La musica bisestile. Giorno 89. Placebo
BLACK MARKET MUSIC
Kerstin ed io abitavamo a Zurigo e lavoravamo alla Wochenzeitung. Per lei era il primo trasloco lontano da dove era nata ed era piuttosto infelice, per me era come tornare a casa, ed ero particolarmente creativo, dato che, per la prima volta, mi era stata data carta bianca e scrivevo non solo di inchieste finanziarie, ma facevo anche reportage e recensivo musica – per cui, quando arrivarono i Placebo in Svizzera, colsi la palla al balzo e noi due decidemmo di “scappare” con il pullmino rosso del giornale (che faceva i 110 solo in discesa e surriscaldandosi) ed andare a sentire Molko & Co. a Ginevra, affrontando 700 km (tra andata e ritorno) in un’unica giornata. Eravamo proprio giovani.
Non so per quale motivo ci fermò la Polizia subito fuori Zurigo, e ci trattarono veramente da clandestini. Specialmente Kerstin venne ripetutamente minacciata, e sembrava che da un momento all’altro qualcuno di quei poliziotti potesse metterle le mani addosso: Kerstin non aveva con sé altro se non la patente e pochi Franchi Svizzeri, per cui volevano accusarla di chissà cosa, ed alla fine io, che stavo per impazzire dalla rabbia, misi in mezzo il giornale, di modo che quei deficienti la smettessero prima che qualcuno commettesse qualche grossa fesseria. Dieci minuti dopo, in sella e sparati nel cuore d’Argovia, la cosa ci faceva ridere. Eravamo giovani, appunto.
Il viaggio fu allegro ed interminabile, in tasca quasi nulla, il pomeriggio caldo e sognante come quella volta, poche settimane prima, in cui c’eravamo seduti in riva al Reno ad ascoltare il Terzo Canale svizzero (DRS3) che trasmetteva dal vivo un concerto di David Bowie, che aveva appena pubblicato lo stupendo “Hours”. Arrivammo in ritardo, ma il concerto non era ancora iniziato, e Ginevra è un posto piccolo, senza traffico la si attraversa in dieci minuti, dal Giardino Botanico a Frontenex o a Planpalais, ed avemmo fortuna col parcheggio. Quindi, quando la band salì sul palco, noi eravamo arruffati per il viaggio, ma in piedi, non lontani dal palco.
Da quella posizione si apprezza molto il sistema di moltiplicazione del segnale, ottenuto con il posizionamento di un microfono davanti ad ogni cassa, che crea un bellissimo effetto di delay e ti dà l’impressione che, invece di tre musicisti ed un computer, tu abbia di fronte un’intera orchestra di decine di strumentisti. Chi era lì aveva amato “Pure Morning”, e non sapeva nulla del nuovo disco, quindi, come noi, ne rimase stupefatto: per la prima ed ultima volta lo stilema della voce di Brian Molko (l’unico musicista lussemburghese che abbia mai sentito suonare) e la sua ponderosa chitarra ritmica, a metà tra il country e gli U2, era gonfio, maturo, ma non ancora noioso.
Dopo “Black Market Music”, sinceramente, sui Placebo ci ho messo una croce, non vale la pena di ascoltare null’altro, ciò che avevano da dire l’avevano oramai irrimediabilmente detto. Fu un concerto straordinario, uno dei più belli che abbia mai visto in tutta la vita, e ci riempì di vita ed allegria, tant’é che viaggiammo quasi tutta la notte per tornare a Zurigo e restammo felici ed innamorati per tutta la settimana – e “Slave to the Wage” rimase per anni la colonna sonora degli anni belli del nostro giovane amore.
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