione Renzo Piano.
Il sito di Claudio Morelli: http://www.claudiomorelli.com/
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