Nuova Zelanda: si abbandona la strategia Covid 0

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10 Ottobre 2021

Aveva destato scalpore, durante il 2020, l’eccezionale risultato della Nuova Zelanda nella lotta al coronavirus. L’isola, con un numero di abitanti che non raggiunge quota 5 milioni e una densità di popolazione del 18,2%, la cui media si innalza soltanto nella capitale, Auckland, era stato il primo – e probabilmente l’unico – Paese del mondo a raggiungere l’incredibile cifra di 0 contagi indigeni nello scorso anno. Per mesi, infatti, la Nuova Zelanda ha dovuto gestire soltanto casi d’importazione.

Una battaglia vinta con rigore

Per ottenere questo grande risultato, l’esecutivo di Jacinda Ardern aveva applicato da subito una politica di tolleranza 0, basata su lockdown rigido, smart working a oltranza e divieto di pressoché ogni assembramento in un Paese nel quale, data la bassa densità abitativa, queste misure parevano persino troppo rigide.

La strategia del rigore aveva pagato tanto che, mentre l’Europa e il mondo lottavano con la seconda e terza ondata, in Nuova Zelanda si poteva uscire senza preoccuparsi delle mascherine, non più obbligatorie neppure al chiuso, e con la consapevolezza di poter godere di una normativa piuttosto concessiva in termini di isolamento sociale.

Ardern aveva rivendicato il suo successo in campagna elettorale, un anno fa, monetizzando la vittoria con un alto numero di preferenze elettorali. Chiariamo che quello neozelandese è uno dei governi con il maggior tasso di popolarità al mondo e avrebbe probabilmente vinto a mani basse ugualmente; eppure è innegabile che il Covid sia stato, anche a quelle latitudini, uno dei principali temi in campagna elettorale.

La vittoria però è stata effimera, perché la variante Delta ha rimescolato le carte in tavola.

Un nuovo approccio

Dati alla mano, durante la scorsa settimana, in una conferenza ad alto tasso di empatia – come tutte le altre a cui ci ha abituato – Jacinda Ardern ha dovuto ammettere che la strategia Covid zero, fino ad allora sempre difesa a spada tratta tanto dal Primo Ministro quanto dagli altri membri del suo governo, non è riuscita a fermare l’epidemia. Trainato dalla nuova variante, infatti, il virus sta imperversando ad Auckland, ove i residenti erano tornati a una vita praticamente normale, con i divieti che erano rimasti rigidi soltanto per gli spostamenti internazionali.

A causa di un focolaio esploso in agosto, nella capitale era tornato vigente il lockdown – durato 7 settimane – poiché la strategia era ancora quella dello scorso anno. I risultati, però, non hanno pagato e allora il Primo Ministro ha scelto di variare approccio. Le misure non saranno eliminate a Auckland; esse verranno leggermente allentate man mano che i casi diminuiranno e la campagna vaccinale proseguirà, abituando i neozelandesi alla convivenza con il virus. Di fatto, il Paese si allinea ora a quella che è la strategia che va per la maggiore in tutto il mondo: una immunità di gregge che consenta la prosecuzione normale della vita, indipendentemente dalle ondate di virus. A detta della premier, ora che esistono i vaccini e la campagna prosegue spedita, è consigliabile muoversi in questo modo.

“La chiusura era necessaria anche perché non avevamo vaccini; ora li abbiamo, quindi possiamo iniziare a cambiare il modo in cui facciamo le cose” ha detto Jacinda Ardern alla stampa, dipingendo il cambio di strategia come dettato da un avanzamento dell’immunizzazione. Chissà che qualcuno non leggerà in queste sue parole una sua sconfitta politica.

TAG: coronavirus, geopolitica, Nuova Zelanda, Vaccini
CAT: Partiti e politici, società

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