La mezza casa – ecco la favola che ha vinto il premio Andersen 2015

7 Giugno 2015

Per gentile concessione dell’Andersen Festival, promosso dal Comune di Sestri Levante, pubblichiamo il racconto “La mezza casa” con cui il bolognese Mauro Bernini ha vinto l’edizione 2015 del Premio H.C. Andersen (sezioni adulti) – il premio per favole inedite fondato 48 anni dal professor David Bixio. “La mezza casa” è un racconto fantastico in cui una famiglia umile e allegra si inventa una vita in equilibrio gioioso su proprietà dimezzate ma funzionali fino a contagiare con il suo spirito umile e solidale un paese colpito da un devastante terremoto. Lo stesso spirito con cui gli emiliani hanno reagito al terremoto del 2012. 

 

Viveva una volta, neanche tanto tempo fa, nel paese di Casagrande una famiglia fatta da padre, madre, figlio e figlia. Il lavoro era poco e questa famiglia non riusciva a risparmiare abbastanza per costruirsi una casa. Cerca che ti ricerca, prova che ti riprova, c’era sempre bisogno del doppio dei soldi, del doppio del tempo, del doppio del lavoro. Un giorno il papà li convocò attorno alla tavola e disse loro:

“Mi dispiace ma non possiamo comprare la casa dei nostri sogni, dovremo rimandare a tempi migliori oppure rinunciare”. Era triste e sconsolato mentre lo diceva.
“Non abbiamo abbastanza soldini?” chiese il figlio.
“Non abbiamo abbastanza tempo?” domandò la figlia.
“Non abbiamo abbastanza lavoro”, spiegò il papà.
“Già”, sottolineò la mamma. “Ma ci vogliamo bene e questo è quello che importa”. Sì, di quello erano convinti tutti e quattro. Rimasero in silenzio a pensare e poi la più piccina fece un’altra domanda:
“Ma quanti soldi abbiamo?”
“La metà di quello che serve”.
“E allora perché non ci costruiamo una mezza casa?” propose convinta.
“Sì papà, ci basterà”, disse serio il figlioletto.

La mamma e il papà si guardarono e sorrisero perché era proprio un’ottima idea. Anzi un’ottima mezza idea.
“Sì, possiamo fare così, ma se costruiamo una mezza casa dobbiamo promettere che nella metà che abiteremo faremo entrare solo cose belle mentre quelle brutte andranno nella metà che non c’è”.
La mamma alle parole del papà confermò: “Giusto, le cose brutte dovranno stare nella mezza casa invisibile”.

La sera, per festeggiare e per abituare la famiglia all’idea, preparò una buonissima mezza torta! Ci volle un po’ di pazienza e tanto impegno, ma costruirono la loro nuova mezza casa. Il papà faceva il muratore e se la sapeva cavare con quel tipo di lavoro. La casa venne benissimo: c’era mezza porta, mezzo tetto, metà giardino, metà di tutto. Era davvero bellissima e nel mezzo giardino c’era anche una mezza autorimessa dove la macchina poteva ripararsi, una notte la parte davanti e l’altra notte la parte di dietro. Beh, tutto era diviso in due, i letti erano mezzi letti, la tavola era un semicerchio, in cucina c’era un mezzo camino e le lampadine dei lampadari erano la metà. Anche la ciotola per il gatto era stata tagliata a metà. Il papà portò a mezzacasa un grande orologio a pendolo che suonava ogni mezz’ora e non ogni ora come gli altri orologi. In poco tempo la mamma e il papà tornarono a essere felici e anche i bambini, nonostante avessero potuto portare solo la metà dei loro giochi. Avevano scelto i giocattoli che preferivano mettendo nella mezza casa invisibile quelli che non usavano più, quelli che non servivano e quelli rotti.

Sembrava andasse tutto bene ma gli abitanti di Casagrande, passando davanti a quella mezzacasa, pian piano cominciarono a insospettirsi. Si fa sempre così quando si ha a che fare con una cosa nuova e strana, chissà perché? Si chiesero perché fosse stata costruita solo a metà. Il capo dei vigili si grattò l’elmetto chiedendosi: “Ci deve essere sotto qualcosa di losco. Bisognerà vigilare!”
Il sindaco, in fascia tricolore attorno al petto, passò con la sua enorme macchina davanti alla mezza casa e chiese a uno degli assessori che erano con lui: “Abbiamo dato un mezzo permesso di costruire a questa famiglia? Bisognerà sindacare!”
E il capo dell’ufficio delle tasse disse a uno dei sui direttori: “Quella famiglia vuole pagare solo metà imposte sulla casa? Bisognerà tassare!”

Insomma gli abitanti del paese, abituati a vedere tutto intero, tutto perfetto, tutto grande e tutto a posto, avevano cominciato ad agitarsi. A scuola, dove c’erano bambini di diversi colori che provenivano da posti lontani, nessuno aveva a che ridire sulle case degli altri. Non diceva niente il bambino eschimese abituato al suo iglù; non diceva niente il piccolo lappone abituato alla sua tenda; non diceva niente il figlio dei tuareg abituato alla sua capanna in pelle rossa. Se quei due fratelli volevano abitare in una mezza casa andava benissimo, l’importante era che giocassero insieme a loro durante la ricreazione. “Bisognerà giocare!”

Ma un bel giorno, anzi un brutto giorno, anzi un giorno che sembrava brutto e poi diventò bello, arrivò uno spaventoso terremoto. Non si sapeva perché fosse arrivato proprio lì, di solito si sentiva parlare di terremoti in posti sperduti e lontani, dall’altra parte del mondo. In ogni caso il terremoto arrivò e fu potentissimo. Fu così forte che si abbatté sulle case di Casagrande, comprese quelle in periferia, e le fece crollare a metà. Insomma in un minuto di scosse quasi tutte le case divennero mezze case. Per fortuna la gente era riuscita a scappare all’aperto e salvarsi.

La mezza casa della famiglia rimase in piedi e crollò la mezza casa invisibile. L’aveva detto la mamma che le cose brutte sarebbero finite da quella parte. Il papà muratore andò ad aiutare i suoi vicini: usò la sua ruspa e il trattore, preoccupato di salvare soprattutto i bambini. Tutto bene, i bambini erano a scuola perché erano solo le nove del mattino, sani e salvi. La scuola no, ma metà delle case, delle fabbriche e dei negozi era andata distrutta. Il papà della famiglia della mezza casa prese un megafono e disse: “Non preoccupatevi, state tranquilli, si vive benissimo anche in una mezza casa. Ve lo posso assicurare, io ci vivo già!” Poi continuò a dare una mano a chi ne aveva bisogno, senza risparmiare fatica e sudore. Dopo la prima scossa ne arrivarono tante altre più piccole, soprattutto la notte, e le famiglie si rifugiarono nella palestra della scuola che era un edificio alto, largo e sicuro, costruito a prova di terremoti, maremoti, ostrogoti e progettata per resistere a sismi, cataclismi e bambinismi.

Le scosse piccole distrussero le case che non erano crollate la prima volta. In quattro e quattro otto, anzi in otto diviso due quattro, le case erano diventate metà, anche le casette in legno per gli uccellini e le cucce dei cani.

Nei giorni successivi, vedendo che c’erano ancora molte persone spaventate e preoccupate, il papà muratore riprese il megafono, montò sul trattore e rifece il giro del paese. “Non fa niente se la vostra casa è diventata la metà di prima. Fate come noi, fate che solo le cose brutte vadano nella mezza casa che non c’è, in quella che c’è tenete le cose belle, i giocattoli buoni, le marmellate più dolci, i disegni dei bambini e soprattutto l’amore.” Un po’ difficile da dire al megafono quella frase così lunga, ma lui la disse lo stesso. Forse per lui era difficile solo la metà. Il capo dei vigili, il sindaco e il direttore dell’ufficio delle tasse, avevano avuto gli stessi crolli degli altri e si stavano lasciando prendere dallo spavento e dalla disperazione, ma quando videro il papà in trattore col megafono, presero coraggio e vollero fare come lui e siccome tutti e tre avevano un megafono a pile, andarono in giro a dire più o meno le stesse cose.
“Rimanete nella vostre mezze case”.
“State tranquilli e aiutatevi l’un con l’altro”.
“Non è male buttare via le cose brutte”.

In breve tempo gli abitanti di Casagrande si erano ripresi, si stavano aiutando e scoprirono di vivere in un paese di gente brava e buona e questa fu la migliore delle scoperte. I bambini tornarono a scuola, ritrovarono i disegni che avevano interrotto a metà e pensarono che fossero bellissimi anche così. La cosa ancora più bella fu scoprire che le maestre avevano deciso di dare loro solo la metà dei compiti a casa. Anche le mezze fabbriche ricominciarono a sputare fumo e rumore, solo che ne producevano la metà di prima, la metà buona. I gatti e i cani di casa tornarono alle loro cucce e annusarono le novità, fiutarono vecchi odori ma anche mezzi odori nuovi e interessanti; insomma le persone e gli animali respirarono un’atmosfera di nuova mezza normalità. Forse avevano imparato che anche le cose sconosciute e strane hanno dei lati positivi.

La domenica il sindaco chiamò la gente in piazza e comunicò un’importante novità: “Da oggi il paese di Casagrande cambia nome. Il nuovo nome sarà Mezzacasa e d’ora in avanti tutto costerà la metà”. Ci fu un applauso del tutto nuovo, si applaudiva uno con la mano dell’altro ed era un gioco che aveva scoperto il piccolo della prima mezza casa giocando con sua sorella e che aveva contagiato i bambini e i genitori che erano seduti in piazza. Il mezzo applauso fu molto fragoroso e caldo anche se a volte qualcuno sbagliava mira. Anche la mamma della prima mezza casa volle dire la sua e si alzò per andare sul palco a dire quello che aveva in mente: “Solo una cosa dovrà essere il doppio di prima”, proclamò.
“Cosa? Il doppio?” si chiesero alcuni più o meno sottovoce.
“Cosa vuole dire?” domandarono altri al proprio vicino. Quale segreto avrebbe rivelato?
“Cosa deve raddoppiare?” chiese un ragazzo in equilibrio su un monociclo che era la parte davanti della sua vecchia bici.
“L’amore”, svelò la mamma sorridendo. Ah certo, a pensarci bene era una risposta super semplice e tutti dentro di loro la conoscevano già.

Dedicato alle donne e agli uomini della mia terra ma soprattutto ai bambini, da Mantova a Bologna, passando per Modena e Ferrara, che in questi ultimi anni hanno visto crollare tutto attorno a loro, tranne la voglia di aiutarsi, la speranza e l’amore delle loro famiglie.

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TAG: favole, Mauro Bernini, Premio H. C. Andersen Baia delle Favole
CAT: Letteratura

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