La musica bisestile. Giorno 200. The Rolling Stones

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13 Dicembre 2018

Nessun commento. I Rolling Stones sono tra le band più longeve del rock, una pietra miliare, un punto di raffronto, un mito, ed anche l’accompagnamento fedele e sbruffone di tutta la nostra vita

GOT LIVE IF YOU WANT IT

 

Nel corso dell’ultimo mezzo secolo i Rolling Stones hanno registrato decine di dischi, alcuni dei quali estremamente famosi, ma io ho scelto uno dei loro primi dischi dal vivo, proprio per sottolineare il motivo per cui mi siano sempre piaciuti più dei Beatles: perché sul palco erano meglio di chiunque altro, ed ascoltarli dal vivo, almeno fino alla fine degli anni 80, era un’esperienza veramente speciale. Mentre i Beatles, usando intere orchestre e sovraincisioni, per fare un brano usavano decine di tracce, Keith Richards e soci suonano come sono, e potresti registrarli in presa diretta, persino quando usano le tastiere – basta aggiungere un turnista.

“Got live if you want it”, 1966

Per questo motivo, con il passare del tempo i loro dischi sono divenuti noiosi e ripetitivi, ma finché erano fisicamente in grado, dal vivo erano un’esplosione di forza e vitalità. Non spetta a me giudicare come abbiano vissuto, e certamente Mick Jagger non è un tizio con cui passerei volentieri il mio tempo libero, ma non è per questo che mi piace ascoltarlo. Mi piace la sua voce, mi piace il modo sobrio e tonico con cui lui e gli altri suonano quello che da sempre è il vero rhythm and blues, quello che viene dagli anni 50, da Muddy Waters, Memphis Slim, John Lee Hooker, Otis Spann, il primo John Mayall.

I Rolling Stones suonano ancora oggi la musica di allora, ed è una musica vigorosa e decisa, in cui i riff assomigliano ad un mantra, ma ti avvincono con la loro potenza. Diversamente dai Beatles, gli Stones non si sono mai vergognati di registrare delle cover, e per questo motivo, all’inizio, pubblicavano almeno due dischi l’anno. L’effetto, ovviamente, è che i brani migliori vengano diluiti in album in cui due brani bastino a garantire le vendite, ed il resto è fuffa. Il disco dal vivo è diverso, specie perché, nel 1966, quando è stato registrato questo, la strumentazione era piuttosto rudimentale e ci fu bisogno di talmente tanto lavoro di post-produzione, che gli Stones considerarono questo album una schifezza fatta come marchetta per il contratto con la London Records, al contrrario di “Get yer ya-ya’s out”, di quattro anni più tardi, che è molto più fedele a quanto la casa discografica aveva effettivamente registrato dal vivo.

Io preferisco il primo perché non ci sono tante cover, come negli altri, e perché è uno specchio fedele di cosa fossero gli Stones a metà degli anni 60, ovvero nel loro momento migliore. Non c’era Ian Stewart al piano, e soprattutto c’era ancora Brian Jones alla chitarra, e non Mick Taylor o Ron Wood. In ogni caso, scegliere quattro canzone di Jagger, Richards e compagni, di per sé non ha senso. Sono cose che conosciamo ed amiamo tutti, appunto.

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CAT: Musica

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