La situazione nazionale dopo le regionali
Il giorno dopo la tornata elettorale che ha sostanzialmente confermato il numero di regioni governate dal centrosinistra e dal centrodestra, rimanendo infatti a 5 le regioni governate dal Pd e i suoi alleati civici, ossia Abruzzo, Puglia, Campania, Toscana e Marche, e a 2 quelle governate dalle coalizioni di centrodestra ossia Veneto e Liguria, l’analisi dei dati elettorali raccolti in queste regioni può risultare utile per effettuare un’analisi politica nazionale anche in vista delle prossime elezioni politiche che inaugureranno l’Italicum.
Comparando le proiezioni effettuate da vari istituti di ricerca e statistica, risulta che a livello nazionale attualmente il primo partito sia sempre il Partito Democratico del segretario-premier Matteo Renzi, che si attesta circa al 23%. Se preso in considerazione con il dato relativo alle elezioni europee del 2014, elezione differente avente un peso politico tuttavia diverso dalle regionali, si registra una forte diminuzione del Pd che ottenne allora il 40,8% dei consensi, restringendo così il bacino elettorale circa a quello ottenuto dai democratici con Bersani segretario.
Il secondo partito risulta essere il Movimento 5 Stelle che otterrebbe circa il 19% dei voti, registrando un risultato storico: mai il movimento di Grillo era andato così bene in un’elezione amministrativa fino ad oggi. Al terzo posto si piazza la Lega Nord ottenendo un 12,9% su scala nazionale e staccando così di quasi 10 punti percentuali Forza Italia, fermo al 10,7%.
Un buon quarto posto è quello ottenuto da Fratelli d’Italia, il partito fondato da Giorgia Meloni ed Ignazio La Russa dopo la scissione avvenuta nel 2013 dal Popolo della Libertà, che fa registrare quasi il 4% dei consensi. Subito dopo al 3,5% troviamo Area Popolare, movimento formato dall’unione del Nuovo Centrodestra e da vari partiti di centro come l’Udc, anche se quest’ultimo ha corso appoggiando il centrosinistra in alcune regioni, come ad esempio la Campania, facendo si che il dato possa in realtà subire una leggera modificazione al rialzo.
Dati alla mano, se si andasse a votare oggi per eleggere il Parlamento con la nuova legge elettorale, nessun partito arriverebbe alla fatidica soglia del 40% che automaticamente farebbe scattare il premio di maggioranza del 53% dei seggi parlamentari, costringendo così gli elettori ad un secondo turno: i due partiti che si sfiderebbero nel ballottaggio sarebbero Pd e M5S, con gli altri che si spartirebbero il restante 47% dei seggi in base alle percentuali raccolte al primo turno.
Da una parte il Partito Democratico si trova in una situazione potenzialmente complicata, dato che la vicenda degli impresentabili e di De Luca ha evidenziato il contrasto tra correnti che potrebbe lacerare il partito, dando vita ad una nuova formazione politica più a sinistra come è avvenuto in Liguria. In tale regione, oltre alla candidata del Pd Raffaella Paita, era candidato anche Luca Pastorino come espressione dell’area civatiana e sostenuto da Cofferati, sconfitto alle primaria dalla stessa Paita.
Dall’altra il Movimento 5 Stelle gode di ottima salute, avendo incrementato i consensi in modo evidente e arrivando a superare le coalizioni di centrodestra e centrosinistra in alcune regioni: in Liguria ed Umbria infatti i pentastellati sono il secondo partito più votato dopo il Pd, mentre in Campania il M5S è secondo sostanzialmente a pari merito con Forza Italia, di pochissimo superiore. Tuttavia il problema per i grillini rimane l’individuazione del futuro leader da candidare come premier alle prossime elezioni politiche essendoci diversi parlamentari di spicco che stanno attirando molto consenso su di loro, come Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Roberto Fico.
Vicende del centrodestra a parte, che ha dimostrato che laddove si è presentato unito ha saputo rappresentare una solida alternativa al Pd di Renzi ( vedi Liguria,Umbria e Campania), sarà interessante osservare come i primi due partiti su scala nazionale affronteranno le proprie vicende interne ed il periodo che ci separa dalle prossime elezioni politiche, auspicate da Renzi nel 2018 ma che, conoscendo la politica nostrana, non sia detto che possano arrivare prima.
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