La musica bisestile. Giorno 21. Calexico

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16 Settembre 2018

La nuova cultura americana non può più prescindere dalle influenze messicane, e con questa band il folk paesano si arricchisce di nuovi ritmi e nuove armonie, il tutto nella malinconia tipica di un film di Wim Wenders

CARRIED TO DUST

 

Ero solo, in una casa immensa nascosta nel bosco, dietro al Lago dell’Accesa. Ero disperato e dovevo costringermi a lavorare, mentre i miei clienti fallivano, uno dopo l’altro, vittime della crisi globale, i debiti crescevano, vivendo da eremita, visitato da sporadici istrici e cinghiali, spinti dal freddo di un autunno che era divenuto inverno anzitempo. Naturalmente ingrassavo, torturandomi con schifezze immonde, panini rancidi, tubetti di pasta di tonno e di alici, coca-cola.

“Carried to dust”, 2008

In sei mesi misi su 50 chili, poi iniziai a sentirmi davvero male. Ma questo, per chi mi conosce, era prima di Buru-Buru, dei miei soggiorni di digiuno, immediatamente prima di abbandonare la casa e trasferirmi a Roma, in Via Baccina. Posso persino dirvi quante volte io abbia ascoltato questo disco: 5612 volte, iTunes le conta, inesorabile, avevo il computer impostato in modo che ricominciasse ogni volta che finiva, ed a volte mi addormentavo, sfinito, mentre continuava instancabile a cullare il mio vittimismo e la mia burocratica autodistruzione. Avrei potuto smettere di mangiare, ma non di ascoltare il disco, pensavo.

Ed avevo ragione… Ero a Monaco di Baviera, un milione di anni prima, volevo andare ad un concerto dei Notwist, rimasi anche il giorno dopo per vedere Lali Puna e Slut, di modo di aver ascoltato in 24 ore la crema della Scuola di Weilheim, ed ero andato a trovare Wolfgang Petters in un bar vicino al suo ufficio. Wolfgang è stato, per un’intera generazione, il punto di riferimento dell’intera cultura musicale tedesca. La sua piccola Hausmusik ha tirato fuori, finché lui e la sua splendida compagna pisana ce l’hanno fatta più, alcuni degli artisti più importanti degli ultimi 30 anni, ed ha organizzato un Festival annuale in cui trovavi di tutto, ma soprattutto gli eroi di Morr-Music, che sono stati avanguardia per oltre 15 anni.

Wolfgang Petters nel bar della sua casa discografica Hausmusik

Con lui avevo un accordo perfetto: ogni mese gli mandavo una cifra, e lui mi inviava dischi per posta, quelli che riteneva valessero qualcosa. In questo modo ha raddoppiato la mia cultura musicale nel corso di un solo anno, facendomi scoprire dei veri e propri capolavori sconosciuti. Tutti, nel mondo della musica, sapevano chi fosse Wolfgang, e Wolfgang conosceva tutti, poteva metterti in contatto con chiunque. Un angelo. Naturalmente, quando sei lì e bevi un cappuccino, discutendo di politica, non sei cosciente di avere di fronte a te un importante monumento storico. Wolfgang è una persona ricchissima di cultura e curiosità, dotata di un fiuto fenomenale e sorretta da un entusiasmo raro e prezioso. Che io sappia, non si è mai sbagliato su nessuno, nemmeno quando, un giorno, mi disse che la migliore band italiana fosse più famosa in Germania che ad Ancona o Bologna, le due città dei suoi componenti. Parlava di Yuppie Flu, il miracolo di Matteo Agostinelli e Francescopaolo Chielli, detto Gabbo, che continuo segretamente ad adorare come una delle migliori band di sempre, una band al livello dei Flaming Lips e di Bright Eyes.

Ma quel giorno, dopo avermi messo in contatto con Hanns Christian di Apricot Records (anche questa storia, un giorno, la devo raccontare…), tirò fuori dalla orsa un disco di cartone, marroncino, con la foto di due sfigati in copertina, e me la mise in mano pieno di orgoglio. “Questi due – disse – sono il migliore gruppo di tutta l’America, ma ancora non l’ha capito nessuno. Pensa, mi hanno mandato una cassetta, non hanno nulla in mano, suonano alle fiere di paese. Io li ho ascoltati una volta e sapevo che sarebbero diventati importanti come Beck, sicché il disco l’ho fatto io, a mie spese, e sta andando fortissimo, ne ho già vendute 200 copie”.

“Spoke”, 1996

Il duo si chiamava Calexico, e non lo conosceva nessuno. Suona un mischione di musica messicana, di canto popolare cileno, di musica folk americana, di rock indipendente californiano, è maestoso e tenero, malinconico e consolante, docle e deciso. Oggi lo sanno tutti: è probabilmente la miglior band americana dell’ultima generazione, ed i suoi dischi sono capolavori. Una volta in più, Wolfgang ci ha visto lungo. Quel disco, “Spoke”, (un disco doppio del 1996) ce l’ho ancora. Mi hanno offerto 400 Euro per venderlo, ma me lo tengo. Non so se avete mai avuto un cuore ferito che batte più lento del solito. Se avete mai avuto la febbre malarica senza essere mai stati nella jungla, ma solo perché avete sbagliato l’amore. Se avete mai scalato la giornata con picconi e ramponi, perché il ghiaccio della vostra anima aveva reso impossibile arrivare a sera. Se avete mai sognato di non esistere, tanto fosse soffocante il dolore. Se ci siete mai arrivati, allora, “Carried to dust” è il vostro compagno. Per sempre.

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CAT: Musica

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