Cristiano
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Pubblicato il 28/03/2015

in: Formare i docenti: SISS, PAS, TFA e altre amenità

Sono un tirocinante della classe A037 che sta svolgendo il corso presso l'Università degli Studi di Milano. La mia esperienza ad oggi è decisamente positiva. Premetto che il mio percorso di formazione è senz’altro anomalo: ho conseguito la laurea in filosofia spinto dal desiderio di cambiare professione, dopo una laurea in legge e un'esperienza [...] decennale di lavoro come legale interno in una banca d'affari. Aver intrapreso alla tenera età di quarant'anni un percorso formativo pensato per un neo-laureato mi consente di esprimere un giudizio decisamente positivo sul percorso di formazione per gli insegnanti, soprattutto se confronto il corso TFA con la formazione post laurea ricevuta nelle mie precedenti esperienze professionali: il praticantato per l’avvocatura ed uno stage formativo presso una banca. Il praticantato per l’accesso alla professione forense è una sorta di girone dantesco, privo di linee guida e di indirizzo, totalmente rimesso alla “bontà” del titolare dello studio professionale (significativamente chiamato “dominus” in gergo). Passare mesi a fare fotocopie, code in cancelleria ed in tribunale per depositare gli atti è quanto un neo laureato deve attendersi dal suo “tirocinio”. Di formazione in senso tecnico non se ne parla neanche. Qualche fortunato riesce ad ottenere dal suo dominus – per gentile concessione - di ritagliarsi un paio di settimane di studio per la preparazione dell’esame. La maggioranza delle persone prepara l’esame studiando la sera, da solo, senza possibilità di confronto e di approfondimento con colleghi. Le cose non sono molto diverse per quanto riguarda gli stage aziendali. La mia formazione è consistita in una settimana di studio individuale in cui, in una sorta di scantinato, mi hanno dato alcuni materiali da studiare: un testo di diritto finanziario (“Profili civilistici dei contratti derivati finanziari” di F. Caputo Nassetti) e qualche centinaio di incomprensibili fotocopie in inglese, tratte da un commentario di Common Law. Impiegai qualche giorno prima di rendermi conto che di quel testo erano state fatte le fotocopie con modalità “fronte retro”, ma direttamente dal libro, senza utilizzare delle fotocopie (per cui in pratica avevo a disposizione una pagina sì ed una no del commentario). Dopo una settimana di questo intenso lavoro di formazione, ero senz’altro pronto per partecipare a conference call con legali americani e inglesi insieme ad un collega ormai prossimo alla pensione, che non parlava una parola di inglese, avendo studiato francese e latino. Racconto questi episodi per sottolineare come il percorso formativo TFA rappresenti, pur con tutti i suoi limiti, una seria opportunità per migliorare la propria professionalità. Abbiamo a disposizione tre preziosissimi strumenti di crescita: l’osservazione diretta in classe, il confronto tra pari e con docenti più esperti nei laboratori, corsi di livello universitario per approfondire la nostra disciplina. Certamente non mancano criticità e spazi di miglioramento. I corsi di “didattica della storia” e di “didattica della filosofia” semplicemente non sono corsi di didattica, per cui sarebbe opportuno cambiarne almeno il nome. Non ritengo però inutile o ridondante il dover seguire ancora corsi disciplinari. Continuare a studiare ed approfondire le proprie materie è un elemento essenziale per la formazione di un buon insegnante. Magari sotto il profilo organizzativo si potrebbe ripensare la modalità di gestione di questa parte formativa; ad esempio invece di istituire corsi ad hoc per i tirocinanti, si potrebbe dare loro la possibilità di seguire corsi universitari normali, con un percorso personalizzato per approfondire le proprie lacune o approfondire i propri interessi, dispensandoli dall’obbligo dell’esame finale ed istituendo diverse forme di verifica (penso ad un elaborato scritto, ad esempio). Un discorso a parte merita Il corso di scienza della formazione; è a mio parere molto utile ed importante, in quanto non ho avuto modo di studiare queste materie nei miei corsi di laurea. Maggiori ore si potrebbero riservare ai laboratori di tirocinio, che hanno un numero di ore decisamente limitato rispetto agli obiettivi che si potrebbero conseguire con questo tipo di strumento. I tutor coordinatori dovrebbero essere in numero decisamente superiore, in modo da poter instaurare un rapporto diretto con i tutor accoglienti e con i singoli tirocinanti. Dovrebbero essere dispensati dalla loro didattica normale in modo da poter dedicare tutto il loro tempo a questo impegnativo compito. In conclusione non si tratta di stravolgimenti ma di aggiustamenti di tiro e miglioramenti di un’esperienza che a mio avviso, andrebbe mantenuta nelle sua impostazione e valorizzata nei suoi molti aspetti positivi.

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