2010. Solo cinque anni fa. Piena terza era berlusconiana. Sembrano passati decenni, da allora. Si parlava di sinistra allo sfascio, di regime di un uomo solo al comando, di leggi ad-personam, di olgettine e del caso-Ruby. Dopo le elezioni regionali di quell’anno, il centro-destra pare dominare il paese, e nel paese. Il favorevole risultato elettorale li vedeva governare complessivamente ben 11 regioni su 19, mentre al centro-sinistra rimanevano le consuete aree della ex-zona rossa, insieme a Basilicata e Trentino, oltre la Puglia di Vendola, unica vera incursione nel territorio “nemico”.
2015. Oggi. Piena era renziana, verrebbe da dire. Si parla di destra allo sfascio, salvo per l’altro Matteo, di regime di un uomo solo al comando, di leggi approvate contro tutti, addirittura contro una parte dello stesso Pd. Alla vigilia delle nuove elezioni regionali, il centro-sinistra pare dominare il paese, e nel paese. Il confronto tra i due principali schieramenti si presenta già impietoso ancor prima della consultazione di fine maggio: il centro-destra governa in un’unica regione, la Lombardia, mentre il centro-sinistra ne ha in mano 11. Sulla base degli ultimi sondaggi, appare chiaro che arriverà sicuramente a 15, mentre il suo principale avversario ne potrà aggiungere una, il Veneto di Zaia. Delle due rimanenti, le più incerte, è più probabile che De Luca si porterà a casa la Campania, mentre l’incertezza aleggia sulla Liguria. Non tanto per la forza dell’avversario del centro-sinistra, ma per la forte spaccatura nella stessa coalizione, divisa come noto tra Paita e Pastorino: una rivalità che potrebbe portare alla vittoria Toti, dando al centro-destra la sua terza regione.
Anche se così fosse, il risultato finale sarebbe di 16 a 3 (17 a 2 nell’altro caso) a favore del centro-sinistra. Qualcosa di davvero inimmaginabile, tornando con la mente a quel vicino lontano 2010. Un paese completamente cambiato, dal punto di vista politico, pensando poi anche allo straordinario successo del Movimento 5 stelle. Che a livello locale non sarà fortissimo, per ora, ma resta una spina nel fianco destinata forse a crescere nel futuro, anche in competizioni meno nazionali.
E a questa situazione si è arrivati (quasi) indipendentemente dal fenomeno Renzi, il cui effetto si potrà eventualmente misurare solo da queste consultazioni. E’ solamente il risultato di un altro effetto, l’effetto-pendolo: gli elettori, salvo nelle aree di appartenenza più antica, vanno prima da una parte e poi dall’altra, sperando che qualcosa cambi. Poi, visto che cambia poco o nulla, ritornano da dove sono partiti, cinque o dieci anni dopo.
Già, ma quale sarà il termine di paragone per poter parlare di vittoria o di sconfitta per l’attuale premier? Un po’ ce lo dicono i sondaggi, benché le loro profezie restino sempre un po’ deboli: ci parlano infatti, come si è detto, di un vero testa-a-testa proprio in Liguria. Se vincerà Paita avrà vinto anche Renzi, al contrario avrà perso un po’ anche lui. E tutti i commenti si concentreranno su quel risultato, per capire cosa succederà nel governo centrale.
Vedete come siamo piccini, con una visione ristretta del fluire delle cose, degli avvenimenti? Di un’epoca finita, quando pareva inarrestabile, non ne parlerà nessuno. Di un piccolo fatto marginale, che ci scorderemo tra un mesetto, ci saranno viceversa titoloni sui giornali. Sì, lo so: è la cronaca, bellezza, eccetera. Ma di storia, non si parla mai?
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