Tiresias vive

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1 Dicembre 2021

ROMA. Nello spettacolo Tiresias, diretto da Giorgina Pi per Bluemotion (formazione nata nel contesto politico-artistico dell’Angelo Mai), ci sono due o tre aspetti che colpiscono fortemente e distintamente: anzitutto la meravigliosa qualità poetica del testo del(la) poeta, rapper, performer dall’identità di genere non binaria Kate Tempest (“Hold your own/resta te stessa”, traduzione di Riccardo Duranti); quindi la straordinaria e matura capacità interpretativa di Gabriele Portoghese che, di spettacolo in spettacolo, si conferma come una presenza singolare e interessantissima nel panorama teatrale del nostro paese; infine, nella costruzione materiale dello spettacolo, l’ingrediente della musica o meglio di ciò che la regista, con bella e consapevole lucidità, definisce “dimensione sonora ed echi musicali” e che è bene considerare a partire da questa definizione nient’affatto casuale. Tiresia è un dj che ci ammalia coi suoi vinili e noi sappiamo che è antichissima saggezza lasciarsi ammaliare. Tiresia però è più, infintamente più, della somma delle sue parti. È un vate Tiresia, è il vate. Tiresia è un ragazzino ombroso, un quindicenne goffo e tenerissimo che si smarrisce nei suoi stessi sogni e si trasforma: il mistero dell’essere lo rapisce, lo trasforma nel radicalmente altro che ci mette di fronte alla nostra essenza. Ora Tiresia è una ragazzetta, è una giovane donna che esplode e si dilata nell’intelligenza dell’amore, una donna forte che, politicamente «crede nel diritto di fare le cose storte». Infine Tiresia è di nuovo un uomo, invecchiato però, fragile, un insegnante stanco a fine carriera, un signore che vive appartato col suo compagno, apparentemente è pacificato: un uomo semplice con un ricordo torbido, bruciante e confuso di ciò che era stato. Ma Zeus lo conosce bene, sa chi è: torna il mito col suo furore magmatico, con l’infuocata, poetica leggerezza della sua narrazione archetipica. Zeus, mentre litiga ferocemente con sua moglie Era, gli chiede aiuto: «chi gode di più nell’amore, l’uomo o la donna? La donna – risponde Tiresia -. Molte volte di più la donna». Del resto egli lo sa bene, lo ricorda, confusamente, ma lo ricorda, ha vissuto da donna la potenza ancestrale d’amore. Era è sconfitta nello scontro dialettico con Zeus, però tremenda e feroce strappa a Tiresia il bene fisico della vista. Zeus non può farci nulla: non può annullare quella terribile vendetta, non può ridare la vista al suo amico Tiresia, ma gli concede la visione interiore, la visione della verità profonda ed eterna delle cose e il bene della profezia. Può vedere ciò che veramente è stato e ciò che sta per essere.

È teatro di poesia, denso di senso e sensi, denso di significazioni e domande, di forza e delicatezza. La dimensione sonora è centrale in ogni segmento dello spettacolo e accoglie cambiamenti e cambi di prospettiva, riempie ogni gesto e parola di vita e di storia, concede spazio e strada alla vita che è sempre (e per tutti) trasformazione, migrazione, passaggio. Si percepiscono echi lontani, vuoti ancestrali, bagliori sonori e visivi: ciò che è stato e ciò che sta per essere; ciò che abbiamo registrato nella memoria e ciò che invece vive ed ha effetti in noi senza essere stato registrato, senza averci mai chiesto il permesso (la potenza del mito ad esempio) e quindi possiamo controllare, depotenziare, addomesticare. E quindi c’è il rap di Wu Tang Clan (CREAM), c’è il rebetiko greco di Markos Vamvakaris, Manos Hatzidakis e di Nena Venetsanou, c’è Bob Dylan, c’è “Babe I’m gonna leave you” il pezzo di Anne Bredon poi interpretato da Joan Baez e dai Led Zeppelin e qui suonato e cantato da Portoghese nel doppio ruolo simbolico e transitorio di maschile e femminile.

Ricapitolando i termini essenziali di questo spettacolo, per come lo ha costruito Giorgina Pi: la vertigine della poesia di Tempest, il contesto sonoro e musicale, il talento prepotente e la qualità artistica dell’attore. Non è difficile rinvenire echi e nobili ascendenze nel modo di recitare di Portoghese. Non è difficile e però può essere banale. Non importa chi ci viene in mente ascoltando e vedendo recitare questo attore: quali artisti, quali maestri, quali impasti, quali pagine delle avanguardie teatrali, quali citazioni. Rileva piuttosto percepire come questo artista sappia perdersi nei gorghi e nelle voragini della poesia che attraversa e che lo attraversa, come sappia poi fermarsi, giudizioso, consapevole, contemplativo ai bordi dei precipizi per poi magari lasciarsi ancora andare giù, pazzo d’amore e di furore artistico. Davvero una notevole prova d’attore in uno spettacolo da non perdere. Visto sabato 18 novembre 2021 sulla scena del Teatro India a Roma.

 

Tiresias

19. 20 e 21 novembre Teatro India, Roma. Un progetto di BLUEMOTION, da “Hold your own/resta te stessa” di Kate Tempest, traduzione di Riccardo Duranti. Regia Giorgina Pi, con Gabriele Portoghese. Dimensione sonora di Collettivo Angelo Mai, bagliori di Maria Vittoria Tessitore, echi di Vasilis Dramountanis, costumi di Sandra Cardini, luci di Andrea Gallo. Accompagnamento: Benedetta Boggio. Produzione: Angelo Mai/Bluemotion. Si ringraziano il Comune di Ventotene, Massimo Fusillo, Cecilia Raparelli e la Terrazza Paradiso per la collaborazione e il sostegno. Crediti fotografici: Claudia Pajevski.

TAG: Angelo Mai, Giorgina Pi, Tiresia
CAT: Roma, Teatro

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