Anna
Castagnoli
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Pubblicato il 28/02/2019

in: Adolescenti fuori controllo

Complimenti, davvero. È rara una riflessione così lucida sulla nostra società. Io avevo aperto gli occhi dopo la lettura de “Il bambino estraneo” di Richter, che immagino conosca, e oggi mi sembra così palese e così smaccato questo problema degli adulti nei confronti dell’infanzia e dell’adolescenza, che sono diventata contraria persino al concetto di “educazione”. [...] 
Un bambino è geneticamente programmato per imparare dagli adulti, non abbiamo bisogno di una sovrastruttura culturale nella quale un adulto “deve” educare il bambino. Il suo parallelismo tra schiavitù e infanzia, è giusto. Tra l’altro, documentato da moltissima letteratura sette/ottocentesca dove l’infanzia veniva paragonata alla ingenuità e al candore degli indigeni (una buona scusa per colonizzarla). La colonizzazione del bambino, lo scarto di superiorità (a fini di bene, certo! Ah ah) con cui l’adulto pensa se stesso rispetto al bambino, mostra bene quanto siamo ancora indietro anni luce nella nostra supposta “civiltà”. 
E bisogna aggiungere che l’infanzia sfruttata apertamente, cioè il vero bambino schiavo, dopo Dickens e la presa di coscienza occidentale dei diritti dell’infanzia (ah ah) lo abbiamo solo spostato geograficamente più lontano, per non averlo sotto gli occhi. Mi è anche venuto in mente, leggendo il suo articolo, "The Stanford Prison Experiment". Per quanto ci siano dubbi sulla validità scientifica di quell'esperienza (un'ala della scuola era stata trasformata in un carcere, erano stati affidati a due gruppi di studenti i ruoli di guardie e prigionieri, con esiti drammatici), quel test, come quello di Milgram, mette bene in valore come il solo creare un sistema di controllo dell'altro, di "etichetta" (adolescente/prigioniero/migrante, etc) porta le persone a comportarsi come il ruolo vorrebbe. Importantissima la “divisa”, l’etichetta visibile: contribuisce in modo preponderante alla depersonalizzazione, alla perdita di qualsiasi capacità di pensiero autonomo. Ci penso ogni volta che vedo, qui a Barcellona, città dove vivo, gli studenti in divisa (kilt e calzettoni alle ginocchia). 
Grazie mille.

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