Riforma Cartabia: il rebus della “ragionevole previsione di condanna”


Il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva la c.d. nuova legittima difesa con 201 voti favorevoli, 38 contrari e 6 astenuti. Lo Stato fa un passo indietro, mentre rimarranno la discrezionalità del giudice e i timori dei cittadini.
Sebbene il legislatore sia stato animato dalla nobile intenzione di ampliare la tutela penale nei confronti di chi subisce una violenta intrusione nel proprio domicilio (come nobili sono senz’altro le aspirazioni di chi da sempre vede nella legittima difesa un punto cardine di una cittadinanza più autonoma e responsabile), non si può che constatare, tuttavia, la presenza di una deriva sempre più demagogica che contamina il nostro ordinamento penale. Ai cittadini vengono presentate soluzioni che dovrebbero essere meditate maggiormente e non generate, come avviene ormai da parecchio tempo, sull’onda di un umore pubblico non assecondabile, nel quale prevale sempre di più un sentimento di paura ingiustificata, a dispetto delle statistiche sui reati, e indegnamente fomentata, amplificando la già pesante sfiducia verso la magistratura; ma quest’ultimo sentimento potrebbe anche trovare giustificazione in qualche ultimo fatto di cronaca o nell’inaccettabile lentezza dei processi.
Senza eccedere nel benaltrismo, sarebbe dunque più saggio intervenire per la risoluzione dei problemi che purtroppo caratterizzano negativamente il nostro sistema giudiziario, il quale resta carente delle risorse necessarie ad un migliore funzionamento, nonché privo di più urgenti interventi legislativi volti a rendere più celere la macchina giudiziaria. Altro simbolo della deriva demagogica è proprio l’inasprimento, d’impronta quasi draconiana, delle pene detentive per reati che statisticamente sono in diminuzione nel nostro Paese (nonostante il sistema penitenziario al collasso), una decisione presa quasi sempre ex abrupto, sulla scia di qualche tragico fatto di cronaca, con la vana speranza di placare una pubblica opinione già fortemente stressata dalla crisi economica e da altre problematiche sociali.
È poi a dir poco bizzarro credere che una semplice indagine nei confronti di chi è stato costretto ad uccidere (o a compiere altro delitto) per difendersi possa recare scandalo o ingiusta umiliazione. Si spera che nessun cittadino fraintenda il nuovo testo, pensando di trovare nel proprio domicilio una particolare zona franca. Di qui la domanda fondamentale: la riforma è idonea per centrare gli obiettivi prospettati ai cittadini dai proponenti? La difesa “sempre legittima” rischia di diventare pubblicità ingannevole, un vuoto slogan trasformato in diritto penale, poiché cadrà in errore chi anche solo vagamente riterrà che un delitto possa essere giustificato normativamente senza concedere alla giurisdizione (che agisce anzitutto nel rispetto del dettato costituzionale) di valutare la condotta e le motivazioni dell’autore. Come si potrebbe, altrimenti, accertare che l’intrusione sia avvenuta contro la volontà del proprietario, tramite effrazione, con arma etc.? Il primo comma dell’art. 52 c.p. rimarrebbe comunque un perno fondamentale per il giudice, il quale non potrà che far valere, ancora una volta, la sua discrezionalità.
IL TESTO NORMATIVO
Il testo licenziato dal Parlamento modifica il concetto di legittima difesa domiciliare che era presente nel codice penale e inasprisce il quadro sanzionatorio per la violazione di domicilio e per alcuni delitti contro il patrimonio (rapina, furto in abitazione, furto con strappo). Secondo il legislatore, sussisteva un’asimmetria non più accettabile tra la tutela penale dell’aggressore e quella dell’aggredito, per cui ha ampliato l’ambito di applicazione della legittima difesa domiciliare, rafforzando la presunzione di legittima difesa nel domicilio domestico.
Riassumiamo, nel dettaglio, le modifiche definitive al codice penale.
Violazione di domicilio (art. 614) – la pena detentiva è aumenta da sei mesi ad un anno nel minimo e da tre a quattro anni nel massimo. Nel caso di riconoscimento dell’aggravante della violenza sulla cose o alle persone, la pena detentiva è aumentata da uno a due anni nel minimo e da cinque a sei anni nel massimo.
Furto in abitazione e furto con strappo (art. 624 bis) – la pena detentiva è aumentata da tre a quattro anni nel minimo e da sei a sette anni nel massimo. Anche in questo caso, s’inasprisce il quadro sanzionatorio relativo alle condotte aggravate, con un minimo che aumenta da quattro a cinque anni di reclusione nel minimo, mentre il massimo della pena resta invariato a dieci anni. Le multe sono invece rideterminate in maniera meno draconiana, aumentando da 927 a 1.000 € nel minimo e da 2000 a 2.500 € nel massimo.
Rapina (art. 628) – la pena detentiva è aumentata da quattro a cinque anni nel minimo, mentre il massimo resta fissato a dieci anni. Per la rapina aggravata la reclusione è elevata da cinque a sei anni nel minimo, mentre il massimo resta fissato a vent’anni. La pena pecuniaria è rideterminata da 1.290 a 2.000 € nel minimo e da 3.098 a 4.000 € nel massimo. Infine, nell’ipotesi pluriaggravata, la reclusione aumenta da sei a sette anni nel minimo, mentre il massimo resta fissato a vent’anni. La pena pecuniaria aumenta da 1538 a 2500 € nel minimo e da 3098 a 4000 € nel massimo.
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Pierluigi Dimitri
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