All’inseguimento di Dorothy

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23 Luglio 2015

In copertina un’immagine della fotografa Maria Mulas, un paio di piedi femminili che calzano scarpette rosse in movimento. Le scarpette rosse fuggono dal riquadro bordato di nero e si spingono ben oltre il formato del libro e i suoi confini cartacei: sfuocate e in movimento le scarpette rosse sono la prima connessione tra il libro e il lettore. Lo spazio di approdo è un movimento, così come Arrenditi Dorothy! (L’Orma, 2015) di Marilena Renda è un inseguimento.

Composto da prose alternate a fotogrammi cinematografici questo inseguimento è un gioco ostinato e politico che riposiziona la parola al centro del pensiero quale generatrice di immagini. In questo movimento l’autrice si siede a fianco al lettore e costruisce il proprio sistema a carte scoperte, l’ascolto è reciproco e lo sguardo una sintonia da costruire pagina dopo pagina.

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“Io lo guardavo e la sua smorfia non la sopportavo, volevo che smettesse subito, perciò cominciai a pensare a un altro gioco da fare che lo facesse smettere di fare la faccia brutta”. Un gioco, ma un gioco audace, mai didascalico o banale. La direzione è restituire alla parola la sua carica politica e quindi erotica, comunicativa e quindi relazionale. Le parole non sono importanti, ma il loro disordine sì, basta rivelarne il senso, basta ritrovare il motivo di una scrittura che non si limiti, ma anzi che in parte rifiuti l’ideologia del raccontare, dello storytelling vacuo e sempre perbenista.

Il linguaggio è la prima cosa e il confronto tra le sue forme come fossero nuove parole da accostare è l’esperimento che prende forma in Arrenditi Dorothy!. Come una vera e propria alchimista Marilena Renda accosta storie, linguaggi e immagini: rigenera vecchi film e vecchie storie, scompone e distrae. La curiosità si fa impellente e spesso anticipa la lettura e il libro vive letteralmente tra le mani in instabile equilibrio sulla punta delle dita, in continuazione compulsato.

Trasversale alla linea temporale, il libro non racconta di oggi o di ieri, ma di quello spazio infinito e incontrollabile dentro al quale gli incontri e gli abbandoni avvengono a ciclo continuo, standards che Renda intercetta e su cui improvvisa variazioni. Levigando gli elementi e traducendoli l’autrice restituisce così a loro una compattezza formidabile, un’inedita visione di mondo che si fa carico prima di tutto della sua intimità spesso ignorata quanto incontenibile.

Arrenditi Dorothy! non si accontenta di una sola lettura, prezioso e raro nella produzione letteraria contemporanea italiana (ed è una fortuna che esistano e resistano ancora ostinate idee editoriali e culturali come fuoriformato di Andrea Cortellessa ora trasmigrata da Le Lettere a L’Orma editore) è un vademecum esperienziale che si nutre fortemente della partecipazione (oggi si direbbe attivazione…) del lettore. Lo scambio è diretto ed avviene pagina dopo pagina: la densità del libro dipende anche dalla densità del lettore, dal suo coraggio a metteresi in discussione e dalla sua voglia d’inseguire Dorothy senza porsi troppe domande e senza rinchiudersi nei soliti limiti.

È necessaria limpidezza di sguardo come di fiato per inseguire Dorothy: la guerra è già passata ci dice Marilena Renda, ma il disastro è tra noi. La speranza è inadatta e l’orgoglio un ingombro. Rimangono però i piedi e le mani, gli occhi e la bocca e quindi la possibilità – mai esaurita – di spostare il proprio corpo un poco più in là. Arrenditi Dorothy! corre veloce, saltella, piange e sghignazza. Piccolo e ambizioso, Arrenditi Dorothy! ha l’audace delicatezza delle opere destinate ad essere lette ora e anche fra qualche lustro.

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CAT: Fotografia, Letteratura

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