Trombosi dopo il vaccino ma per i medici non c’è correlazione

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15 Giugno 2021

Un’altra trombosi cerebrale, Gioia racconta: “Donne, pretendete un’anamnesi completa”

Ha fatto Astrazeneca lo scorso 15 maggio. Due settimane dopo, la mattina del 29, Gioia Giordano, 59 anni, si sveglia con un improvviso calo della vista dall’occhio sinistro di sei diottrie. Non ci vede quasi più.

Situazione non del tutto nuova. Nella sua città, Milano, Gioia è già stata operata di cataratta ed ha avuto anche la rottura della retina. Dati i sintomi, non associa quella condizione al vaccino. Si rivolge al suo medico di fiducia e poi effettua una visita all’Oftalmologico dell’ospedale Fatebenefratelli. Dagli esami non emerge tuttavia un nesso di causalità tra le pregresse patologie e questi nuovi gravi sintomi.

Il suo medico a quel punto l’invita ad andare di corsa in ospedale. Per lui è l’effetto del vaccino. In ospedale presso il Policlinico di Milano, Gioia viene indagata con una serie di approfondimenti clinici. Dalla Tac con liquido di contrasto emerge che è vittima di una trombosi cerebrale venosa.

Di qui in poi la sua analisi di tutto quanto fin lì accaduto, assume una fisionomia nuova.

Per l’anamnesi innanzitutto. In sede vaccinale infatti aveva dichiarato ai medici di avere una familiarità con la trombosi. Sul versante paterno, a seguito di una dipendenza dalle sigarette, suo papà era rimasto gravemente offeso a causa di una trombosi. E ancora: per effetto di una terapia ormonale, a seguito della sopraggiunta menopausa, aveva segnalato di essere un soggetto a rischio come conferma la letteratura medica. Ciononostante i medici hanno deciso di vaccinarla comunque con Astrazeneca. La signora, che è convinta della necessità di vaccinarsi per proteggersi dal Covid , accetta dunque di farsi inoculare il vaccino anglosvedese.

A trombosi sopraggiunta e diagnosticata, Gioia rimarrà circa dieci giorni in ospedale. E da esami clinici scoprirà, attraverso esami genetici, di non avere alcuna familiarità con le trombosi. Ed infine verrà informata dai medici che a loro giudizio, difformemente da quanto rileva il suo dottore di base, non sussisterebbe un nesso causale, una correlazione, tra vaccino e trombosi.

Ciò malgrado tuttavia la obbligano a non ripetere la seconda dose con Astrazeneca.

Insomma la correlazione non ci sarebbe, però le ordinano di non fare il richiamo con Astrazeneca ma con Pfizer.

Gioia Giordano, nell’intervista che mi ha rilasciato, è la prima testimone che decide di parlare degli effetti del vaccino, che lei correla con la perdita della vista. Ed è la prima, apertis verbis, che dichiara la necessità che i medici prima di procedere alla inoculazione del vaccino, si occupino di effettuare un’attenta analisi clinica delle condizioni di ogni singolo cittadino.

Perché in fondo il Governo questo vuole, giusto? La cura e la tutela della nostra salute. E allora se si decide di non procedere con le terapie domiciliari, almeno si facciano tutti gli accertamenti del caso per ogni paziente.

Perché è la salute il vero interesse che lo Stato vuole tutelare, giusto? E dunque un sierologico per chiunque decida di vaccinarsi oltre che ad esami ematici e clinici è il minimo che si possa fare. Perché è di salute che stiamo parlando, giusto? Di salute pubblica, non d’interessi di parte, vero?

Ecco l’intervista completa

TAG:
CAT: Milano, Sanità

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