La musica bisestile. Giorno 279. Franco Battiato

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22 Gennaio 2019

Il primo disco dal vivo dell’artista catanese contiene non solo le hit del suo periodo pop, ma anche le migliori cose del periodo jazz e di avanguardia

GIUBBE ROSSE

 

Seguivo Battiato quando registrava dischi difficili e snob, e mi piaceva la qualità pessima delle copertine gialline o azzurrette, finché saltò fuori “L’era del cinghiale bianco”, la collaborazione con Giusto Pio, ed il suo snobismo divenne banalità insopportabile. I suoi testi erano talmente arroganti da mancare persino il risultato di essere ridicolo. Non riuscivo a capire i motivi del suo grande successo, né come musicista, né come intellettuale. Poi è arrivata Alice, che lo ha reso più umano, ma soprattutto ha indovinato una serie di canzoni davvero belle, e questo è continuato per decenni, fino a “La cura”, che a mio parere è uno dei più grandi capolavori della musica italiana.

“Giubbe rosse”, 1989

Poi Giorgio Gaber ha chiesto ed ottenuto da Battiato di lavorare a quello che è probabilmente il suo miglior spettacolo, “Polli di allevamento”, e quindi, per coerenza affettiva ed intellettuale, mi sono sentito costretto a misurarmi con una grandezza nascosta che, giocoforza, Battiato doveva avere. La prima scoperta è rassicurante: Battiato scrive testi poetici, o canzoni. Le sue canzoni sono basate su una qualche idea musicale (un riff, un’armonia, un contrappunto) e cercano di essere il più possibile sorprendenti, innovative, costruite in modo da essere ricordate, ma magari canterellate in modo sbagliato, perché contengono salti di nota inconsueti.

Tra queste canzoni mi piace “Centro di gravità permanente”, che contiene una seconda caratteristica: uno snobismo d’accatto, liste di prescrizione per “topoi” culturali della nostra epoca: “Non sopporto i cori russi, la musica finto rock, la new wave italiana, il free jazz e il punk inglese, e neanche la nera africana” – e questo in un brano in cui alla fine si citano titoli di Bob Dylan e dei Beatles, che sono (scusatemi) quanto di più banale e placativo possa esistere. Questo è ancora più esplicito in “Bandiera bianca”: “Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali con tribune elettorali; a Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie (…), in quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore, ho sentito degli spari in una via del centro, quante stupide galline che si azzuffano per niente (…) E sommersi soprattutto da immondizie musicali” – per poi chiudere con una citazione dei Doors.

Ma passiamo ai testi poetici. Per esperienza personale, chi scrive produce spesso testi per i quali non ha una melodia, ma solo una nenia, un incedere nel cuore e nell’anima, una forza a declamare, più che a cantare. “La cura” è uno di questi testi. Quasi l’intera produzione di Ivano Fossati nasce in questo modo, mentre quella di Paolo Conte è esattamente l’opposto. Solo Gaber e De André, nella storia della musica VERAMENTE d’autore, riuscivano a trovare un punto di sintesi tra un testo apertamente poetico e l’attesa per una melodia che giustifichi, di fronte al mondo, l’esistenza di quel testo in quanto scolpito in una canzone.

Avendo scoperto queste due cose, mi sono accorto che la sua produzione con Alice, in realtà, è una produzione “per” Alice, che dev’essere una pazza scatenata, difficilmente gestibile. Le canzoni per lei hanno salti di note più “banali”, ma salti di ritmo, probabilmente perché si tratta di una qualità della cantante che vale la pena sfruttare. E poi ho trovato questo disco, che contiene persino canzoni del primo periodo, quello in cui Battiato era sconosciuto, suonava musica altezzosa, cercava di essere l’opposto esatto di Frank Zappa, pur assomigliandogli, e quindi rende più comprensibile l’intero percorso fatto dall’autore fino a quel momento degli anni 80, quando la fama e la ricchezza erano già arrivate, ma non avevano ancora cancellato il passato. Ascoltatelo, e troverete un Battiato che non conoscevate, e che forse, più di quello successivo, ha meritato un posto nella storia della musica italiana.

 

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CAT: Musica

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