Le molte vite pubbliche di Pessoa, dall’Orpheu all’opposizione a Salazar

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29 Luglio 2018

Fernando Pessoa è senza dubbio il poeta portoghese più importante del ‘900 e uno dei maggiori d’Europa. In Italia, a partire dalla fine degli anni ’70, e sempre di più dal decennio successivo in poi, gode di una popolarità diffusa e meritata, è conosciuto e letto da un pubblico ampio, che va ben oltre gli ambienti accademici e quelli degli appassionati di poesia. Quando un poeta, o un artista, guadagna rapidamente fama e consensi, soprattutto se la cosa avviene dopo la sua morte, spesso si formano nell’opinione di molti lettori vulgate, luoghi comuni non del tutto veri, o almeno un po’ semplificatori, su di lui e sulla sua vita. Così, non è del tutto vero, come molti pensano, che Pessoa abbia condotto una vita appartata, lavorando come traduttore part time di lettere commerciali e scrivendo, e non pubblicando, la sua grande opera letteraria: il drama en gente, una sorta di romanzo multiforme, in poesia e in prosa, fatto di personaggi, biografie, stili e tendenze inventate e alimentate via via, eteronimi o, nel caso di Bernardo Soares, il protagonista-artefice del Libro dell’Inquietudine, semieteronimi, vale a dire un autore di fantasia con la stessa personalità del poeta, ma mutilata, ossia “senza il raziocinio e l’affettività” e quindi risolta tutta nella sensazione, nell’osservazione. O meglio, questa esistenza lontana dalla ribalta e caratterizzata da una marginalità relativa, che si può forse desumere dalla pur preziosa biografia del poeta, Vida e Obra de Fernando Pessoa (1950), scritta da João Gaspar Simões, è appena una parte della verità.

L’altra parte è che Pessoa è stato, già da vivo, un intellettuale rilevante in diversi momenti nella sfera pubblica del suo paese. In particolare, Pessoa è stato uno degli autori, nonché, stando al contenuto di uno scambio epistolare del maggio del 1913 con l’amico e poeta Mario de Sá-Carneiro, il vero ideatore e il principale ispiratore del caso letterario più importante accaduto in Portogallo nei primi anni del ‘900. Stiamo parlando dell’Orpheu, la rivista, a cadenza trimestrale, che nel marzo del 1915 introdusse il modernismo e le avanguardie novecentesche nella scena culturale di Lisbona e che, pubblicata in due soli numeri, alimentò un dibattito accesissimo, virale e decisamente insolito per quel tempo, e anche per le epoche successive. Il poeta per promuovere la rivista, tra l’altro, scrisse allo scrittore spagnolo di origine basca Miguel de Unamuno e per sondare l’eventualità improbabile, viste le risorse limitate del gruppo, di un’edizione in lingua inglese, ad alcuni editori britannici, tra cui Frank Palmer. Sulla rivista furono pubblicate poesie, oltre che del Pessoa ortonimo (Pioggia obliqua, poesia intersezionista, bella e centrale nella sua opera) e dell’eteronimo Alvaro de Campos (la futurista e pregevole Ode marittima, Ode trionfale e Oppiario), di Mario de Sá-Carneiro, di Ronald de Carvalho, di Cortes-Rodrigues e di Eduardo Guimaraens. Del gruppo fecero parte anche il pittore e poeta Almada Negreiros, Luìs de Montalvor, Raul Leal, Santa Rita Pintor e Alfredo Pedro Guisado.

I giornali portoghesi dedicarono ben 68 articoli al primo numero di Orpheu e 24 al secondo, stando alla contabilità tenuta dallo stesso Pessoa. Sembrava che tutte le testate portoghesi, in prevalenza con accenti violentemente critici e scioccati, volessero occuparsi della rivista. Pessoa, allora ventisettenne e di cui ricorrono i 130 anni dalla nascita, disse che lo scandalo era già un successo e che così di fatto aveva trionfato il Sensazionismo, una delle tendenze letterarie lanciate dalla rivista attraverso l’eteronimo Alvaro de Campos, ovvero “il sentire tutto in tutte le maniere”, in cui si combinavano il pluralismo sensoriale di Walt Whitman con l’entusiasmo futurista per le macchine e per la modernità e con un’espansione della coscienza metafisica e finalizzata a cogliere l’essenza delle cose oltre la materia. Il terzo numero non potè uscire per assenza di fondi, ma ormai il caso era esploso, la nuova luce aveva illuminato lo spazio circostante. Trascorso qualche tempo dalle prime polemiche emotive ed enfatiche, dopo Orpheu nella letteratura portoghese nulla fu più come prima: contenuti, forme e stili cambiarono e si rinnovarono radicalmente. L’avanguardia fu veramente tale poiché raggiunse il suo obiettivo: riuscì a fare la rivoluzione, senza limitarsi a criticare in modo più o meno sterile ed elitario le formule preesistenti, come a volte capita ai movimenti artistici di rottura.

I giornali in molti casi riportarono, in parte o integralmente, i testi proposti dalla rivista e, con l’intento di criticarli, finirono per diffonderli e per farli conoscere a pubblici più vasti, realizzando così il vero fine dei loro autori. La polemica suscitata dalla rivista uscì dall’ambito artistico-letterario e intercettò il confuso e animato dibattito politico portoghese di quegli anni e le dispute tra repubblicani e monarchici. Numerosi attacchi ebbero modalità non troppo dissimili da quelle di tanti flame odierni sui social network, sfiorando l’insulto e arrivando a definire come letteratura delirante, o più precisamente da manicomio, i testi del gruppo di poeti che formavano la rivista e che si incontravano nei caffè della Baixa di Lisbona. La vicenda è raccontata in modo approfondito da Barbara Gori, professoressa di letteratura portoghese e brasiliana presso l’università di Padova, nel libro Una letteratura da manicomio – Orpheu nei giornali e nelle riviste portoghesi del 1915 (Edizioni dell’Urogallo, 2015). Un percorso dettagliato sulla storia della rivista si trova anche presso Casa Fernando Pessoa*, il centro culturale attivo dal 1993 nei locali dove Pessoa abitò negli ultimi quindici anni della sua vita, nel quartiere di Campo de Ourique, non lontano dalla Basilica da Estrela, inaugurata nel 1790 per volere della regina Maria I di Portogallo e conosciuta per le sue imponenti e originali forme neoclassiche e tardo barocche. Casa Fernando Pessoa mette a disposizione dei visitatori informazioni, anche multimediali, sulla vita e sull’opera del poeta, oltre che una ricca biblioteca plurilingue.

E se i libri pubblicati in vita, verosimilmente per via del suo perfezionismo maniacale, sono stati pochi, soprattutto a fronte di una produzione ben più estesa, la sua attività pubblica è stata più consistente. Le sue poesie pubblicate su quotidiani e riviste sono state 210, mentre 132 i testi in prosa. E, ancora, Pessoa ha scritto su diverse testate 119 articoli, che spaziano dalla critica letteraria all’attualità politica.

Tra questi c’è L’Uomo di Porlock, pubblicato nel febbraio del 1934 sul giornale Fradique e dedicato alla singolare genesi di Kubla Kahn, la poesia più famosa del grande poeta romantico inglese Samuel Taylor Coleridge. Nell’articolo, raccolto in Fernando Pessoa, Pagine esoteriche (Adelphi, 1997, a cura di Silvano Peloso), si dice che la poesia è stata composta in sogno, mentre Coleridge dormiva sotto l’effetto di sedativi in una tenuta nei pressi del villaggio inglese di Porlock: “le immagini e le espressioni verbali che corrispondevano loro si originavano nella sua mente parallelamente e senza sforzo”. Una volta sveglio, Coleridge si mise a scrivere quello che aveva composto sognando. “Aveva già scritto una trentina di versi, quando gli venne annunciata – prosegue Pessoa – la visita di un uomo di Porlock”. Coleridge decise di riceverlo, passò con lui circa un’ora, ma quando si rimise a trascrivere la poesia sognata si accorse di essersi dimenticato quasi tutto, si ricordava solo altri ventiquattro versi, il finale del testo. E sull’identità, o meglio sulla natura, del misterioso uomo di Porlock Pessoa ha pochi dubbi: “Questo visitatore – perennemente sconosciuto perchè, pur essendo noi, “non è nessuno” –, questo seccatore – perennemente anonimo perchè, pur essendo vivo, è “impersonale” – tutti noi lo dobbiamo ricevere, per debolezza nostra, fra l’inizio e la fine di una poesia concepita per intero, che non permettiamo a noi stessi di vedere scritta… Fossimo capaci di essere fanciulli, per non avere visite, né visitatori che ci sentiamo obbligati a ricevere! Ma non vogliamo far aspettare chi non esiste, e non vogliamo offendere l’”estraneo” che è noi. E così, di quello che sarebbe potuto essere, resta solo ciò che è; della poesia, o delle opera omnia, solo il principio e la fine di qualcosa andato perduto”.

Degno di nota è anche Ultimatum, a firma di Alvaro de Campos, apparso nel 1917 sul primo e unico numero della rivista Portugal Futurista. Si tratta di una sorta di contromanifesto futurista molto superiore per visionarietà e qualità letteraria rispetto a quello marinettiano del 1909. Vi si leggono, tra le altre cose, passaggi come: “In arte: abolizione del dogma dell’individualità artistica. Il maggior artista sarà colui che meno si definirà, e colui che scriverà in più generi con più contraddizioni e dissomiglianze. Nessun artista dovrà avere solo una personalità. Dovrà averne varie, organizzando ciascuna attraverso riunione concretizzata di stati d’animo somiglianti, dissipando così la grossolana finzione di essere uno e indivisibile”. E ancora: “Il Superuomo sarà, non il più duro, ma il più complesso!“. Si può leggere Ultimatum nel volume primo di Fernando Pessoa, Una sola moltitudine (Adelphi, 1979), curato da Antonio Tabucchi che, con la collaborazione Maria José de Lancastre, ha svolto un lavoro mirabile, e imprescindibile per i lettori italiani, di organizzazione e analisi dell’opera del poeta portoghese.

Chiusa nel novembre del 1920 la sua relazione sentimentale con Ophélia Queiroz (la passione tra loro si riaccenderà per circa un anno nel 1929), nel 1921 Pessoa fonda con alcuni soci la ditta Olisipo, Agenti, Organizzatori ed Editori. Nella bella biografia del poeta curata da Angel Crespo, La vita plurale di Fernando Pessoa (Bietti, 2014), si raccontano in modo dettagliato le vicende di questa iniziativa. Le attività riguardarono soprattutto l’ambito editoriale con la pubblicazione delle poesie di Pessoa in inglese firmate dall’eteronimo Alexander Search. Dal 1922 al 1926 Olisipo curò la stampa della rivista Contemporanea che idealmente rilanciava lo spirito innovativo e modernista di Orpheu e che produsse un certo scandalo in diversi settori della società lisbonese. Su Contemporanea uscirono dodici poesie raggruppate, come fossero un poemetto, sotto il nome di Mare portoghese. Si trattava del primo nucleo di Messaggio, che sarà pubblicato per intero nel 1934. Messaggio è una raccolta di poesie ermetico-simboliste, ricche di riferimenti esoterici e numerologici sulla storia mitica e sul destino del Portogallo. Il libro è una sorta di controcanto alle Lusiadi di Luis Vaz de Camoes e oppone un’idea di rinascita spirituale al richiamo del grande poeta del ‘500 verso un destino eroico capace di riscattare la nazione portoghese dalla corruzione e dalla miseria. In programma c’era la pubblicazione di altri autori portoghesi, come Sá-Carneiro, Luis Montalvor, Victoriano Braga, di un’antologia di Edgar Allan Poe e di alcuni testi di William Shakespeare. Nel primo primo numero fu pubblicato il racconto Il banchiere anarchico, in cui Pessoa con una raffinata manipolazione dei paradossi sociali e con un’elegante provocazione sostiene che le rivoluzioni non portino libertà ma tirannidi e che quindi l’unica via per abbattere le strutture sociali anti-naturali sia un’azione esclusivamente individuale, che ammetta pure un sentimento naturale come l’egoismo. Nel terzo numero fu pubblicato il saggio Antonio Botto e l’ideale estetico in Portogallo dedicato a Botto, poeta dichiaratamente omosessuale e al suo libro Canzoni, in cui si palesavano in modo esplicito le sue preferenze erotiche. La cosa suscitò reazioni polemiche tra i lettori e fece crescere le vendite della rivista. Nel saggio Pessoa scrive che: “Antonio Botto è l’unico poeta portoghese, tra quelli che scrivono pubblicamente, che può essere definito esteta senza alcuna dissonanza… La prima caratteristica dell’arte dell’esteta è, pertanto, l’assenza di elementi metafisici e morali nella sostanza della sua ideazione. L’esteta sostituisce l’idea della verità e l’idea del bene con l’idea di bellezza, concedendo, tuttavia, proprio per questo, a tale idea della bellezza una portata metafisica e morale”. E ancora: “Canzoni è un inno al piacere, ma non al piacere come allegria, né come furore, bensì semplicemente come piacere”.

Nel numero successivo della rivista fu pubblicato un articolo di Alvaro Maia che, sia pure senza usare toni accesi, criticava il saggio di Pessoa, affermando che Canzoni non era che “un’esibizione patologica del desiderio di scandalizzare”. Oltre a questo, Alvaro de Campos in una lettera rimproverava a Pessoa di voler affrontare la questione con gli strumenti della logica e dell’argomentazione, perseverando “in quella sua mania” che lo portava a “credere che le cose si dimostrino”. “Nulla si dimostra, se non per il fatto di avere l’ipocrisia di non affermare. Il ragionamento è una timidezza. Nella tragedia fisico-chimica chiamata Vita, queste cose sono come fiamme – semplici segnali di combustione”, proseguiva de Campos.

Lo scandalo esplose del tutto quando, all’inizio del 1923, Olisipo mise in commercio Sodoma divinizzata, un opuscolo di Raul Leal, che già in un articolo uscito nel novembre dell’anno precedente aveva lodato Canzoni, dove si sosteneva, con espliciti riferimenti alla Cabala, che l’omosessualità fosse una via per ristabilire l’unità divina della sessualità e in cui si attaccava apertamente Alvaro Maia e la sua critica a Botto: “Più rispetto per gli artisti, signor Maia”. Pare che Pessoa si divertì parecchio a leggere la dimostrazione esoterica dell’omosessualità proposta dall’amico Leal.

La reazione non si fece attendere, visto che il 23 febbraio del 1923 A Epoca, giornale di ispirazione cattolico-monarchica, annunciò la fondazione di una Lega di Azione degli Studenti di Lisbona, nata con l’idea di moralizzare i costumi e l’ambiente sociale. E il 6 marzo nei caffè, nelle strade del centro e in altri punti strategici di Lisbona fu diffuso un Manifesto degli Studenti delle Scuole Superiori in cui apertamente si sollecitavano le autorità, “chi comanda”, all’”imperiosa necessità di fare giustizia”. Una delegazione di questi studenti puritani e protofascisti fu ricevuta dal governatore della capitale che assecondò le loro richieste, disponendo il sequestro delle copie invendute di Canzoni e di Sodoma divinizzata.

Come prima risposta, nel mese di marzo, Pessoa fece distribuire un volantino a firma di Alvaro de Campos dal titolo Avviso a causa della morale in cui si diceva: “I giovani delle scuole provocano gli scrittori che non passano per la stessa ragione per cui provocano le signore che passano. Se non sanno la ragione prima che io gliela dica, non la sapranno neppure dopo. Se la potessero sapere, non provocherebbero né le signore né gli scrittori”. Quindi, seguì la pubblicazione di un pamphlet di Raul Leal dal titolo quanto mai esplicito di Una lezione di morale agli studenti di Lisbona e lo smascheramento della Chiesa Cattolica. Gli studenti, o forse gli ambienti che di loro si servivano, replicarono con un nuovo manifesto in cui apertamente si asseriva che Raul Leal era un paranoico, un pazzo. Arrivati a questo punto, Pessoa, sentendosi responsabile per la campagna di diffamazione alimentata nei confronti dell’amico Leal, pose fine alla questione con un articolo, intitolato Su un manifesto studentesco e dai toni fermi ed energici, in cui scriveva: “Ci sono tre cose con cui lo spirito nobile, di vecchio o di giovane, non gioca mai, perchè giocare con esse è uno dei segni distintivi della bassezza d’animo: sono gli dei, la morte e la pazzia… Solo l’ultima delle canaglie di strada insulta un pazzo, e in pubblico. Solo una canaglia ancora peggiore s’appropria, divulgandolo, di questo insulto, sapendo di mentire”. Proseguendo, si chiedeva se “gli studenti, trincerati nel Governo Civile e in A Epoca – ossia, nella repubblica e tra i monarchici” fossero davvero colpevoli per i propri comportamenti e rispondeva che la responsabilità andava ricercata “nell’ambiente che li ha prodotti”. Secondo Pessoa le azioni e le opinioni degli studenti erano conseguenza della Monarchia dei Braganza, della Repubblica Portoghese e di un contesto culturale e morale in cui molti mancavano di spirito critico e scientifico a causa di secoli di ottusa educazione pretesca.

Il progetto di Olisipo andava al di là dello stretto ambito editoriale, visto che la ragione sociale comprendeva l’organizzazione e la gestione di affari e che, in particolare, lo statuto prevedeva la pubblicizzazione e il commercio di prodotti portoghesi, l’installazione di nuove industrie, la vendita di brevetti, importazioni e affari occasionali “a seconda della convenienza”. Sempre nella biografia di Angel Crespo si evidenzia come tra le attività previste c’era anche di intermediazione nel campo delle vendite e delle concessioni minerarie e si documenta l’esistenza di una lettera in cui un cliente offriva una sostanziosa commissione, compresa tra i diecimila e i quindicimila scudi, per la vendita delle sue miniere di uranio, calcocite e volframio.

Pessoa fece anche il pubblicitario e nel 1928 per conto dell’azienda del suo amico Moutinho de Almeida scrisse uno slogan per la commercializzazione della Coca-Cola, da pochi anni importata dagli Stati Uniti in Portogallo. Il testo pensato dal poeta per il lancio della bevanda era “Primeiro estranha-se, depois entranha-se”, traducibile all’incirca con “Prima ti stupisce, poi ti entra nelle viscere”. Tuttavia, il messaggio promozionale non piacque al ministro della Sanità e non fu approvato, poiché sembrava fare riferimento a proprietà stupefacenti della bevanda e in grado di determinare dipendenza. Insediatosi in seguito al colpo di stato militare del 1926 condotto dal generale Antonio Oscar Carmona, il governo dittatoriale di Antonio de Olivera Salazar proibì di lì a pochi anni l’importazione della bevanda.

Nel settembre del 1930 Pessoa, studioso di alchimia, astrologia e teosofia, conoscitore della storia dei Rosa-Croce, della Massoneria e della Cabala ebraica e che si professava cristiano gnostico e fedele alla “Tradizione Segreta del Cristianesimo” incontrò a Lisbona il mago inglese Aleister Crowley, iscritto all’ordine ermertico della Golden Dawn, figura controversa, considerato il fondatore e a quel tempo la figura più influente dell’occultismo moderno, nonché scrittore e pittore non privo di talento. I due si scrivevano già dal 1929, precisamente da quando Pessoa aveva contattato Crowley tramite il suo editore londinese per suggerirgli una rettifica dell’ora di nascita indicata nel suo tema natale pubblicato nelle Confessioni, ipotizzando che la modifica avrebbe favorito un’interpretazione più corretta. Colpito dalle competenze astrologiche di Pessoa, Crowley volle incontrarlo e il 2 settembre sbarcò sul molo di Lisbona, dopo aver viaggiato sul piroscafo Alcantara, salpato da Southampton, insieme alla sua fidanzata del momento, Hanni Jaeger, un’artista tedesco-americana appena ventenne, che aveva conosciuto a Berlino poche settimane prima. Pessoa, di carattere sensibile e a volte timoroso, avrebbe forse preferito evitare di incontrare un personaggio così enigmatico e misterioso. Ma, avviata la conversazione, risulta che tra i due ci fu simpatia, cordialità, e quindi una forma di amicizia, come si desume dalla corrispondenza successiva. Alcuni giorni dopo Hanni Jaeger, in seguito un litigio violento, lascia Crowley che, in apparenza con l’idea di riconquistarla, decide di inscenare un suicidio, complici Pessoa e l’amico Augusto Ferreira Gomes, giornalista e a sua volta esperto di occultismo. Proprio Ferreira Gomes passeggiando sulle scogliere, scoscese e a picco sull’oceano, di Cascais, una cittadina costiera non lontana da Lisbona, trova “casualmente” il portasigarette di Crowley con un messaggio per Hanni – “Non posso vivere senza di te. L’altra “Boca do Inferno” mi prenderà – non sarà calda tanto quanto la tua”. Ferreira Gomes informa i giornali, mentre Pessoa, uno degli ultimi ad aver visto il mago, viene intervistato e spiega le altre parole scritte nel messaggio: “Hisos”, una parola segreta, comprensibile solo per Hanni, e “Tu Li Yu”, il nome di un saggio cinese, vissuto circa 3mila anni prima di Cristo, di cui Crowley sosteneva di essere la reincarnazione. Pessoa e Ferreira Gomes vengono interrogati dalla polizia e del caso si occupa la stampa internazionale. Pochi giorni dopo Crowley ricompare in Germania, a Berlino, giusto in tempo per l’inaugurazione di una sua mostra di pittura alla galleria Neumann-Nierendorf.

Crowley gioca a scacchi con il suo discepolo, e sosia di Pessoa, Robert Starr.

Il finto suicidio era stato organizzato soltanto per aiutare il mago a riconquistare Hanni? Assai improbabile. Si trattava, invece, di un espediente usato da Crowley per farsi pubblicità con l’obiettivo di rilanciare le vendite dei suoi libri e delle sue opere d’arte e di rimpinguare così le sue finanze, in precedenza cospicue, grazie al patrimonio ereditato dai genitori, ma ormai impoverite da una vita di eccessi e di lussi. Pessoa, d’accordo con il mago, iniziò anche a scrivere sulla vicenda un romanzo poliziesco, rimasto incompleto, proprio con il proposito di tenere desta l’attenzione dei giornali e dell’opinione pubblica. C’è da immaginare che per Pessoa sia stato assai spassoso giocare insieme al mago, mescolando finzione, simboli e verità. Si ha una conferma della burla qualche mese dopo, nel gennaio 1931, quando Pessoa con tono chiaramente ironico, in una lettera all’amico João Gaspar Simões, dice: “Crowley, che dopo essersi suicidato è passato a vivere in Germania, mi ha scritto qualche giorno fa…”. Circa un anno dopo, verso la fine del 1931, Pessoa interrompe la corrispondenza con il mago. Non è certa la ragione dell’allontanamento, ma è possibile che il poeta si sia sottratto alle insistenze e alle richieste del mago, che in precedenza avrebbe voluto anche che Pessoa investisse, pur non avendone le risorse, nelle sue attività editoriali. Secondo alcuni a favorire il distacco è stata anche la propensione del mago per la parte oscura dell’occultismo e verso pratiche magiche che il poeta non approvava. Sull’incontro e sul rapporto epistolare tra i due Marco Pasi ha curato un libro, Fernando Pessoa Aleister Crowley – La bocca dell’inferno (Federico Tozzi Editore in Saluzzo, 2018), ben fatto e assai documentato. Invece, in merito all’attenzione che Pessoa, per tutta la sua vita, ha avuto verso la sfera dell’esoterismo, Rita Catania Marrone, ricercatrice di letteratura portoghese dell’università di Coimbra, ha scritto nel 2016 per la rivista COLOQUIO/Letras un interessante articolo in cui si evidenzia come il poeta a questo riguardo possa essere collocato all’interno di una famiglia numerosa di intellettuali consapevoli che la storia della ragione e del progresso scientifico convive con una visione magica, irrazionale e simbolica con cui a vario titolo conviene fare i conti e che rappresenta la parte in ombra della nostra cultura. Si tratta di menti geniali, di grandi artisti, in alcuni casi di persone a cui dobbiamo parti importanti del pensiero della modernità tra i quali, oltre a Pessoa, e insieme a molti altri, si possono ricordare Marsilio Ficino, Giordano Bruno, Isaac Newton, Mircea Eliade, Carl Gustav Jung, Johann Wolfgang Goethe, William Butler Yeats e Thomas Stearns Eliot.

Il 4 febbraio del 1935, a pochi mesi dalla sua morte, che arriverà, dopo un breve ricovero, il 30 novembre di quell’anno, Pessoa pubblica su Diario de Lisboa il suo articolo forse più importante in cui, criticando il progetto di legge di Josè Cabral sullo scioglimento delle società segrete e in particolare della massoneria, attacca in modo diretto la dittatura guidata da Salazar. Con questo articolo prende definitivamente le distanze, come ribadisce nella sua nota biografica, dal pamphlet del 1928 L’Interregno. Difesa e giustificazione della dittatura militare in Portogallo, dove pur senza appoggiare realmente il colpo di stato del 1926, aveva sostenuto la necessità provvisoria di un governo militare che riportasse l’ordine pubblico in un paese eccessivamente diviso e, a suo dire, “contro se stesso”. Nel suo scritto il poeta lamentava il conflitto permanente tra repubblicani e monarchici e riteneva che per questo il paese difettasse di un’idea o di un ideale nazionale, avendone avuto in passato uno imperiale, e quindi di un’opinione pubblica capace di supportare una democrazia moderna e parlamentare, come avveniva per esempio in Gran Bretagna.

E’ probabile che il grado di lacerazione del dibattito pubblico di allora rattristasse molto Pessoa che auspicava una riscoperta delle origini profonde della patria portoghese e il ritorno del sebastianismo, un movimento mistico-secolare che si richiamava a un’epoca di splendore del paese e che si rifaceva alla figura di re Sebastiano I, detto Il Desiderato, figlio di Joao Manuel, principe di Portogallo, e morto prematuramente nella battaglia di Alcacer Quibir del 1558. Il sebastianismo, o nazionalismo mistico, di cui era fautore Pessoa era però di tipo nuovo e ispirato a una visione, espressa anche nelle poesie di Messaggio, che immaginava un Quinto Impero non risolto nella realtà empirica, ma spirituale e della grandezza d’animo, in antitesi al precedente impero coloniale. In relazione alla sua posizione patriottica, nella nota biografica che ci ha lasciato scrive questa massima: “Tutto per l’umanità; niente contro la Nazione”.

Nel giro di pochi anni l’Estado Novo, tuttavia, si rivela per quello che è, ovvero una dittatura che sopprime i sindacati, la libertà di stampa e ogni forma di opposizione. Pessoa non può che manifestare il suo dissenso, sia tra gli amici e gli intellettuali che frequenta sia pubblicamente.

Lo stile dell’articolo sulla legge contro le società segrete è sarcastico e sferzante. Già nelle prime righe si dice che il progetto di legge “si inserisce, quanto a natura e contenuto, nelle migliori tradizioni degli Inquisitori” e poco dopo si evidenzia, usando l’arma del paradosso, l’insensatezza della norma: “posso, fin d’ora, denunciare al signor José Cabral un’associazione segreta: il Consiglio dei ministri. Del resto, tutto quanto di serio o importante venga fatto in riunione in questo mondo viene fatto segretamente”. E ancora: “Se i Consigli dei Ministri non si riuniscono in pubblico, nemmeno lo fanno le direzioni dei partiti politici, le tenebrose figure che orientano i club sportivi o i sinistri comunisti che formano i consigli di amministrazione delle compagnie commerciali e industriali”.

Inoltre, Pessoa riteneva poco opportuna, nonché inattuabile, una legge contro la massoneria, poiché avrebbe messo il governo nella condizione di perseguitare numerosi funzionari pubblici e ufficiali della Marina e dell’esercito e avrebbe ostacolato la politica estera portoghese a causa dell’opposizione di milioni di massoni in tutto il mondo, molti dei quali di nazionalità britannica, e quindi cittadini di un paese storicamente alleato con il Portogallo.

Cabral rispose con un articolo dai toni furibondi e lanciò una campagna stampa contro Pessoa. Il regime instaurato da Salazar si era fatto ormai duro e spietato e un articolo come quello di Pessoa non poteva restare confinato nell’ambito della polemica giornalistica e della libera espressione delle opinioni. Pochi giorni dopo la sua pubblicazione, l’8 febbraio, la censura vieta di richiamare l’articolo in questione e i suoi contenuti sui giornali: attaccare il governo e il suo operato in un modo così aperto non era più permesso. Tuttavia, alcuni oppositori della dittatura ripubblicarono in un opuscolo l’articolo del poeta uscito su Diario de Lisboa e lo diffusero nel paese.

Non è da escludere un rapporto tra queste vicende e il fatto che Pessoa prenda in considerazione l’idea di lasciare il Portogallo. Nella primavera del 1935 viene a Lisbona per il viaggio di nozze il fratellastro Luìs Miguel, che vive in Inghilterra, e avuto dalla madre con il secondo marito, il Comandante Joao Miguel Rosa, console portoghese a Durban, in Sudafrica. Fernando quando lo incontra gli dice che ha intenzione di fargli visita a Londra. Ma non lo farà. Forse perchè avvertiva che la sua vita era al termine e che per via di una salute ormai malferma il viaggio era inutile? O perchè non se la sentiva di lasciare Lisbona? Non possiamo saperlo. In quei mesi Pessoa dà quasi l’impressione di voler danneggiare la sua salute, di cercare di avvicinare la fine della sua vita. Contrariamente alle sue abitudini, tende a mangiare poco e male. E soprattutto, durante le sue soste nei caffè e nelle osterie, beve molto di più del solito. Un momento di depressione, come gli era successo altre volte in passato? O il lento e volontario suicidio di un uomo consapevole di non poter più esprimere liberamente il proprio pensiero? La risposta si può soltanto intuire e forse in entrambe queste ipotesi c’è un po’ di verità.

Fernando Pessoa nel caffè-ristorante di Lisbona Martinho da Arcada con gli amici Augusto Ferreira Gomes (in piedi), Antonio Botto e Raul Leal (seduti e con il cappello). Foto tratta dal libro Fernando Pessoa – Immagini della sua vita di Maria José de Lancastre, Adelphi, 1988.

Negli ultimi anni Pessoa compone alcune poesie di ispirazione civile fortemente critiche verso il regime: “Sì, è lo Stato Nuovo, e il popolo/ Ha udito, letto e assentito./ Sì, questo è uno Stato Nuovo/ Perchè è uno stato di cose/ Che prima non si era mai visto”. E su Salazar: “Poverino/ Il tirannino!/ Non beve vino/ Neppure solo solino…/ Beve la verità/ E la libertà,/ E con tale gradimento/ Che già cominciano/ A scarseggiare sul mercato”.  E in un’altra poesia: “Questo signor Salazar/ E’ fatto di sale e iella (“azar” nell’originale portoghese)/ Se un dì piove/ L’acqua scioglie/ Il sale/ E sotto il cielo/ Resta solo la iella, è naturale./ Oh, diavolo! Pare che abbia già piovuto…”. Si trattava di versi pensati per essere letti e fatti circolare nel gruppo ristretto dei suoi amici e dei frequentatori Martinho da Arcada, il caffè di Praça do Comércio dove andava spesso, e non per essere pubblicati. Furono scoperti e pubblicati dal poeta Jorge de Sena molto più tardi, dopo la Rivoluzione dei Garofani del 1974, che mise fine alla dittatura, e inevitabilmente finirono per dare a Pessoa, la cui fama letteraria si stava facendo sempre più vasta e internazionale, uno spazio in quegli anni di felice trasformazione politica del Portogallo. E questo avvenne sebbene le idee politiche di Pessoa non fossero particolarmente affini a quelle socialiste che orientarono la Rivoluzione dei Garofani e avessero un’ispirazione multiforme ed eccentrica, non senza una parte di gioco intellettuale, come del resto la sua opera e la sua personalità. Nella nota biografica, oltre a definirsi “anticomunista e antisocialista”, parlando di sé in terza persona, dice al riguardo: “Pensa che il sistema monarchico sarebbe il più adatto per una nazione organicamente imperiale come il Portogallo. Ma al tempo stesso ritiene la monarchia del tutto inattuabile in Portogallo. Per questo, se ci fosse un plebiscito sul tipo di regime, voterebbe, sebbene a malincuore, per la Repubblica. Conservatore di stile inglese, cioè liberale all’interno del conservatorismo, e assolutamente antireazionario”.

In copertina Fernando Pessoa e Augusto Ferreira Gomes fotografati nel quartiere del Chiado a Lisbona. Scatti tratti dal libro Fernando Pessoa, Immagini della sua vita di Maria José de Lancastre, Adelphi, 1988.

* Si ringrazia per il prezioso supporto José Correia, técnico superior della biblioteca di Casa Fernando Pessoa.

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