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Pubblicato il 04/04/2015

in: Formare i docenti: SISS, PAS, TFA e altre amenità

Anche io sono una tirocinante TFA, scrivendo in seguito ad una serie di commenti come questa è davvero difficile non ripetere concetti già emersi con chiarezza ed efficacia. Il TFA si propone di formare noi futuri docenti, allora la domanda che sorge spontantea è "è possibile insegnare a insegnare?" Dalla risposta a questo quesito preliminare [...] dipende la legittimità o meno di un percorso di formazione di questo genere. Spesso mi sono chiesta: l'insegnamento non è forse una delle professioni che richiede prima di tutto una capacità del tutto personale, umana ed empatica di interagire con i ragazzi che può venire supportata e rinforzata semplicemente dall'esperienza sul campo? È davvero possibile imparare a insegnare? L'esperienza che ho maturato in qualche anno di insegnamento mi fa credere che non sia un mestiere tecnico ed asettico che richiede unicamente competenze e preparazione. Sono convinta che la sua buona riuscita dipenda molto anche dal carattere che si ha o si sviluppa, dal proprio apporto umano. Questo porterebbe a pensare come inutile un qualsivoglia percorso di formazione in questo senso, ma non credo che questa sia la soluzione migliore. La formazione continua in cui l'essere umano può e dovrebbe trovarsi, non fa che accrescere la sua comprensione di ciò che lo circonda e la consapevolezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità. Quindi: un grande sì alla formazione, ma come dovrebbe essere? Considerando che molti di coloro che frequentano questo genere di corsi sono lavoratori, il primo aspetto di cui mi occuperei se dovessi progettare un corso di formazione per insegnanti è quello della flessibilità in modo da non costringere i tirocinanti a abbandonare il loro impiego. Potenzierei le lezioni a distanza e on-line, ci vantiamo di essere così tecnologici ma siamo ancora lontani dall'utilizzare la tecnologia per semplificarci a vita. Va considerato inotre che sono molti i tirocinanti fuori sede e che l'avanti e indietro delirante per dover "fare presenza" rischia di attentare gravemente alla salute. Questo per quanto riguarda gli aspetti meramente organizzativi. Dal punto di vista della didattica proporrei un vero corso abilitante (significa che rende abili no?!) che si componga di incontri-simulazione di situazioni di classe, di lezioni che non diano ai tirocinanti un bagaglio teorico di informazioni ma che insegnino davvero a insegnare la propria materia ad un uditorio di adolescenti. Non va dimenticato che noi ci troviamo a spiegare concetti più o meno complessi di fronte ad un pubblico di giovani ragazzi di cui va attirata l'attenzione, stimolato l'interesse e a cui bisogna rendere chiare e intelleggibili le spiegazioni. Finché il TFA si ostinerà a proporre corsi "didattici" tenuti da docenti universitari, per quanto stimolanti non saranno mai davvero utili a livello di insegnamento superiore. Credo che le lezioni di didattica della materia debbano essere tenute da insegnanti delle superiori che si concentrino sulla condivisione di strategie e metodi per lavorare in un ambiente che è molto diverso da quello universitario. Secondo me, inotre, sarebbe interessante e formativo prevedere degli incontri in cui partecipano tirocinanti, formatori e anche alcuni studenti (che potrebbero ottenere crediti formativi) in modo che le strategie possano essere messe in atto realmente e gli studenti possano essere una risorsa utile per dare al tirocinante un feed back sulla chiarezza delle sue spiegazioni e sulla sua capacità di suscitare interesse. Per quanto riguarda il momento del tirocinio in classe, penso possa essere utile ma debba essere strutturato in modo più efficace e "sereno". Sembrerà curioso l'utilizzo di questo aggettivo, ma integrare 200 ore di tirocinio obbligatorio in classe più altrettante di indiretto con una situazione lavorativa e in generale con la propria vita, non è proprio una passeggiata. Una nota positiva è il fatto che, come ricordava il Professor Gilardoni, da quest'anno si accetta come tirocinio il servizio prestato in scuole statali e paritarie. Aggiungerei però: e quelle non paritarie? Non si tratta forse di insegnamento anche lì? I passi da fare sono molti. A cominciare dal monte ore. In Italia dobbiamo essere realistici, dobbiamo fare i conti con il fatto che, per svariati motivi, le cose non vanno mai come devono andare: il bando del TFA prevede un totale di 475 ore di tirocinio che è impensabile considerando che in due anni di esperimenti i corsi non sono mai cominciati prima di fine gennaio e la possibilità di entrare in classe quasi a marzo. Va pensato un percorso più diluito nel tempo, meno concitato che permetta ai tirocinanti di formarsi con agio, serietà e serenità, non con l'ansia di dover "totalizzare ore". Ciò detto, trovandoci in ballo, balliamo, nonostante la musica sia talvolta un po' troppo frenetica.

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