Natura, orti e giardini fanno bene all’innovazione, e al benessere

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29 Dicembre 2021

La natura fa bene, anzi benissimo, alla creatività e alla capacità di innovare. È un’antica verità, conosciuta già nel Rinascimento: per esempio gli Orti Oricellari di Firenze furono uno straordinario punto di aggregazione per gli intelletti più brillanti della Toscana, e la loro bellezza un lievito per le discussioni più fruttuose. E nella tradizione educativa anglosassone i campus immersi nel verde sono la location perfetta per conciliare al meglio lo studio e l’attività di ricerca, ed è noto che a Oxford e Cambridge gli sport più in voga sono praticati all’aria aperta, e a stretto contatto con la natura: è il caso del canottaggio o del cricket.

Nel 2015 è stato pubblicato uno studio, dal  significativo titolo The impact of nature on creativity – A study among Danish creative professionals, secondo il quale la natura può migliorare i modi di pensare creativi, in particolare nelle fasi – cruciali – della preparazione e dell’incubazione. Uno studio americano del 2012 mostra come escursionisti immersi nella natura per quattro giorni sono in grado di risolvere in modo molto più efficace puzzle ad alto tasso di creatività. Passare del tempo nella natura, insomma, non soltanto “ricarica le batterie”, come si dice colloquialmente, ma può generare un vantaggio cognitivo inestimabile per chi opera nel secondario avanzato o nel terziario.

Ne sono senz’altro consapevoli i numerosi startupper di successo che amano trascorrere il loro tempo libero nella natura: capita, in estate, in Alto Adige o magari nel bellunese, di imbattersi in super-esperti europei di robotica, machine learning o big data che sbuffano pedalando o scarpinando. E non è un mistero che alcune tra le migliori società innovative organizzino vacanze aziendali in luoghi incontaminati quali, a titolo di esempio, i rigogliosissimi parchi del Sudamerica o gli spettacolari fiori della Nuova Zelanda, scenario mozzafiato amato dai nerd perché set della saga “Il signore degli anelli”.

Tuttavia immergersi nella natura – sia essa una grande area protetta o un giardino particolarmente curato – non stimola solo la creatività, e quindi la capacità di innovare. Riduce anche lo stress, e fa sentire più sereni e soddisfatti. Oltre a studi scientifici che dimostrano ciò, anche la pratica sociale sembra attestarlo in modo netto. In Giappone, paese tra i più boscosi del mondo industrializzato (quasi il 70% della sua superficie è coperto di foreste, il 19% da foreste primarie), esiste persino un termine che identifica l’abitudine di concedersi lunghe camminate nella foresta: shinrin-yoku, ossia bagno nella foresta; e il conio del termine, negli anni ’80 del secolo trascorso, dimostra in modo lampante come lo shinrin-yoku sia nato come antidoto allo stress gigantesco generato dal prodigioso boom economico del Giappone in quel decennio incredibile.

In tempi di Covid-19 la natura può essere preziosa nella lotta al virus, ad esempio aiutando medici, infermieri ecc. a “ricaricare le batterie” dopo un turno particolarmente massacrante, o i pazienti ad es. in fase di convalescenza. Agli amanti della letteratura un’idea del genere magari evocherà atmosfere rarefatte da “La montagna incantata”, il capolavoro del celebre romanziere Thomas Mann ambientato appunto in un sanatorio nelle Alpi, ma in realtà si tratta di studi scientifici, secondo i quali trascorrere piccoli intervalli di tempo in aree verdi (progettate con un approccio rigorosamente evidence-based) porta benefici concreti sia al personale sanitario che ai pazienti: nel concreto, si sta parlando dei cosiddetti healing gardens, concepiti per dare un contributo nella gestione dello stress, e per favorire il benessere.

Mens sana in corpore sano, si soleva dire secoli fa, ma si può immaginare un corpo e una mente sani trascorrendo gran parte del proprio tempo al chiuso, magari in aree con illuminazione artificiale e poche finestre? Negli Stati Uniti, faro per l’Occidente che innova, sono diffusi da più di mezzo secolo programmi di Horticultural Therapy nei luoghi di cura, sulla base del fatto che tale terapia è utile nella prevenzione e nella cura di diversi tipi di malattie. Qualcosa si sta muovendo anche in Europa, e l’Italia (patria del “giardino all’italiana”) sembra essere all’avanguardia.

Per esempio in Lombardia, con una delibera emanata nel dicembre 2020, è stato introdotto il profilo professionale di “esperto in orti e giardini del benessere”; e insegna in Lombardia, e nella fattispecie al Dipartimento di scienze agrarie e ambientali della Statale, il professor Giulio Senes, grande esperto del settore, che ha implementato progetti di healing gardens in ospedali e strutture di cura in giro per l’Italia, ad esempio al nuovo ospedale di Alba-Bra, in provincia di Cuneo.

Progetti di questo tipo possono essere utili ad esempio per la cura di minori autistici e di malati di Alzheimer. In estrema sintesi, in un giardino può crescere tanto la creatività che il benessere e una miglior salute; il tutto sottraendo CO2 dall’atmosfera, cosa che non guasta senz’altro.

TAG: creatività, healing gardens, Horticultural Therapy, innovazione, startup
CAT: Innovazione, Sanità

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