Claudio Capanna: “L’immagine fotografica possiede un’intimità peculiare”

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20 Luglio 2016

Guardando le fotografie di Claudio Capanna l’accostamento con l’arte e la visione di Daido Moriyama non risulta improbabile. Comune è l’insistenza nello scrutare i corpi e i visi, specie di donne, comuni sono la curiosità e la sospensione che sottendono gli scatti. L’atmosfera è intima, gli ambienti quasi sempre domestici, legati alla vita privata che diventa terreno di ricerca e di comunicazione, tranne se l’attenzione si concentra sui luoghi, su dei particolari lungo la strada o durante un viaggio. Il bianco e nero fumoso delle immagini esalta l’essenzialità avvolgente e retrò dei soggetti prescelti e un che di baudelairiano nell’approccio al circostante.

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Claudio Capanna (qui su Flickr) non è però solo un fotografo: lavora nel mondo del cinema. Sull’apertura di alcuni grandi registi verso il mondo della fotografia, Claudio ha scritto La fotografia vista dall’occhio dei grandi del cinema edito da Il foglio letterario.

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Per conoscere meglio Claudio Capanna gli abbiamo rivolto delle domande.

Quando hai iniziato a fotografare?

Ho iniziato a fotografare all’inizio degli anni 2000 più o meno, in concomitanza con un periodo in cui mi ero allontanato dalla regia cinematografica (e dall’ambiente del cinema romano, da cui provengo e dal quale sono poi fuggito definitivamente). Ho iniziato a scattare immagini in pellicola principalmente durante i miei viaggi, oppure in quei luoghi vicino Roma, dove mi recavo per compiere sopralluoghi per i miei cortometraggi.

Il cinema, la televisione, la fotografia: il tuo è un immaginario di visioni e rappresentazioni?

Il cinema è la mia vita, la mia passione e il mio lavoro. La televisione l’ho sempre odiata (con qualche degna eccezione) e l’ho sempre praticata per poter guadagnare e mangiare. La fotografia è una passione complementare al bisogno di realizzare film. Credo però che le vere “visioni” esistano nell’immaginario cinematografico; da là inizia tutto, e nel cinema ho mosso i primi passi del mio percorso umano. La fotografia però ha un suo peso specifico: l’immagine fotografica possiede un’intimità che il cinema non potrà mai avere, quindi la tengo con me come compagna di viaggio.

Che cosa cerchi in un corpo o in un luogo quando li fotografi?

I luoghi e i corpi sono sempre “sognati” nelle mie foto, anzi, ancora meglio, sono sempre “desiderati” e mai posseduti. Non so bene perché faccio questo tipo di fotografie, però mi rendo conto che le immagini che produco si somigliano tutte e creano un’atmosfera riconoscibile. Credo che dietro si celi un velo di tristezza, e forse queste visioni subiscono l’influenza di Bruxelles, dove vivo. Fotografo tante donne, e anche nei film che realizzo i personaggi femminili diventano sempre più importanti. Subisco una profonda fascinazione per il corpo femminile, e per le storie che racconta. Ma le donne restano un enigma insolubile.

C’è un motivo preciso per cui prediligi il bianco e nero?

I miei film sono sempre stati girati a colori, e le fotografie sempre in bianco e nero. Forse uso il bianco e nero nelle fotografie perché sono già sazio del colore dei miei film.

In che modo viaggiare, abitare luoghi diversi ha influito sulla tua sensibilità artistica?

Credo che il viaggio sia sempre stato parte fondamentale della mia vita, e di conseguenza esiste in tutte le forme artistiche in cui mi esprimo. Ho viaggiato in tutti i continenti e ho vissuto in tre città: Roma, Parigi per due anni e ora sono 7 anni che vivo a Bruxelles. In questo periodo sento di aver perduto quasi completamente le mie radici. Non è un caso se abito un non-luogo come la capitale belga.

Che tipo di fotografia ti piace guardare?

Sono onnivoro in materia fotografica; mi piace molto guardare immagini su Flickr, che controllo giornalmente in modo quasi compulsivo. Si tratta dell’unico social network che utilizzo. Vedo molte immagini anche su Tumblr (in genere sono gli stessi fotografi di Flickr). Possiedo anche tante riviste del passato, come Private o Zoom.

Quali sono i fotografi di oggi che apprezzi?

Da qualche tempo seguo un paio di fotografi su Flickr: Toby Harvard e Asketoner. Ci sono anche ottimi fotografi qui a Bruxelles, ad esempio Camille Carbonaro e Laura Lafon.

E di ieri?

Da qualche tempo sto collezionando libri usati dei grandi della fotografia. Ho appena acquistato un libro di Ralph Gibson e un altro di Daido Moriyama e Gilles Caron (il vero Robert Capa francese). Credo che i miei fotografi preferiti siano Minor White, Mario Giacomelli, Saul Leiter e Don McCullin.

Fotografate per te vuole dire…?

La fotografia è un momento di pausa e di riflessione. Potrei dire superficialmente che lo scatto fotografico è una situazione di relax, ma credo sia qualcosa di molto più profondo. Solo che non ho voglia attualmente di indagare con cura questa profondità. Al momento penso solo a scattare le cose che mi circondano, nel modo più naturale possibile.

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Claudio Capanna nasce a Roma nel 1980. Si laurea in cinema e inizia nel 1999 a realizzare documentari e cortometraggi che vengono selezionati in alcuni prestigiosi festival internazionali come il Sitges in Spagna, o il Palm Springs International Film Festival negli Stati Uniti. 
Nel 2006 si sposta a Parigi e studia cinema documentario presso gli Ateliers Varan. Successivamente viaggia in Sud America e Africa centrale e lavora per conto di diverse ONG. Dal 2008 ad oggi ha collaborato con alcuni grandi network televisivi europei, come Arte France, RTBF, RSI, SF , SVT, Sky Italia, Rai News 24. Nel 2012 co-realizza il film Bateau Ivre che è stato proiettato alla Cineteca di Bologna e ha vinto diversi premi in festival europei ed africani. 
Nel 2016 ha realizzato il lungometraggio La vie à venir (Life to Come), sul mondo dei bambini prematuri, co-prodotto con la RTBF (televisione belga), Proximus TV, Arte G.E.I.E. e Al Jazeera Documentary Channel. Attualmente vive e lavora a Bruxelles.

 

TAG: claudio capanna, intervista a claudio capanna
CAT: Fotografia

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