Il Sanremo dello snob

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7 Febbraio 2020

Ha la canzone italiana nel Dna. L’ha ascoltata dalla culla, intonata dalla voce struggente di sua madre, ai tempi in cui il festival era una terra promessa in bianco e nero. Ha continuato poi con la Hit Parade di Lelio Luttazzi, dove scalavano con più disinvoltura i singoli italiani. I suoi risparmi hanno però continuato a finire in vinili dominati dalla lingua inglese. Lingua che, a differenza della più ardita rima nostrana, suona sempre e comunque. Ma anche, e soprattutto, lingua che capiva poco. Per questo furono i cantautori i suoi poeti. Quelli veri, quelli dei libri, ha iniziato a leggerli quando ha smesso di andare a scuola: liberati dal compito e dalla polvere si sono accesi.

Si è ammalato di endecasillabi, striscia ritmica che suona come nessuna; l’ha scoperta poi, involontaria, insinuarsi nella sua prosa. Ha imparato una dozzina di accordi necessari, e a scrivere strofa strofa ritornello. È arrivato alla presunzione di riconoscere in pochi secondi il disarmo e il graffio di una voce. La sua verità. Così come la grazia e la forza di un testo. È diventato intollerante alla retorica e la ripetizione, alle parole vaghe e a quelle dopate. Alle inutili.

Clinicamente allergico al sentimento che sa di zucchero. Alla cerimonia. Al fasullo. Al compiacimento. Che si divorano tutto, anche le provocazioni oneste e le divulgazioni solenni del pensiero giusto.

Per guardare Sanremo avrebbe dovuto resistere agli sfoghi della pelle. E soprattutto avrebbe dovuto mettere su Rai uno. E lui è immerso in quella serie che intorno a un Papa costruisce una trama sbilenca e credibile, festival di una penna italiana dove si esibisce l’acuta intelligenza e un dolcissimo e spietato erotismo. Tutto quello che a Sanremo è bandito.

Il giorno dopo poi, si siede sul water, per la ‘Defecatio matutina bona tam quam medicina’, e mentre possiede con grande calma il suo momento, estrapola dalla sabbia mobile della kermesse qualche esibizione su youtube. E la ascolta. Perchè sarà anche uno snob del cazzo, ma ha la canzone italiana nel DNA. E le darà sempre una chance.

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