Il grande ostacolo di Matteo Renzi

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18 Giugno 2015

Matteo Renzi sta vivendo un momentaccio: la sconfitta (simbolica e non solo) alle recenti elezioni amministrative, gli scandali a Roma e il modo in cui stanno minando la tenuta del Partito Democratico nella capitale, il caos sulla riforma della scuola e il pesante calo nei sondaggi conseguente a tutto ciò. Calo che riguarda sia l’apprezzamento nei confronti del governo Renzi sia il Partito Democratico di cui questo governo è espressione.

Il risultato è che la carica innovativa, di rottura, di Matteo Renzi si sta rapidamente eclissando (sempre che non sia già completamente andata), e l’ex rottamatore è ormai visto al pari di ogni altro politico. L’innovazione renziana, insomma, ha avuto vita breve dopo l’ingresso a Palazzo Chigi.

Oggi, è sotto gli occhi di tutti, Renzi è in difficoltà, è all’angolo. Talmente in difficoltà da andare a dire ai giornali di voler recuperare il “Renzi 1” laddove oggi c’è un “Renzi 2”, molto più tradizionale. Al di là dell’opportunità di dire cose del genere in pubblico (come facciamo a credere che un eventuale ritorno al “Renzi 1” sia genuino e non una mossa della disperazione?), è evidente come sia proprio questa retorica del “tornerò quello di prima” a sancire il momento di crisi.

Il punto, quindi, è solo uno: come si esce dall’angolo? Il panorama attorno a Renzi è di quelli desolanti: i numeri del governo al Senato sono risicatissimi, la carica che ha permesso a Renzi di andare avanti come un caterpillar pare quasi esaurita, il patto del Nazareno non tornerà, gli avversari si stanno rafforzando e l’unica cosa in cui Renzi può sperare è un appoggio di Denis Verdini (che è tutto dire).

A questo punto, pare di capire, c’è una sola cosa che a Renzi converrebbe fare: ribaltare il tavolo e andare a elezioni. Una scelta rischiosa in un momento di crisi dei consensi, ma che avrebbe una sua logica: interromperebbe il processo di logoramento che ha iniziato ad avvolgerlo, costringerebbe il centrodestra a organizzarsi con una certa fretta (e quindi attorno a Salvini, uno che per le posizioni politiche estreme che occupa non può davvero puntare al governo), bloccherebbe il processo di consolidamento che sta attraversando il Movimento 5 Stelle, che nonostante tutto è un avversario sempre più credibile.

Insomma, le difficoltà non sono poche, ma qualche mese di campagna elettorale potrebbe essere una panacea per Renzi, che in questo tipo di competizioni dà il meglio di sé e che soprattutto potrebbe mostrarsi, una volta di più, come unica scelta possibile per un elettorato che rifugge dagli estremismi della Lega Nord e dal salto nel buio che sarebbe un governo a cinque stelle. E in effetti, anche nell’entourage stretto di Renzi, si torna a parlare con una certa frequenza di elezioni politiche nella primavera 2016. D’altra parte, meglio giocarsela rischiando una sconfitta che farsi cuocere a puntino e arrivare al 2018 ridotto come uno straccio.

C’è però un grosso ostacolo tra Matteo Renzi e la volontà di tornare alle elezioni. Un ostacolo che non è, come visto, la forza di Salvini o del Movimento 5 Stelle, e nemmeno è l’opposizione interna al Partito Democratico. È un ostacolo che Matteo Renzi si è eretto da solo sul suo cammino.

Questo ostacolo è la riforma del Senato: aspetto fondamentale e grande azzardo del programma di governo renziano (impresa quasi impossibile far votare a una camera la sua stessa abolizione). Un ostacolo che si è fatto molto più elevato nel momento in cui Renzi ha accettato di votare l’Italicum (una legge elettorale valida solo per la Camera) prima della riforma del Senato.

Oggi i nodi vengono al pettine. Se davvero Renzi volesse andare al voto, dovrebbe farlo con l’Italicum alla Camera e con il Consultellum valido per il Senato. Ma il Consultellum è proporzionale puro. Il che significa, semplicemente, che trovare una maggioranza nel nostro sistema (che attualmente è diviso in tre poli) sarebbe impossibile. L’unica soluzione sarebbe un nuovo, e insopportabile, governo delle larghe intese.

C’è una via d’uscita da questa impasse? Forse sì, e cioè che Renzi spenda tutto il capitale politico che gli rimane per portare a termine, a tutti i costi, la riforma del Senato. Approvata quella, si potrà finalmente andare al voto. E dopo tanto tempo avere un primo ministro che sia espressione del voto degli italiani.

@signorelli82

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CAT: Partiti e politici

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