Roma e Lazio, il derby dell’antisemitismo continua nel Giorno della Memoria

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27 Gennaio 2015

“27.1: sei milioni di romanisti”.

La scritta, che fa ovvio  riferimento ai sei milioni di ebrei morti nei campi di concentramento nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, appare proprio nel Giorno della Memoria sul muro di un liceo romano, a Monteverde.

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Niente di nuovo se si pensa a quanto sia vivo tuttora l’antisemitismo nella capitale, tanto da arrivare a trasformare anche una tragedia come l’Olocausto in sfottò calcistico.

Se è vero, infatti, che la scritta di oggi porta la firma biancoceleste (UL che sta per Ultras Lazio), va anche ricordato che l’offesa agli ebrei è oramai una caratteristica comune a entrambe le tifoserie, che sono riuscite a farne un elemento di scontro verbale, dando vita negli anni a un triste derby capitolino, parallelo a quello giocato due volte all’anno all’Olimpico, in cui in palio c’è il primato cittadino dell’antisemitismo.

La cronologia dei fatti si può ripercorrere, a ritroso, fino ad arrivare alla seconda metà degli anni novanta. È allora che la tradizionale divisione di orientamento politico tra le due curve romane (a sinistra quella giallorossa, a destra la biancoceleste) si è persa definitivamente, mentre le frange di estrema destra hanno acquistato una visibilità sempre maggiore a discapito della maggioranza dei tifosi che affolla gli spalti.

Nel novembre del 2013, nel quartiere Monti e in altre vie della capitale compaiono degli adesivi raffiguranti l’immagine dell’adolescente ebrea tedesca, simbolo della persecuzione attuata durante il nazismo, con addosso la maglia della Roma.

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Si tratta dell’ennesima provocazione giocata tra laziali e romanisti per determinare quale, tra le due tifoserie capitoline, sia quella “più ebrea”.

Il giochino va avanti da anni, indisturbato. Il 26 maggio del 2013 all’Olimpico si gioca la finale di Coppa Italia tra la Roma e la Lazio. I biancocelesti vincono sul campo, con una rete al 71′ di Lulic. Ma a fare notizia è anche uno striscione esposto in curva nord, rivolto ai rivali cittadini: “La storia è sempre quella, sul petto vuoi la stella”.

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Il doppio senso si gioca sulla confusione tra la stella d’argento che i romanisti avrebbero potuto cucire sulle proprie maglie in caso di vittoria (per le dieci Coppe Italia vinte) e quella gialla, di David, che marchiava il popolo ebraico durante la persecuzione nazista. Negli stessi giorni, altre scritte di pari tenore appaiono nelle strade della Capitale: “Romanista ebreo”, “Ecco la tua stella”.

I romanisti non si scompongono, ma rispondono a tono, un paio di mesi più tardi. È il 22 luglio e si festeggia l’86esimo compleanno della As Roma. I supporter giallorossi colgono l’occasione per imbrattare i muri del quartiere Testaccio, tra via Zabaglia e piazza Santa Maria Liberatrice, con scritte antisemite: “SS Lazio Juden”, “Anna Frank tifa Lazio” e “Laziale sionista”, tra le tante.

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In nome della discriminazione, razziale o religiosa, talvolta si superano anche le differenze di fede calcistica. E dai semplici slogan si passa anche alle vie di fatto. È il caso della aggressione congiunta ai danni dei tifosi del Tottenham Hotspur, la squadra degli ebrei di Londra, compiuta in un pub di Campo de’ fiori nel novembre 2012 alla vigilia di un match di Europa League [1].

A chi si interrogava sul movente del raid, il giorno dopo, in occasione della partita con gli inglesi, la curva nord dell’Olimpico fornisce un suggerimento, intonando il coro “Juden Tottenham, juden Tottenham”.

Coro cantato nuovamente qualche giorno dopo, durante una partita di campionato con l’Udinese, ma con una leggera variante, dove “As Roma” sostituisce “Tottenham”. La sostanza non cambia.

Se poi si va più indietro nel tempo, gli esempi si sprecano.

Da ricordare è lo striscione esposto dai romanisti nel gennaio 2006, in occasione della gara tra Roma e Livorno: “Lazio-Livorno: stessa iniziale, stesso forno”.

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O quelli della curva Nord in occasione dei derby del 2001 (“Squadra di negri, curva di ebrei”) e del 1998 (“Auschwitz la vostra patria, i forni le vostre case”).

Quello che risulta difficile è individuare con precisione dei gruppi a cui l’ondata più o meno recente di antisemitismo può essere ricondotta.

Una decina di anni fa il Viminale sottolineava che:

Per quanto riguarda le tifoserie di estrema destra, particolare cenno meritano quelle della Roma e della Lazio per il loro stretto legame con il movimento di estrema destra romano (…) L’infiltrazione di Base Autonoma all’interno delle due curve ha contribuito a superare la storica rivalità tra le due tifoserie, i cui aderenti, oramai uniti dal medesimo orientamento politico, sono soliti partecipare anche ad iniziative di piazza.

Da allora nelle due curve dell’Olimpico, e nell’ambito del movimento ultras, sono cambiate molte cose. Ma semi sparsi stanno dando oggi i propri frutti. Un anno fa, il presidente della Federazione Italiana Maccabi e consigliere Ucei Vittorio Pavoncello affermava che “nelle curve della Lazio e della Roma c’è un virus di razzismo e antisemitismo difficile da debellare”.

In un altro rapporto del Viminale, datato novembre 2013, si sottolineava il ruolo ampiamente maggioritario dell’estrema destra nelle curve italiane. Inoltre si evidenzia come, sotto l’aspetto della discriminazione razziale, “le tifoserie che più si sono messe in evidenza sono quella della Lazio, seguiti dalle tifoserie di Juventus e Roma”.

Interessante, per capire l’evoluzione politica nelle due curve romane, è anche un articolo pubblicato da DinamoPress nel luglio 2013, poco dopo la comparsa delle scritte antisemite sui muri di Testaccio:

La curva Nord laziale, da sempre (e giustamente), è oggetto di inchieste, denunce, dibattiti sul rapporto tra tifo, destra neofascista e affari. (….) Questo scenario inquietante, negli ultimi anni, è stato incrinato, coraggiosamente, da diverse prese di posizioni ed esperienze di molti tifosi comuni, stanchi dell’equiparazione laziale-fascista. (…)  Non parliamo certo di una conversione politica, ma di un atteggiamento dettato da ragioni tattiche e di interessi.

A fronte di queste fibrillazioni del campo laziale, nel mondo romanista si è assistito a una sostanziale sottovalutazione dei mutamenti politici e culturali del tifo ultras. In molti casi si è creduto, in buona fede, che la storica collocazione “a sinistra” di gran parte del tifo giallorosso bastasse di per sé a difendersi dalla deriva neofascista della curva. Altri, in modo molto meno ingenuo, hanno deciso di girarsi dall’altra parte, quando una nidiata di gruppi esplicitamente fascisti conquistavano l’egemonia in curva e nell’immaginario ultras.

L’impressione è che, in fin dei conti, tra i gruppuscoli protagonisti dell’antisemitismo romano, pur divisi nel tifo, ci sia sempre meno distanza: si scherza, ci si prende in giro, ma il nemico vero è uno solo, comune.

@carlomariamiele

 [1] Per quel raid sono stati condannati due tifosi romanisti, accusati di aver agito insieme a supporter laziali.

TAG: anna frank, antisemitismo, calcio, Giornata della Memoria, lazio, Roma, ultras
CAT: Roma

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