Italia: troppe leggi confuse sul Covid

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26 Maggio 2020

Mettiamola così: chi vive in Francia sa di poter contare sul fatto che le leggi emanate dall’Assemblea Nazionale siano comprensibili. Soprattutto in materia di Covid. La “Legge d’urgenza 290 del 23 marzo 2020 per fronteggiare l’epidemia Covid-19” è stata revisionata già qualche volta, ma è scolpita nel granito legislativo francese, dopo essere stata approvata dal parlamento.

I cento dipartimenti francesi (assimilabili alle nostre Regioni) sono quindi stati divisi in zone rosse o verdi dal Ministero della Salute, sulla base di tre indicatori epidemiologici.

Facili da capire per chiunque: i dipartimenti “verdi” devono rispettare tre criteri.
Un tasso di diffusione dell’epidemia inferiore al 6%, un tasso di occupazione dei letti in terapia intensiva da parte dei pazienti Covid inferiore al 60% e devono inoltre poter sottoporre a un tampone oro/nasofaringeo tutti gli eventuali pazienti sospettati di aver contratto il Covid. Tutti i dipartimenti che non rientrano in questo range di dati, sono “rossi”.

I dati epidemiologici sono stati raccolti dal Ministero della Salute, pubblicati il 7 maggio 2020, e verranno rettificati il 2 giugno.
Prima di quella data, i dipartimenti rossi e quelli verdi saranno sottoposti a misure di “distanziamento sociale” diverso. Solo per fare un esempio, nelle zone rosse sono ancora chiusi parchi e giardini, né sono stati riaperti bar, ristoranti e centri commerciali, mentre nelle zone verdi si può anche andare al mare.
Solo il Ministero della Sanità, il 2 giugno, potrà definire quali delle zone rosse sono diventate verdi, con la conseguenza di poter applicare al proprio interno misure più blande di distanziamento sociale.

In Francia, la discussione attualmente riguarda il fatto che alcune zone rosse potrebbero effettivamente essere già diventate verdi, prima dell’atteso 2 giugno, perché i giornalisti francesi sono concentrati a scoprire quali sono i nuovi dati epidemiologici. Ma si tratta appunto di speculazioni, perchè nessun dipartimento francese potrebbe applicare regolamenti diversi in materia di distanziamento sociale di quelli definiti dalla legge

E in Italia, invece?

I decreti emanati dalla Presidenza del Consiglio contengono anche solo la parola “dati”?

La risposta è no.

I cittadini sanno con esattezza quali sono le misure di distanziamento applicate nella propria regione?

Mah…

Ma soprattutto, qualcuno capisce con esattezza cosa c’è scritto nelle norme ormai emanate a mani larghe dal Presidente di Consiglio, i Presidenti di Regione, i Sindaci, eccetera eccetera?

No, non lo capisce nessuno.

Ma noi italiani siamo abituati a non capirci niente, perché abbiamo studiato il latino.

Sappiamo che il responso della Sibilla Cumana interrogata dai soldati prima di andare alla guerra era quantomeno oscuro…

 

Ibis redibis non morieris in bello
Basta spostare una virgola e: “Andrai, ritornerai e non morirai in guerra”, diventa: “Andrai, non ritornerai e morirai in guerra”.
Una virgola messa qui o là cambia completamento il significato di una frase, tant’è che in Italia si usa l’espressione “Ibis redibis” per indicare (cito Wikipedia) “Il caso di documenti ufficiali, circolari, decreti e leggi che risultino oscuri, ambigui, cavillosi e fuorvianti”.

Come definire altrimenti il Decreto del Presidente del Consiglio del 17 maggio 2020, intitolato: “Disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20A02717) (GU Serie Generale n.126 del 17-05-2020)”?

La sintesi fulminante del nome della legge approvata dai francesi per fronteggiare l’epidemia risalta ancora più netta sulle due righe di titolo scelto dall’Italia.
E nel decreto in questione si fa per caso riferimento a dati epidemiologici sui quali modulare la futura azione legislativa, come vorrebbe peraltro il buon senso, vista la natura dinamica e mutevole delle epidemie?

No, nel DCPM non solo non compare mai la parola “dati”, ma neanche vengono definiti i criteri in base ai quali declinare le prossime misure di distanziamento sociale.

Perché anche noi latinisti sappiamo che un’epidemia può evolversi e quindi anche le misure preventive del contagio devono farlo.

Però abbiamo un’informazione importante: le misure contenute nel DCPM saranno in vigore fino al 14 giugno, quando la Sibilla Cumana emanerà un nuovo responso.
Nel frattempo, potremo continuare tranquillamente a misurare la distanza tra ombrelloni senza troppa paura che i metri di distanza prescritti tra l’uno e l’altro cambino più di tanto.

Scherzo, naturalmente, perchè il DCPM ha lasciato la porta aperta alle Regioni, ma anche alle Province Autonome.
C’è il trucco, insomma…

 

 

Fate vobis
Sempre secondo Wikipedia, l’espressione “Fate vobis” è puro latino maccheronico, e significa: “Fate pure di testa vostra”, anche se il tempo del verbo potrebbe essere un imperativo: “Fate!”.
La presa in giro sarebbe quindi doppia: da una parte qualcuno dice agli altri: “Fate pure quello che vi pare”, indicando un totale disinteresse nei confronti delle azioni compiute dall’altro.

Ma d’altra parte, quel qualcuno intimerebbe addirittura all’altro di fare quello che gli pare, come se la totale mancanza di prescrizioni venisse addirittura coperta da un ordine: “Fallo!”.
Squisitezze di senso che solo noi latinisti (maccheronici) siamo in grado di apprezzare.

Ecco allora, però, che chiunque in Italia è capace di capire che cosa significa il comma di uno degli articoli del DCPM del 17 marzo: “Le Regioni e le Province Autonome possono stabilire una diversa data anticipata o posticipata a condizione che abbiano preventivamente accertato la compatibilità’ dello svolgimento delle suddette attività’ con l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali”.

Un “Fate vobis” all’ennesima potenza: le Regioni e le Province Autonome possono fare quello che vogliono, purché rispettino l’andamento della situazione epidemiologica – ma che vor dì? – e producano delle linee guida che rispettino le linee guida nazionali. Ancora una volta: ma che vor dì?

In realtà, sappiamo tutti che cosa significa: che le Regioni hanno già cominciato a legiferare. In Puglia, per esempio, i metri tra ombrelloni devono essere 3,4, non un centimetro di meno.
In Romagna, invece, i metri sono 4: verremo accompagnati all’ombrellone da uno steward armato dal metro della sarta, che farà un cerchio nella sabbia così da farci capire quali distanze dagli altri ombrelloni dovranno essere rispettate.

Potremmo continuare all’infinito, ma urge ricordare che anche i sindaci sono entrati a gamba tesa nella proclamazione di misure ad hoc per prevenire fenomeni perniciosi come quelli della movida, dai quali tutti ormai vogliono distanziarsi.
Il sindaco di Milano, Beppe Sala, oggi ha decretato che «Sanzioneremo il consumo di alcolici in piedi se non in luogo dedicato e definito come lo spazio prospiciente al bar».

Ancora chiedo: ma che vor dì?

Si attende però l’arrivo di 60.000 volontari della Protezione Civile che indosseranno un giubbotto indicante la loro qualifica: “Assistente civico”. Iniziativa esimia presa da Francesco Boccia, Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie nell’attuale governo, alla quale però si oppone già il Viminale che parla di “decisioni assunte, senza preventiva consultazione del ministero dell’Interno”.

Cosa faranno gli assistenti? Controlleranno i metri di distanza tra gli ombrelloni? Rispettando i criteri definiti dal DCPM o quelli delle Regioni? Separeranno solo gentilmente chi ha superato le distanze di sicurezza oppure no? E quali poteri avranno? Per fortuna, nessuno, ci è già stato detto.

Gli assistenti civici non possono dare multe né tanto meno sostituirsi alle Forze di Polizia che a loro volta controlleranno i metri di distanza tra gli ombrelloni.

Aspettiamoci quindi un’estate caliente, dove il vicino di ombrellone che si avvicinasse troppo al nostro potrebbe essere ammonito, redarguito, punito da vigilanti, poliziotti, carabinieri, eccetera.

Chi si avvicina, è perduto.

 

 

E se questa volta riderne non fosse lecito?
La tragedia non è mai tale, se impari a farci sopra una risata. La nostra specialità italiana, insieme alla pizza e agli spaghetti. Basta riderci sopra. Ma a furia di risate ci stiamo abituando ad andare in giro sotto lo sguardo armato delle nostre forze dell’ordine, che passeggiano armati nelle zone della movida e non solo.
Nelle città ormai i cittadini si stanno abituando a vivere sotto lo sguardo scrutatore di poliziotti, carabinieri, finanzieri, militari vari che probabilmente non sanno neanche quali regole devono per davvero essere applicate.

Mentre ormai gli italiani stanno interiorizzando il concetto che bisogna “vigilare” su di loro, perché potenzialmente disubbidienti.

Ma chi vigila sui vigilanti, che ormai si moltiplicano a un tasso esponenziale?

E soprattutto chi vigila sull’enorme e confusa produzione legislativa, nazionale e locale, che ha come unico fondamento quello del rimando ad altre norme prodotte dal Presidente del Consiglio, le Regioni, eccetera?

Ma soprattutto, che fine hanno fatto i dati sull’epidemia? A che punto è la notte, insomma?

 

 

Sentinella, quanto resta della notte?
La risposta biblica è nota: “La sentinella risponde: “Viene la mattina, e viene anche la notte. Se volete interrogare interrogate pure; tornate e interrogate ancora”.
Un altro “Ibis redibis”.

Ma per dirla tutta e dirla chiaramente: qualcuno in Italia ha calcolato quali sono i dati per Regione di contagiati, posti in rianimazione e capacità di testare i nuovi pazienti, come hanno fatto in Francia?

Il nostro governo ha definito quali sono i criteri epidemiologici sulla base dei quali ha preso le decisioni in merito alle misure del distanziamento sociale, misure che hanno tutte dei pesantissimi riverberi sull’economia italiana?

La produzione legislativa italiana tiene conto dell’evolversi dell’epidemia, quando gli organi legiferanti stabiliscono misure “economicide” come quella sulla distanza tra gli ombrelloni?

Un’economia può sopravvivere alla mazzata di leggi e leggine che vogliono regolare persino quando ci possiamo togliere la mascherina per bere un prosecco, seduti al tavolino all’aperto di un bar?

La risposta è no, no, no.

TAG: coronavirus
CAT: Partiti e politici

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