La musica bisestile. Giorno 174. The Rokes

:
30 Novembre 2018

I veri grandi eroi del beat italiano: un quartetto di ragazzi inglesi che trovarono in Italia la Terra Promessa e ci hanno regalato una ventina di canzoni indimenticabili.

 

THESE WERE THE ROKES

 

Erano un qualunque quartetto beat inglese, che aveva tirato fuori due album di cover, e non se li era filati nessuno. Vennero in Italia a suonare in un “musicarello”, uno di quei film sciocchi, costruiti su cantanti di successo, che servivano per presentare qualche nuova canzone all’assetato mondo giovanile del boom economico. David Shel Shapiro, che aveva già suonato in Italia come chitarrista e corista di Gene Vincent (“Be-bop-a-lula”) viene chiamato a sostituire un altro musicista beat inglese, di cui ho dimenticato il nome, tanto era importante.

“These were the Rokes”, 1977

Li nota Teddy Reno, produttore e marito di Rita Pavone, che offre loro di accompagnare la moglie in tour: Rita Pavone, in quel momento, è l’idolo beat italiano. In patria avrebbero fatto la fame, e quindi la decisione si prese da sé. Fecero loro registrare una pubblicità demenziale del gelato Algida (primo link del mio elenco), poi sfiorarono la vittoria al Festival Beat di Ariccia, ed infine divennero una star stabile del Piper Club, perché suonavano bene, e cantavano con quell’italiano ad accento inglese che fa innamorare tutti – e che ancora oggi mi fa sciogliere di tenerezza.

Poi fanno un film con Totò, e nel 1966 hanno un enorme successo al Cantagiro. Sono l’unica band in Italia a cantare apertamente di pacifismo, oltre ai Giganti, e sembra che con loro la censura abbia una sorta di cecità selettiva. Sicché, in soli tre anni, pubblicano una serie imponente di 45 giri stupendi, che sono ancora oggi dei classici, e vengono considerati, insieme alla Equipe 84 di Maurizio Vandelli, la più importante band beat italiana. Hanno persino un gruppo di comici francesi che fanno loro il verso nei varietà televisivi, i Brutos.

Dopodiché, nel 1968, si sciolgono, perché il resto della band non sopporta più l’arroganza e le crisi di rabbia di Shapiro, che crede di essere eterno ed imbattibile. Proprio quest’anno è uscito un disco di Shapiro insieme a Vandelli, chiamato “Love & Peace”, in cui i due ripercorrono i grandi successi di una carriera durata il breve arco di un quinquennio, ma che è rimasta nel cuore di tutti.

Un paio di anni fa ho avuito la fortuna e l’onore di stare sul palco con Bobby Posner, il bassista dei Rokes. Ebbene: tecnicamente si trattava di musicisti di grandissima qualità, e le loro canzoni, 60 anni dopo essere state pubblicate la prima volta, sono ancora fresche, meravigliose, piene di speranza, attualissime. Quanto ad “Eccola di nuovo”, che è la traduzione italiana di “Here comes my baby” di Cat Stevens, è la canzone che cantava sempre Bruna Lalle, una nuotatrice della Mediterranea, una delle mie sorelle grandi di quando ero davvero piccino, che morì tragicamente in un incidente stradale.

Fu la prima volta che la morte attraversava la mia strada, spazzando via una persona cui volevo bene. So che alcuni di voi se la ricordano bene, e quindi non vi spiacerà se le mando un bacetto, a lei ed a tutti coloro che non ci sono più e che erano così importanti. Certo: è la pioggia che va, e ritorna il sereno.

TAG:
CAT: Musica

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...