Francesco
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Pubblicato il 03/12/2015

in: La laurea precox non dipende dagli studenti ma dall’università

Partendo dal presupposto che mi trovo molto d’accordo sull’analisi della situazione universitaria vista dall’interno, non mi é ancora chiaro come, ciclicamente, il discorso si focalizzi sempre su questi aspetti e non sulle scuole primaria e secondaria (medie e superiori per intenderci) che, a mio modesto parere, rappresentano il vero problema. Com'é possibile "bruciare le tappe" in [...] un contesto universitario, per lo meno controverso e alquanto disomogeneo sul territorio nazionale, quando ancora prima non esiste un sistema efficace di formazione e orientamento? Non sarebbe il caso di rivedere ed uniformare, per una volta seriamente, questa prima parte di percorso? Magari ipotizzando già una prima integrazione/comunicazione/scambio con il mondo del lavoro che non sia limitata solo alle realtà di alcuni istituti tecnici (sempre che ancora lo facciano) ed un attività di indirizzamento che aiuti gli studenti nella scelta di un ambito di impiego o di un'eventuale università? Dico queste cose da "tirato in causa" perché ho 29 anni e sono a metà di una laurea triennale di primo livello alla quale ho deciso di iscrivermi ormai 2 anni fa, dopo aver una prima volta abbandonato gli studi universitari a 22 ed essere rimbalzato da un lavoro (precario/temporaneo e mal pagato) all'altro per 7 anni. Senza sconfinare troppo nel personale e per tornare sull’argomento, dimentichiamo che l’Università dovrebbe essere intesa come formazione superiore? E cioè tutto il contrario del “tanto si impara facendo a testa bassa e quello che conta é solo la voglia di arrivare”? Non escludiamo in questo caso la formazione di un pensiero critico e altresì tagliamo fuori il campo della ricerca? Si parla tanto di flessibilità, di mercato del lavoro fluido e della capacità di reinventarsi, ma per farlo bisogna assorbire competenze che valgano e queste competenze devono essere il più delle volte trasversali e questo il “fare” non sempre lo consente. Un’ educazione superiore di qualità si, e proprio per questo non può essere un “mordi e fuggi” e soprattutto l’accesso a questa formazione deve essere possibile ed utile anche fuori da canoni anagrafici legati a un vecchio modo di intendere la società ed il lavoro. In conclusione mi sento di rovesciare il discorso ed etichettare come poco utile questo approccio alla questione come un “nonno” che si limita ad un bonario rimprovero ai giovani studenti svogliati, assecondati da un lasco sistema di valutazione. Perfettamente lecito come personale punto di vista del presidente delle Cooperative, non lo é altrettanto detto nei panni del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

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