veneziacustica / san polo-santa croce #2 dialogo con artigiani del legno

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24 Aprile 2020

{ Camminando per Venezia }

A.L

Sto per intrufolarmi, di nascosto, in un palazzo veneziano “impacchettato” da ponteggi, tubi innocenti, con operai che salgono e scendono scale, scalette, per cercare di capire da questi artigiani qualcosa in più su questa città acustica…

Venezia l’ho sempre interpretata come una sorta di grandissimo strumento musicale, proprio perchè la musica, dopo il Novecento, può essere fatta anche dal suono di chi batte un chiodo, e quindi oltre ai violini e ai violoncelli si possono utilizzare tutti i materiali sonori del mondo. E Venezia, rispetto alle altre città, ha la grande capacità di farti sentire i suoi suoni. Quando io, ad esempio, riascolto le registrazioni che ho realizzato di questa città mi rendo conto di quanto sia simile a un’orchestra: tra suoni di voci, ciacole, e altre cose.

Per cui l’idea di essere, in questo momento, dentro il cantiere di una casa che avrà almeno cinquecento anni e, visto che è venuto giù il contro soffitto, vedere questa intelaiatura di travi mi dà come la sensazione di essere dentro la “pancia” di uno strumento musicale, e voi, con ruoli diversi, siete di fatto i liutai che lo stanno rimettendo a posto. È un approccio totalmente folle?

Artigiano del legno

Non l’avevo mai pensata da questo punto di vista ma non suona male!

Architetto

Volendo rimanere in questa metafora sicuramente c’è un’attenzione di questo tipo nel modo in cui sono strutturati gli edifici: le travi su cui gravano dei pesi, le capriate che si tirano, i muri che vorrebbero separarsi ma i contrafforti e tutti gli altri elementi li tengono insieme con delle controspinte… C’è tanto legno nella costruzione tradizionale veneziana.

A.L

È questo che mi ha stupito!

Architetto

Pensando allo strumento musicale il luogo che mi viene in mente è l’androne del palazzo veneziano: ha sempre il soffitto molto alto e magari ha pure la porta ad acqua, così senti continuamente l’eco dell’acqua del canale…

Artigiano

L’onda dell’acqua che si infrange sui gradini della porta è una cosa che scandisce il tempo, costantemente.

Architetto

Dall’androne lo senti spesso salire per le scale… Con l’idea dello strumento musicale vedo molto l’immagine di questo ambiente!

Comunque tradizionalmente c’è tanto legno, tanta calce, tanti materiali morbidi.

Artigiano

Tutto dev’essere morbido ed elastico: a Venezia si muove tutto, quindi ogni cosa deve seguire il movimento dell’edificio! Non dev’esserci qualcosa di troppo rigido perchè altrimenti arriva al punto di rottura.

Architetto

Esatto. Così certi tiranti, nel tempo, bisogna stringerli come una corda per tenere assieme l’edificio. Un punto di tensione che man mano si può modificare.

A.L

Ma è vero che è costruita tutta su palafitte tendenzialmente?

Artigiano

Assolutamente sì.

{ Musica }

A.L

Però l’idea che un grande palazzo, come il Ducale o quello in cui ci troviamo adesso, abbia per fondamenta dei legni è sorprendente. Come funziona?

Architetto

Sono pali che vengono conficcati uno sopra l’altro (si dice che sotto la Salute ci siano mezzo milione di alberi!) fino a creare una sorta di basalto artificiale molto compatto nel fango…

Artigiano

Io non ne ho viste molte di fondamenta perchè di solito lavoro sui piani, ma mi è capitato di vedere che sotto il Campanile di San Marco i legni sono tutti fissati uno dietro l’altro…

A.L

Nel senso che è come un pavimento: non c’è un vuoto…

Artigiano

Sì, quelli sono tutti attaccati uno all’altro. Mentre invece ho visto che a Palazzo Ducale sono posizionati uno ogni quaranta centimetri, che in una singola stanza vuol dire comunque centinaia di pali!

A.L

Nell’acqua, nella melma…

Artigiano

Nel fango, nell’argilla… bisogna vedere cosa abbiamo sotto. Non è tutta uguale Venezia! Il mio ruolo non è quello di vedere cosa c’è sotto ma so benissimo che abbiamo tante cose diverse. Può esserci sabbia, argilla, terra, e il palo dev’essere completamente conficcato finché non arriva al “buono”, in questo modo non è mai a contatto con l’aria e quindi non marcisce. Stando sempre a bagno alla fine diventa come acciaio.

Architetto

Palo e fango sono alcuni degli elementi più labili della costruzione veneziana dove tutto può muoversi senza crollare.

{ Musica }

A.L

Il vostro lavoro esattamente qual è?

Artigiano

Prendere queste travi, che hanno le teste completamente andate, e rifarle funzionare come se fossero nuove. Rimuovere quindi tutti i consolidamenti che sono stati aggiunti nel tempo per farle durare (staffe metalliche, fettoni), e ricostruire la testa della trave con una tecnica lamellare simile a quella realizzata in fabbrica, con la differenza che questa la facciamo sul posto. Usiamo delle resine più resistenti e, non potendo usare le presse, delle viti che restano anche a stagionatura avvenuta. Quindi abbiamo la possibilità di garantire che la sezione che andiamo a ricostruire avrà la stessa portata della sezione originale.

A.L

La cosa che mi ha stupito entrando nella sala grande sono queste travi lunghissime! Quanto saranno: quattro-cinque metri?

Architetto

Queste tipicamente sono di otto metri, ma dall’altro lato ne abbiamo anche di dieci.

A.L

E questi sono tutti alberi del Cinquecento?

Artigiano

Forse anche più vecchi…

A.L

All’epoca avevano degli alberi così grandi?

Artigiano

Potevano scegliere gli alberi da utilizzare. Il mastro andava nel bosco, si sceglieva l’albero, lo firmava, e se lo faceva recapitare in falegnameria.

A.L

Metteva la sua firma sull’albero?

Artigiano

Sì. Innanzitutto venivano sgrossati sul posto.

A.L

Che significa “pulirli” giusto? Togliere i rami, ecc.

Artigiano

Esatto. Poi li portavano in laguna e, una volta compiuto il lavoro in falegnameria, grazie alla firma del mastro arrivavano in cantiere soltanto i pezzi che lui aveva ordinato.

A.L

Erano degli alberi “d’autore”…

Artigiano

Erano alberi cresciuti naturalmente che l’artigiano poteva scegliere direttamente nel bosco, tagliarli con la luna giusta, con più tempo per farli stagionare, portarli a valle e lavorare. Adesso questa cosa non esiste più: alla trave si sparano delle sostanze per farla crescere come a un atleta per fargli crescere i muscoli. Oggi le venature del legno le trovi addirittura a ogni centimetro, una volta ce n’erano trenta all’interno di un centimetro! Il legno purtroppo non è più lo stesso… però il legno buono ancora esiste.

{ Musica }

A.L

È possibile che queste travi abbiano cinquecento anni?

Artigiano

Sì è possibile. Bisognerebbe fare un’analisi dendrocronologica. Il che implica una certa attrezzatura e una conoscenza molto approfondita della storia dei vari fenomeni che si sono succeduti, sopratutto della meteorologia. In base alle venature del legno si vede se quell’anno è stato più piovoso, più secco, se ci sono stati dei problemi di altro genere. Il legno ogni anno cresce di un cerchio, che può essere più o meno esteso a seconda di quanta acqua ha preso.

A.L

Anche il legno di una trave?

Artigiano

La trave prima era un albero, poi il taglio ne interrompe la crescita. Si può risalire al periodo in cui è stata tagliata ma ci vogliono una conoscenza e dei mezzi non indifferenti, non si può fare “all’acqua di rose”.

Architetto

Ogni tanto la sovrintendenza la prescrive per poter datare un tetto, soprattutto negli edifici vincolati. È una costosa consulenza…

Artigiano

Molto costosa!

{ Musica }

A.L

Quindi doveva esistere in qualche modo anche la professionalità del “cacciatore d’alberi”

Architetto

Tutto il Cadore è stato il serbatoio e il magazzino del legname veneziano. I legni più nobili venivano sistemati su delle chiatte e arrivavano asciutti in laguna, quelli da melma (per le fondamenta) invece venivano gettati nel fiume che li trasportava fino a destinazione, dopo di che venivano smistati e raccolti per essere utilizzati nelle costruzioni. Si trattava quasi sempre di larice, che è il legno prevalente qui in città.

A.L

Mi affascinava molto quello che diceva prima sul fatto che Venezia è elastica.

Artigiano

Venezia si muove!

A.L

Cosa vuol dire? Lo sono tutte le città o Venezia più di altre?

Artigiano

Molto più di altre perchè è costruita su un terreno morbido (la sabbia o l’argilla, come dicevamo prima), non sulla pietra o sulla roccia! È appoggiata su pali di legno con delle tavole di distribuzione e quindi sotto abbiamo sempre qualcosa che si muove, un edificio troppo rigido sarebbe destinato a rompersi.

Architetto

È per questo che non vedi volte a botte a Venezia.

A.L

Cos’è una volta a botte?

Architetto

Una volta a botte è come un arco estruso, un tunnel. Si racconta che i lavori dei primi architetti che costruivano qui a Venezia nel Quattrocento, alla romana o alla toscana, furono fallimentari. Perchè quel tipo di strutture ha bisogno di fondazioni molto rigide, nel momento in cui cede un lato del tunnel crolla tutta la struttura. La tradizione costruttiva veneziana implica invece un telaio che si può muovere e che permette anche all’edificio di muoversi. Ci sono dei pavimenti incredibilmente in pendenza con delle indagini statiche tutt’altro che preoccupanti! È raro mettere una biglia in un palazzo veneziano e non vederla rotolare da qualche parte.

A.L

Quindi bisognerebbe quasi preoccuparsi del contrario: se la biglia rimane ferma!

Architetto

Il palazzo deve muoversi, perchè si fonda sul fango. Questo bisogna sempre ricordarlo.

A.L

Grazie Lorenzo Pesola (architetto) e Mauro Guerini (artigiano)!

{ Suoni on the road da Venezia }

La gondola si muoveva a colpi lenti, per darle il tempo di goderne, e lei ascoltava come se fosse una rivelazione di Venezia il tonfo dei remi, che si faceva più forte e più musicalmente liquidi quando entravamo nei canali stretti.

(Henry James da Il Carteggio Aspern)

Dunque, abbiamo finito i sestieri ma le nostre puntate non finiscono qui: ci attende ancora un Gran Finale!

Ma purtroppo termina qui la nostra collaborazione con Roberto Ellero, critico cinematografico, e con i suoi preziosi suggerimenti.

{ Squilla il telefono }

Roberto Ellero, siamo a San Polo-Santa Croce, che film ci suggerisci?

Roberto Ellero critico cinematografico

ROBERTO ELLERO

Io vi suggerirei, come luogo, la Scuola Grande di San Rocco, che è dietro alla Basilica dei Frari, e il film Tutti dicono I Love You: un’operina minore ma simpatica di Woody Allen. Succede che Woody Allen è a Venezia con la figlia Djuna dopo l’ennesima delusione sentimentale. Voi sapete che Allen si è creato questa figura dell’ometto sfigato che ama le donne ma che non sempre ne è ricambiato (questo nel cinema). A Venezia viene attratto dalla figura di Julia Roberts che è una studiosa di Tintoretto e vuole a tutti i costi corteggiarla. La figlia gli rivela qualcosa sul conto di questa studiosa americana e lui riesce a trovare prima il modo di fare la sua conoscenza (in una sequenza bellissima di jogging mattutino per Dorsoduro), per poi farsi trovare nella Scuola Grande davanti ai teleri di Tintoretto. Ovviamente si è accuratamente preparato in materia così, quando incontra “casualmente” Julia Roberts alla Scuola Grande, Woody Allen sa tutto sulle pennellate, sulle esplosioni di colore, e sui chiaroscuri di Tintoretto, riuscendo a far presa sulla ragazza. C’è poi un’altra sequenza, sempre nello stesso sestiere, dove i due dialogano seduti in Erbaria, sotto i portici del tribunale. Lui sa molto sul conto di lei e porta avanti il suo corteggiamento ma, a un certo punto (siamo in uno dei posti più romantici di Venezia), Julia Roberts gli fa una confessione: gli dice che, in realtà, in quel momento dell’estate lei vorrebbe trovarsi a Bora Bora. Woody Allen, sconcertato, annuisce e le dice che Bora Bora è certamente al top anche delle sue preferenze… Riuscirà più avanti, in un’ulteriore sequenza, ad avere un bacio dalla ragazza ma poi questo amore finirà come doveva finire. E naturalmente Woody Allen confesserà che lui a Bora Bora non ci metterà mai piede!

{ Musica }

Sulle note della colonna sonora del film di Woody Allen: Tutti dicono I Love You

ringrazio i nostri ospiti di questa sesta e quasi ultima puntata: la musicologa Ellen Rosand, la mia co-curatrice di questo programma: la musicologa Giada Viviani,

l’architetto Lorenzo Pesola e l’artigiano del legno Mauro Guerini. Ringrazio ovviamente anche i giovanissimi “cacciatori di suoni” dell’Associazione Culturale VERV Venice Electroacoustic Rendez-Vous, diplomati alla Scuola di Musica elettronica coordinata da Paolo Zavagna del Conservatorio “Benedetto Marcello”, con cui stanno curando il sito http://www.venicesoundmap.eu, da cui si possono scaricare ma anche inserire dei suoni veneziani.

Potete trovare inoltre tutte le informazioni sulle musiche trasmesse, riascoltare e scaricare le puntate sul sito di Radio 3 o con l’app RaiPlay Radio.

VeneziAcustica

Tanti cari saluti da Venezia e appuntamento al Gran Finale da Andrea Liberovici! Ciao!

TAG: radio3, venezia, veneziacustica
CAT: Musica

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