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Pubblicato il 13/11/2014

in: Il teatro dei bambini

Gentile Andrea grazie per questa riflessione. Ti parla uno che quel lavoro lo vive, che ha condotto laboratori teatrali in realtà difficilissime del territorio palermitano e della più profonda provincia, uno che è assunto, a volte, non dall'assessorato alla cultura o all'istruzione ma dall'assessorato alle politiche sociali. Il teatro fatto a scuola è un'esperienza magnifica per [...] tutti: operatori, insegnanti, genitori e. ovviamente, bambini stessi: preziosissimi fruitori e fonte di ricchezza. Sto imparando molto con loro, un percorso di crescita umana e professionale, una finestra sul mondo, una ricchezza infinita, ed è una grande gioia per me fare questo mestiere. Il teatro fatto accanto alla scuola è germe di resistenza, è coscienza critica, è coraggio, è rappresentarsi per esserci, è prendere la vita a colpi di anca. Ho visto bambini affetti da gravi carenze culturali, igieniche, affettive. Ho visto bambini affetti da forti patologie, ho visto amori sbocciare, cuori infranti, screzi e scaramucce, abbracci e sorrisi, mani che si tenevano, pugni chiusi e un paio di pedate. Ho visto genitori con le lacrime agli occhi, altri ossessi, altri inesistenti, maestre che mi fanno regali o mi inviano gli sms a Natale. maestre che mi telefonano alle dieci di sera per segnalarmi problematiche dei nostri alunni, maestre che bevono caffè e fumano sigarette, maestre che scrivono mail impacciate, maestre che mi fanno fare lezioni di storia. E' un mondo altro, è un mondo alto, è speranza, è pugno nello stomaco, è magone, è mal di testa, è ricordarsi di comprare la polverina per i pidocchi, è tornare a casa sporchi di pastelli colorati, briciole di merendine e polvere, è quella cosa che mi fa alzare la mattina anche se non ho puntato la sveglia. Tengo laboratori nelle scuole e sono un burattinaio. Ed è coi miei burattini poi che nego la maledetta esperienza dello "shhhhh" della maestra poco lungimirante che rimane con gli occhi bassi sul suo smartphone o sul suo registro: questi diavoli malefici e terribili egoisti che sono i bambini entrano immediatamente in relazione con gli altri diavoli malefici e terribili egoisti che sono i burattini. Uno scambio tra demoni tanto potente da farmi tenere i piedi ben incollati sul palcoscenico per non essere travolto. Un'energia che potrebbe spostare le montagne, che potrebbe cambiare il mondo, che mi sconvolge e mi sfianca. E quando, alla fine degli spettacoli nelle piazze della remota Sicilia, arrivano i nonni commossi a stringermi le mani con gli occhi in lacrime perché anche loro son tornati bambini, perché hanno qualcosa in più da condividere con i loro nipoti, è quella cosa che mi permette di resistere ancora, ancora un altro po', dai che ce la faccio a pagare l'affitto e chi se ne frega se non ho i soldi per la pizza. Per quanto riguarda l'aspetto meramente estetico non disdegno affatto la nuova estetica televisiva, anzi, è ponte, è accesso diretto al loro immaginario. Basta saperla usare. Lavoro molto su quegli immaginari, sulle campiture piatte e monocromatiche di Peppa Pig, sull'estetica post-glam delle Winx, sulle acconciature cyber dei manga. Basta poco a creare ponti ed evitare estetiche vecchie che sanno di stantio, quelle robe da nostalgici e attempati. Ad oggi i bambini non hanno bisogno di altri stimoli, nascono già bersagliati da informazioni, usano gli smartphone e i tablet, scelgono i programmi tv, guardano filmati su youtube. Non è più necessario, a parer mio, stimolare alcunché, quella parola, dal sapore nostalgico tanto amata dal maestro Rodari, che è "fantasia". Il mio compito, ad oggi, non è, forse, quello di canalizzare quella serie di informazioni e trasformarlo in capacità visionaria e condurre verso immaginari altri, immaginari oltre. Non è compito mio, mi chiedo, quello di renderli capaci di proiettare il potere visionario e immaginifico sulla realtà e trasformarla? Non è forse il caso che io e loro diveniamo insieme macchine desideranti?

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