Come mai attorno a Renzi c’è il deserto culturale?

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13 Agosto 2015

Nessun governo di nessun Paese a maggioranza cattolica si metterebbe mai a ingaggiare una lotta senza quartiere con la Chiesa di Papa Francesco, neppure se dal Pontefice dovesse essere sinceramente e pubblicamente disprezzato, come peraltro accadde in maniera plastica e scandalosa dopo appena un anno del suo papato – era il marzo del 2014 – quando Bergoglio confezionò di buonissimo mattino il suo travolgente «Scherzi a parte», celebrando messa proprio in onore della politica italiana. S’irrobustirono dei loro migliori blazer blu, quegli sprovveduti dei nostri rappresentanti (erano quasi 500 deputati e un bel pacchetto di ministri), totalmente privi di senso comune, illudendosi che sua santità volesse davvero certificare una sorta di ossequioso rispetto per un patto antico e mai infranto, e invece vennero investiti dal suo universale disprezzo, il cui punto più lieve fu il sentirsi dare – papale papale – del “corrotto”.

«Al tempo di Gesù c’era una classe dirigente che si era distaccata dal popolo – disse proprio così Bergoglio – incapace di altro se non di seguire la propria ideologia e scivolare verso la corruzione. Il cuore di questa gente, di questo gruppetto, col tempo si era indurito, tanto che era impossibile sentire la voce del Signore. E da peccatori sono scivolati, sono diventati corrotti. È tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro, un peccatore sì, perchè il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti». (“il corrotto è fissato nelle sue cose” ci pare la definizione più impeccabile e psicologicamente profonda ascoltata da almeno un decennio).

L’atteggiamento della Chiesa di Bergoglio nei confronti della politica discende dunque da lì e da lì non sembra essersi spostato di molto. Monsignor Galantino, segretario della Cei, al di là di un certo personalismo, si è sentito assolutamente sereno nell’infliggere la pena del disprezzo a questo governo che ha definito “assente” sulla tormentata questione dei migranti e a bollare leghisti e grillisti come “piazzisti da fanfaronate da osteria”. Ma se la posizione della Chiesa Cattolica è in questo momento molto aggressiva e anche sufficientemente demagogica per acchiappare – anch’essa – un certo consenso popolare, l’elemento più misterioso è l’atteggiamento del governo, il quale a un attacco così frontale ha opposto solo una dichiarazioncella impiegatizia della vice Serracchiani, che ha definito “ingenerosi” i giudizi della Cei, opponendo i meriti sin qui acquisiti. Insomma, il confronto apparirebbe impari e onestamente non sapremmo consigliare, sull’immediato, una efficace controffensiva di governo.

Il problema, semmai, è decisamente più strutturale e riguarda solo parzialmente il rapporto di Renzi con la Chiesa di Bergoglio. Come mai, nei suoi diciotto mesi di esecutivo, il Presidente del Consiglio non è riuscito a creare un rapporto intenso con personalità della cultura, intellettuali, uomini delle scienze e delle arti, quel complesso di sensibilità che affiancano un governo nel suo procedere, e che possono puntellarlo (o meglio: stimolarlo) quando argomenti di grande delicatezza si profilano all’orizzonte, magari con una forza dirompente com’è accaduto nel caso dell’intervento della Cei? Come si fa ad accontentarsi, lo si dice qui pensando anche agli elettori, di una cosetta di bottega interna come quella della Serracchiani? E prima ancora di guardare fuori dal Pd, è evidente che c’è un problema interno al Pd, questo Pd. Molti di quelli che oggi potrebbero argomentare in profondità e dialogare con la Chiesa, stanno dall’altra parte, nella minoranza dem. È la traccia antica del popolarismo, che intendeva coniugare solidarietà e mercato, di cui non s’intravede traccia tra le fila del cosiddetto Giglio Magico. C’è esattamente un problema culturale, uomini e donne renziani non paiono attrezzati per certi temi di spessore, e quando si tratta di smarcarsi appena un po’ dai binari dell’azione di governo, dove tutti hanno mandato a memoria la lezioncina, c’è un preoccupante vuoto di sensibilità e dunque di eventuale replica politica. È il problema, questo, della futura classe dirigente del Paese.

Da questo punto di vista, Renzi ci appare molto più attivo sul versante “comodo” e profittevole del potere, quello che sta intorno ai consigli di amministrazione, alle fondazioni bancarie, a quegli snodi dove una persona di immediata abilità come lui, ma di altrettanta scarsa cultura di base, si trova certamente a suo agio. Probabilmente servirà una riflessione profonda all’interno del partito, ammesso che venga stimolata proprio dalla parte renziana e quindi molto più significativa. Farsi strapazzare dalla Chiesa in questo modo induce a pensare che non si voglia rispondere perchè sovrastati dal senso di colpa, pur avendo magari ragioni buonissime di governo per opporsi a quella semplificazione. Ecco perchè strutturarsi culturalmente come governo non solo è necessario per crescere, per allargare i propri orizzonti, ma è un dovere nei confronti dei cittadini che sono cresciuti nel sacro principio dell’autonomia. Dei poteri e delle menti.

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CAT: Partiti e politici

Un commento

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  1. marcogiov 9 anni fa

    Rimpiangiamo il cardinal Ruini che appoggiava Silvio. Purtroppo è restato solo Salvini a ricordare che va dato a Cesare quel che è di Cesare. Ogni papa nei media diventa un fenomeno, salvo essere smentito dal successore e non c’è un politico PD che riesca a mantenere una vertebra dritta davanti alla teocrazia.

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