Quali immagini dovrò conservare. E perché

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4 Giugno 2020

Avete presente i test proiettivi di Rorschach?
Per indagare la personalità di noi umani, Hermann Rorschach elaborò un metodo diagnostico che, negli anni, è finito con il diventare uno dei reattivi psicologici maggiormente utilizzati: macchie colorate o nere da interpretare.

Prima del medico svizzero ci avevano tentato artisti di chiara fama, con intenti più culturali in senso generale. Tra costoro, senza dubbio, Leonardo da Vinci e Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi (noto come il Botticelli).
Tratto l’argomento con tutti i guanti del caso per evitare mie involontarie banalizzazioni o storpiature difficilmente recuperabili; mi è sufficiente l’approccio di metafora.

Dunque, il tema: per taluni è sufficiente un’interpretazione soggettiva di ciò che vede per fondare una teoria valida per tutte le stagioni.
E allora?

Malattia, morte, Covid. Chiedete pure ai vostri contatti di fornirvi, alla luce di ciò che è accaduto in questo periodo pandemico – vero pandemonio – un commento sulla morte.

Morte come ‘strappo’ inevitabile? Morte come ‘furto con scasso’? Morte come ‘tuffo nell’assoluto’? Fine dell’angoscia di vivere? Incontro numinoso? Inizio di vera vita? La fine della morale degli schiavi? Elemento costitutivo della vita?

Dite pure loro di interrogare Heidegger, Feuerbach, Leibniz, Pascal, Epicuro, Parmenide, Eraclito. Tommaso o Agostino. Il prete della parrocchia o l’imam del quartiere. O la zia, che ne ha viste molte…

Che si tratti di cronisti, romanzieri, testimoni oculari – i vostri contatti – percepiranno l’insolita domanda, a seconda della sensibilità, come mancanza di pudore, sfacciataggine, inutile controversia, fastidiosa iattura, orpello.

Già Gadamer ci avvertiva che nella società moderna era scomparsa l’idea della morte.

Ma torniamo ai test proiettivi di Rorschach e alla suggestione delle immagini inespressive: pur volendo domare la scrittura e evitare similitudini, già paventate in premessa, cosa potremmo raccontarci di nuovo sulla morte (e in fondo su noi stessi) visionando le migliaia di figure di questi ultimi tre mesi?

Che significato potremmo dare a tutto ciò, che non valga almeno il plauso e l’encomio alla comunità della cura? Nonostante l’aggressività del virus, è riuscita a curare e a contenere la moria generale…

Dal tempo utilizzato per la pronta reazione alle immagini, di certo potremmo affermare lo shock.

Quindi?

Quindi, in generale, abbiamo poca abitudine al senso di precarietà della nostra genìa e, in particolare, nessuna capacità predittiva utile ad anticipare scenari del genere, nessuna volontà a imparare da altri come comportarsi.

Resta lo spasmo dei sanitari, il volto solcato dagli elastici delle mascherine, i frame rubati dalle ultime video chiamate ai parenti, le piazze vuote, le terapie intensive con i corpi proni seminudi, il Santo Padre e il Presidente della Repubblica unici ospiti delle architetture centenarie, la fila dei camion zeppi di bare, i carrelli della spesa, le canzoni dai balconi, qualche tricolore.

Non possono e non devono essere queste le uniche suggestioni del momento vissuto. Altre – e più decisive – dovrebbero essere le immagini custodite e con esse i rimandi, le riflessioni, le scelte non più rinviabili.

Valgano, dunque, come test proiettivi: utili tracce per ricordarci quanta nuova socialità siamo in grado di generare e quanta reazione sappiamo esprimere una volta toccati nei nostri affetti, nelle nostre convenzioni e certezze.

E ancora (e meglio): trasformare l’empatia in compassione, la politica del momento in visione utile per i destini generali, la scienza e la cura in riappropriazione della piena salute, l’economia e l’impresa in processi adattivi di crescita sostenibile per non lasciare indietro nessuno, il machismo di maniera in vulnerabilità cortese.

Concludo.

Orfeo prese parte alla spedizione degli Argonauti, assunse e superò prove enormi e grazie alla sua arte – arte, non scienza – strappò da morte certa i suoi.

Lira e canto non ci mancano e nemmeno coraggio.

Addormentiamo il drago e superiamo il verso accattivante delle sirene per riuscire a riscrivere questi primi mesi del 2020 con altri occhi e con altre interpretazioni possibili.

Sarà come scrivere sull’acqua ma almeno avremo provato un’altra narrazione, non credo più avvincente ma senza dubbio necessaria.

TAG: #Coronavirus #Covid19
CAT: società

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