La musica bisestile. Giorno 198. Peter Licht

:
12 Dicembre 2018

Sarcastico, freddo come il ghiaccio, cattivo come un rasoio, Peter Licht è il punto di riferimento di una generazione che ha sputtanato il perbenismo del 68 ed i falsi miti dell’ecologismo militante degli anni 80

VIERZEHN LIEDER

 

“Carissimi Sessantottini… cari cari Sessantottini… grazie di tutto. Ora potete andare, E vi prego, non ci telefonate. Semmai vi chiamiamo noi”. Peter Licht è davvero un raggio di luce nel panorama cantautorale tedesco, uno che oscilla tra il surreale (“il Duomo di Colonia mi fa infuriare… e l’Himalaya, tronfio di cosa, che è immobile… se penso a ciò che dite che sia importante mi si gonfia il collo di rabbia”) ed il politico: “In effetti siamo molto preoccupati riguardo alle nostre future possibilità sul mercato del lavoro”, mai nessuno aveva intitolato così una canzone.

“Vierzehn Lieder”, 2001

Ma lui, che raccoglie “canzoni sulla fine del capitalismo”, è un vero terrorista semantico. Oramai ha pubblicato doversi album, ma io amo il primo, ovviamente, quello che lo fece scoprire al mondo germanofono, dopo che per anni aveva avuto una scadente punk band e si faceva chiamare Meinrad Jungblutu (sangue giovane). Faceva il paio con un’altra band dell’est, Tiere Streicheln Menschen (Animali che accarezzano gli umani), e tutti partivano dai padri del genere, i Joint Venture, che già alla fine degli anni 80 avevano cercato di scrivere su temi sociali in modo irriverente, ma non clownesco: “Vorrei tanto vivere dove i cani si chiamano ancora Mao e Che, vorrei vivere lì ed ascoltare tutto il giorno canzoni hippie, lo so che non sono solo con la mia nostalgia, ma vorrei davvero tanto essere un hippie di una comune in una fattoria”.

Poi, dopo anni di fatica, Martin Simon si era ammazzato, e Götz Wiedmann, da solo, non è la stessa cosa. Lui ha virato verso la canzone classica del cantautorato tedesco. Chitarra e voce e basta. Ed in quel settore Funny van Dannen non conosce avversari (“anche lesbiche, negri e handicappati, a volte, possono rompere le scatole”). Peter Licht invece va avanti su un’altra strada, tutta elettronica, che – come dicevano i grandi rapper svizzeri di Saalschutz – lo rende l’idolo del rap lento. Lentissimo. Intellettuale, sottile, alieno. “Io posso amare qualunque catastrofe, quando un burocrate si lamenta, quando la macchina mi si rompe sotto la pioggia, persino quando le tarme si mangiano i miei vestiti – ma devono essere pieni di charme, sottili, pieni di senso dell’umorismo, devono essere sexy ed essere pieni di spirito, ma soprattutto di allegra leggerezza”.

Una delle migliori filosofia con cui io mi sia mai trovato a confrontarmi. Persino meglio del grande filosofo di Sankt Pauli, Knarf Rellöm, che una volta scrisse un testo in lingua binaria, che faceva solo uno uno zero uno zero zero etc., oppure elencava tutte le strade col nome ridicolo di Zurigo. Molti di voi credono che il popolo tedesco sia serissimo, noiso, senza sentimenti. Vi sbagliate, non sapete cosa vi state perdendo.

TAG:
CAT: Musica

Nessun commento

Devi fare per commentare, è semplice e veloce.

CARICAMENTO...