Complimenti sessisti, le giornaliste francesi danno la linea. E da noi?

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8 Maggio 2015

Hèlène, Lenaig, Laure, Deborah e altre trentasei giornaliste parlamentari, alcune in forma anonima «perché non c’è bisogno di aggiungere discriminazione a condizioni di lavoro già delicate». L’altro giorno hanno organizzato uno scherzetto niente male sulla prima pagina di Libération sotto il titolo «Giù le zampe», dal sapore canino in tutti i sensi. Solo che riguardava noi maschi, nel caso specifico ministri, deputati, consiglieri presidenziali, insomma l’intera guazza politica francese a cui l’altra metà del cielo dedicava pensieri per nulla lusinghieri. Impietosamente, le giornaliste avevano messo in fila tutti gli episodi, e le espressioni conseguenti, nei quali questi politici avevano forse creduto d’essere spiritosi, o addirittura galanti con l’altro sesso, finendo invece rovinosamente in una black list stampata a caratteri cubitali sul giornale con l’accusa di sessismo.

Avendo un minimo di confidenza con la volgarità dei politici nostrani, era interessante capire se i meccanismi del sessismo sono parte di un codice universale o invece racchiudono, Paese per Paese, una loro specificità. Intanto, è utile delimitare il campo di azione, in termini di età e di attitudine sessuale, e questo le nostre giornaliste lo specificano al fondo dell’articolo: «Pensavamo che il caso di DSK avesse insegnato qualcosa (…) Finché la politica resterà in grande prevalenza nelle mani di uomini eterosessuali sulla sessantina, niente cambierà». Confessato un primo doloroso smarrimento, avendo sia l’età che la vaga predisposizione sessuale indicata dalle ragazze, ho passato brevemente in rassegna le espressioni a cui sono dedito nel mio rapporto con le donne per verificare eventuali assonanze o altrettante lontananze per capire se correvo il serissimo rischio d’essere prossimamente sbattuto in prima pagina. Una pratica che consiglio anche a voi (maschi). Qui di seguito, per capirci, la serie di espressioni, atteggiamenti, azioni, che le giornaliste valutano come sessiste.

Deputato dell’assemblea francese che nella “Quatre Colonnes”, corrispondente al nostro Transatlantico, si rivolge così alle giornaliste: «Ah, ma voi battete il marciapiede, aspettate il cliente». Ecco, ho qualche dubbio che uno così possa essere plasticamente accusato di sessismo. Qui siamo, piuttosto, nel cosmo della pienissima coglioneria, dove un’anima persa non ha le condizioni minime per rapportarsi con chicchessia.

Altro episodio raccontato dalle nostre giornaliste: «Un altro (deputato) ci passa la mano tra i capelli, rallegrandosi del ritorno della primavera». Anche in questo caso, si considera che la pirlaggine monumentale di uno così, sia prevalente rispetto alla pruderie sessista che può alimentare quel gesto imbecille. In molti anni passati in Transatlantico, non mi è mai capitato di vederne uno simile, si rischiavano le mazzate probabilmente.

Al Senato francese c’è un parlamentare che si lamenta con la giornalista perchè ha messo un maglione a collo alto, preferendolo al decolleté (che lo avrebbe reso più lieto evidentemente). Ecco, qui cominciamo a intercettare distintamente quel crinale pericoloso che porta nella direzione denunciata dalle nostre croniste parlamentari. Si butta lì una frase apparentemente distratta, per mandare un messaggio chiaro.

C’è un ministro che nel corso di una visita a una fabbrica, nota come le giornaliste al seguito abbiano una specie di grambiule blu regolamentare (probabilmente consegnato all’ingresso dalla sicurezza) e che allegramente se ne esce con un “sarebbe bello che non aveste niente sotto”, c’è il consigliere ministeriale che al ritorno dalle vacanze, chiede “se siete abbronzate veramente dappertutto”. Anche commentare riesce difficile, si resta forse sorpresi che i medesimi non siano stati immediatamente denunciato.

C’è il candidato alle primarie che in mezzo a una selva di microfoni retti da giornalisti maschi, si rivolge espressamente a una donna “perché lei porta un vestito carino”. Ecco, in questo caso mi sentirei di spezzare almeno un sedano nei confronti di questo malcapitato candidato che si trova accomunato a esempi di oscenità ben superiori. Qui siamo nel campo anche banale del complimento che non offende (ne parliamo sulla carta senza aver ascoltato il tono), che forse avrebbe persino la pretesa di stare dalla parte delle donne (non si parla di tacco 12, di scollatura, di gambe, qui si dice solo “un vestito carino”).

Poi naturalmente c’è la serie di esempi infami, che vanno da “una notizia in cambio di un aperitivo”, da chi fotografa sull’aereo comune le giornaliste mentre dormono, dagli sms particolarmente imbarazzanti (qui i nostri politici sono sicuramente all’altezza dell’infamia francese), da chi giudica le giornaliste “se hanno una buona taglia di reggiseno”.

È importante l’iniziativa delle giornaliste parlamentari francesi e forse ci può insegnare qualcosa. Per esempio, a fare sistema. A mettersi insieme contro. Vale per la politica, ma i settori di intervento sono tanti. Sarebbe bello anche aprire una sessione per capire i termini della questione, i suoi confini esatti. Ma forse è una pretesa assurda, veramente da maschio. Non c’è bisogno di stabilire a tavolino qual è un complimento che non offende. Lo racconta la leggerezza con cui lo si trasferisce a una donna.

TAG:
CAT: Questioni di genere

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