Who’s Next, la perfezione del rock

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3 Aprile 2020

Il 1971 è stato un buon anno per il rock, lo ha scritto anche David Hepworth in un suo recente libro su quei 12 mesi pieni di creatività ed evoluzione.

Gli anni 60 erano finiti, i Beatles si erano sciolti e nell’aria era tangibile un misto di aspettativa e delusione, paure e slanci artistici che sarebbero finite spesso e volentieri sui solchi dei vinili del tempo.

Una delle cose che mi hanno colpito di più, ripensando a quei tempi, in cui dovevo ancora nascere, è che tutti gli attori del grande circo del rock erano diventati comprimari in un’unica affollata storia dai colori cangianti. Rolling Stones, David Bowie, Frank Zappa, Pink Floyd e Jim Morrison, tutti vennero a contatto con la difficile realtà dell’esistenza, si conobbero, si frequentarono, spesso suonarono assieme, ma soprattutto avrebbero regalato decine e decine di dischi che ancora oggi sembrano non aver perso alcuno smalto.

Ma oggi vorrei soffermarmi un attimo su uno dei dischi più belli, ovviamente secondo la mia personale esperienza, usciti quell’anno. Signore e signori, parlo di Who’s Next, uno degli album che hanno cambiato la mia vita e il mio modo di ascoltare musica.

Gli Who erano già diventati grandi, avevano pubblicato uno dei live migliori della storia (Live at Leeds) e dovevano assolutamente trovare nuove idee per sconvolgere ancor di più la loro platea di meticolosi fans, sempre alla ricerca di un nuovo riff di Pete Townshend o di un vocalizzo estremo di Roger Daltrey. In questo disco però si sente una delle più grandi band mai esistite al picco della propria forma artistica e musicale. Gli ingredienti ci sono tutti, i giri di basso velocissimi di John Entwistle, la tempesta nella batteria di Keith Moon, testi che parlano della vita ma anche della politica, a supporto della working class inglese.

 

 

Per lo stesso Townshend Who’s Next è stato un album rock semplicemente perfetto, “di più, non si poteva concepire”. Ed è davvero così, una delle incarnazioni più riuscite degli Who ha preso forma in uno degli album più belli di tutti i tempi.

Le canzoni? Beh si inizia con il sintetizzatore di Baba o’Riley, un brano che unisce rock, tecnica e spiritualità per poi passare attraverso canzoni d’amore come Bargain o Love Ain’t For Keeping, My Wife, scritto da Entiwistle, pezzi a dir poco mozzafiato come Getting in Tune, che apre il lato B. Ma sicuramente è nelle due canzoni conclusive che il disco esplode in tutta la sua epicità con due canzoni che dopo quasi 50 anni sembrano essere appena sbocciate nella loro naturale bellezza; mi riferisco a Behind Blue Eyes e Won’t Get Fooled Again. Soprattutto quest’ultima sembra godere di una bellezza sempiterna, dovuta alla presenza e ai tecnicismi di Daltrey e Townshend ma soprattutto al reparto ritmico della band, Keith e John, che riescono a regalare ai posteri un vero e proprio capolavoro di indiscussa bellezza.

Per gli Who si tratta di un punto di svolta, voltandosi indietro si poteva ancora sentire il riecheggiare del sentimento mod dell’epoca e davanti ci sarebbe stata l’esperienza di Quadrophenia e l’addio di Keith Moon. Proprio per questo, per questa forma smagliante, epica e di glorioso impatto sonoro e visivo Who’s Next non può mancare nella vostra collezione di vinili. Dovreste trovarlo molto facilmente, sia nelle vecchie edizioni che ristampato. Buon ascolto!

TAG: pete townshend, Rock, Roger Daltrey, the who, who's next
CAT: Musica

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