Innocenti
Un minimo scarto, un’impercepibile distrazione
della natura. Un’errata colpevole
istruzione genetica, un cromosoma
incautamente danneggiato. Il trascurabile
abbaglio di una cellula sprofondata
nel mutismo, nell’inerte atonia.
Che risveglio, o riscatto, o qualsivoglia
premio ultraterreno? Sfrontato il pensiero
se spera che il male aiuti il bene, e serva
soffrire per trovare salvezza.
Non serve, né soccorre.
Eppure un respiro appannato
rimane respiro, sbucando dal niente:
e prima mancava.
**
Balbetta, non parla. Non sa.
Non pensa, ma sogna – forse. Forse vede
cose invisibili ai più. A stento
cammina (dove andrebbe, da chi).
A stento sta seduto. Sua madre lo lava.
Suo padre lo veste. È vivo di una vita
dolorante; aspetta lo scorrere dei giorni
senza un’idea di cosa sia aspettare.
Cresce, diventerà vecchio,
non gli dispiacerà morire.
Incosciente, innocente.
**
Chi ha peccato, lui o i suoi genitori?
Chi ha scagliato la prima pietra?
Chi ha ucciso per invidia il fratello?
Qualcuno ha taciuto, più di uno
si è nascosto. Lo sciocco alla finestra
non si accorge di nulla, nemmeno
se ridono i vicini, se gli tirano sassetti
sul vetro i bambini usciti da scuola:
lo sciocco alla finestra controlla
le nuvole che si muovono piano,
come lui senza fare del male si muovono
piano.
**
Rinchiuso, stuprata; sgozzato,
fatta esplodere. Rapita. Annegato
nella vasca da bagno. Soffocato
col cuscino, dissanguata in un campo.
Nessuna reazione, nemmeno un tentativo
di difesa.
Perché temere (infatti) la mano cara,
il fuoco amico, la voce che consola.
Solo stupore:
a sorriso interrotto, a occhi spalancati,
a cuore interrogante.
**
Ciò che impunemente definiamo santità
talvolta è presunzione, eccessivo amore
di se stessi, sfida titanica contro
la propria cenere.
Invece, al silenzio incolpevole dovremmo
devozione e gratitudine, al male
immeritato, allo strazio innocente:
lontano dagli altari, fuori scena, indecoroso.
Talmente innocuo da non lasciare tracce
nella storia, talmente rassegnato alla sua
croce da suscitare scandalo.
**
Nel suo tacere porta le colpe
del mondo, sopporta i peccati, li sbianca:
agnello a cui sarà risparmiato il giudizio
finale (perché non ha giudicato – incapace
di intendere, impedito
a volere). Ma ecco che si alzerà in piedi,
sicuro di forza insperata, inattesa;
a passi giganti camminerà senza orme
e privo di peso: incontro a un perdono,
a un’ostia luminosa di trofeo.
Neppure avvertirà la sua vittoria;
solo l’aria intorno, solo cielo.
Da Elegie del risveglio, X – Sigismundus, Ascoli Piceno 2016
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