La crisi economica innescata dal coronavirus avrà ripercussioni profonde nel modo con cui i cittadini si rapportano alla politica e alla società. La battaglia in atto sullo sviluppo di un vaccino che possa fermare il contagio può fornire numerosi spunti, perché emerge l’inadeguatezza di una società basata unicamente sul mercato e su vuote strutture sovranazionali.
Cina e Stati Uniti sembrano aver intuito l’importanza di questa partita e si fronteggiano per sviluppare al più presto il vaccino. La battaglia pare dettata dalla consapevolezza dell’impotenza dell’organizzazione mondiale della sanità. Un vaccino internazionale non sembra alla portata delle istituzioni. Se lo fosse, la corsa internazionale ad accaparrarsi i primi stock sarebbe ancora più spietata di quanto abbiamo assistito con le mascherine. Gli stati preferiscono quindi produrre un vaccino in maniera autonoma per immunizzare il proprio paese il prima possibile. Poi penseranno agli altri paesi.
Gli Stati Uniti hanno dimostrato di avere la capacità di mobilitare miliardi di dollari per acquistare diritti esclusivi. In particolare, la società francese Sanofi sembra aver promesso una via prioritaria agli Stati Uniti in quanto più importante soggetto finanziatore. Ma la strada di un mercato della ricerca privata, drogato dai finanziamenti pubblici, incorre in numerosi rischi.
Le reazioni dei paesi alleati agli Stati Uniti, in particolare la Francia, mostrano come l’operazione americana non sia conciliabile con il patto atlantico che governa i rapporti tra Nord America e Europa. Se gli Stati Uniti acquisissero in via esclusiva un vaccino prodotto in Europa, i rapporti tra i due continenti sarebbero irrimediabilmente incrinati.
Malgrado lauti contributi pubblici, innovazioni brevettate da case farmaceutiche private difficilmente garantiranno agli stati la possibilità di accedervi in modo veloce, universale e a basso costo. In questo scenario, le nazioni più deboli saranno svantaggiate e incontreranno difficoltà a distribuire il vaccino alla maggioranza della popolazione.
La vera sfida riguarda quindi l’innovazione pubblica. Al contrario di quello che stiamo vivendo, il ventesimo secolo è stato un secolo di straordinario sviluppo tecnologico. Uno dei balzi in avanti fu sospinto dal programma Apollo, mediante il quale gli Stati Uniti si prefissero di diventare l’unica superpotenza raggiungendo la Luna prima dell’Unione Sovietica. Appena dopo il lancio del primo Sputnik, il governo federale fondò infatti DARPA, agenzia pubblica nata per sviluppare progetti di ricerca militare.
Ben presto l’umanità beneficiò del carattere duale di quella ricerca, scoprendone gli utilizzi per scopi civili, come Internet. Molte tecnologie create dalla ricerca pubblica, furono poi sviluppate e commercializzate dai privati. Negli anni ’80 sognavamo così le macchine volanti e treni a levitazione magnetica. Oggi ci siamo svegliati con Facebook e il traffico ancora congestionato da autovetture inquinanti.
La Germania, vera potenza economica europea, ha un sistema di ricerca applicata basato sul Fraunhofer-Gesellschaft, istituto fondato nel 1955 dal Ministero della Difesa e inizialmente concentrato su scopi militari. Il governo federale eroga finanziamenti pubblici in proporzione ai guadagni che l’istituto ottiene grazie ai contratti stipulati con il settore privato. I diritti di proprietà intellettuali sono di solito di proprietà dell’istituto. Di conseguenza, le aziende che contribuiscono alla ricerca non possono escluderne altre dall’utilizzo. Istituti simili sono assenti in Italia, ad eccezione della sede distaccata del Fraunhofer, ovviamente a Bolzano.
Gli stessi problemi si pongono anche a livello europeo. I fondi europei come Horizon 2020 costituiscono bandi di finanziamento di attività di R&S da condursi da parte delle imprese. La commissione europea funge da mero erogatore di risorse e non da agente di innovazione interessato a diffondere le conoscenze sviluppate. Nel caso attuale, come sostiene anche il prof. Silvio Garattini, fondatore dell’istituto ricerche farmacologiche Mario Negri, l’Europa dovrebbe intervenire con ingenti mezzi per garantire lo sviluppo e la gratuità del vaccino.
Partendo da questi presupposti, le istituzioni europee dovrebbero quindi trasformarsi in una struttura in grado creare innovazione utile ai suoi cittadini, anziché rimanere un’entità astratta animata esclusivamente da discussioni sui vincoli di bilancio.
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