Immigrazione e paura nel mondo post-marxista

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4 Luglio 2015

Per capire le attuali (e prossime) dinamiche migratorie occorre osservare due cambiamenti di enorme portata che hanno reso il mondo degli ultimi due decenni assai diverso da quello precedente originato dall’industrializzazione di fine ‘800: le disuguaglianze globali e l’interruzione della mobilita’ sociale nei paesi industrializzati.

Nei secoli precedenti la rivoluzione industriale, la ricchezza era appannaggio delle oligarchie, mentre il resto della popolazione viveva in una sorta di condizione uniforme di povertà. Il reddito pro-capite di un contadino ai tempi dell’antica Roma non era molto diverso da quello di un contadino nel ‘600. La rivoluzioni industriale, trainata dalle grandi scoperte scientifiche e applicazioni tecnologiche, ha determinato una crescita del reddito pro capite senza precedenti nella storia, ma ha innescato allo stesso tempo nuove dinamiche di diseguaglianza. La diseguaglianza è cresciuta sia all’interno dei paesi, sia tra i paesi.

Nel mondo ‘industriale’ la diseguaglianza dipendeva principalmente dall’appartenenza di classe, quella descritta da Marx ed Engels ancora nel 1848. Si calcola che intorno al 1870 oltre il 50% della diseguaglianza dipendeva dalla classe di appartenzenza. Il fattore geografico – ossia da dove si nasceva – era meno rilevante. Per essere benestanti era quindi più importante nascere nella classe giusta, piuttosto che nel paese giusto.

Nel mondo attuale queste percentuali si sono decisamente ribaltate. Oltre tre quarti della disuguaglianza dipende dal paese in cui si nasce, mentre la classe di appartenza conta in misura decisamente minore. Oggi quindi nascere tra i (pochi) paesi ricchi determina in larga parte la probabilità di avere una vita benestante.

Il primo fattore che spiega il flusso di immigrazione (per alcuni decenni probabilmente inarrestabile) è quindi la crescente disuguaglianza tra paesi ricchi e paesi poveri. Se la possibilità di vivere una vita agiata dipende dalla ‘geografia’, chi nasce nei paesi poveri ha tutto l’interesse a spostarsi nei paesi ricchi: ciò che conta non è più la mobilità di classe ma la mobilità geografica. In questo contesto la scelta dei migranti risulta assolutamente razionale. Preso atto che la mobilità interna ai paesi poveri non garantisce il raggiugimento di livelli di vita benestanti, allora non resta che ‘investire’ nell’emigrazione.

Occorre tenere conto di un secodo – nuovo – fattore per comprendere perchè l’immigrazione in questi ultimi anni è percepita come fattore destabilizzante e pericoloso: la mancanza di mobilità interna nei paesi ricchi. Negli ultimi decenni, in tutti i paesi ricchi la mobilità sociale interna è diminuita in modo considerevole o si è arrestata, anche nei paesi storicamente e culturalmente più mobili. L’esempio paradigmatico sono gli Stati Uniti, dove il sogno americano è svanito, e il dinamismo sociale un ricordo degli anni del dopoguerra.

Nei paesi ricchi la classe media è sempre più schiacciata verso la classe povera. La ragione dell’attuale tensione nei paesi avanzati rispetto al fenomento dell’immigrazione, non certo nuovo in molti paesi come la Germania, la Francia e la Svezia, è che la classe media impoverita (e i molti nuovi poveri dei paesi ricchi) si sente in competizione con gli immigrati. Gli effetti – reali o percepiti -dell’immigrazione sulla fascia di popolazione impoverita nei paesi ricchi sono molteplici. Sul mercato del lavoro: maggiore competizione per i pochi posti di lavoro e contenimento dei salari. E sul ‘mercato’ dello stato sociale, laddove si compete per le abitazioni, gli asili nido e le scuole, e altri provvedimenti di natura assistenziale e di sostegno al reddito.

Viviamo in un mondo meno Marxista e più geografico: la prospettiva di una vita benestante, a cui tutti legittimamente aspirano e che tutti possono osservare sui media da ogni angolo del mondo,  dipende largamente dal luogo in cui ci trova. Le enormi e crescenti disuguaglianze tra paesi ricchi e poveri rendono la scelta di emigrare l’investimento più fruttuso e razionale. Questo spiega l’ondata crescente ed inarrestabile di emigrazioni.

Ma gli immigrati arrivano in paesi in cui la classe media impoverita si sente schiacciata tra una mancanza di mobilita’ verso l’altro e una competizione con gli immigrati in basso. I nuovi poveri dei paesi ricchi competono con gli immigrati per i benefici dello stato sociale di cui hanno sempre più bisogno. Se a ciò si aggiunge che il welfare state si sta riducendo nella maggior parte dei paesi, si comprendono le ragione di una fascia della popolazione sempre più spaventata.

 

TAG: Diseguaglianza, immigrazione
CAT: Integrazione

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