Matteo
Cionini
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Pubblicato il 30/01/2017

in: Scenario, Inbox, Teatri del Sacro e quei Trecento giovani e forti...

Se i teatri fossero frequentati da molte persone, e se le persone fossero abituate a frequentare uno o più teatri a prescindere dal singolo spettacolo, perché si fidano e perché restano soddisfatti, allora ci sarebbe spazio per tutti, o almeno per tutti quelli che se lo meritano. Purtroppo i grandi teatri scelgono gli spettacoli in [...] base alle conoscenze personali, oppure in base alla sicurezza di incasso. La maggior parte dei piccoli teatri e delle cosiddette "nuove cantine" si basano su amici, parenti ed eventuali allievi delle singole compagnie. La giovane compagnia che esce dalla propria città deve per forza avere un titolo di grande richiamo, altrimenti non ce la può fare. Alcuni teatri lavorano molto bene: riescono ad affiliare un proprio pubblico, presentando cartelloni coerenti con una certa idea di teatro ed un certo livelli qualitativo, per cui le persone vanno anche "a scatola chiusa". Questi sono gli esempi da cui partire, dal punto di vista dei teatri. Dal punto di vista delle compagnie, credo modestamente che sia importante considerare il pubblico come punto di riferimento della creazione. Non il proprio egocentrico piacere e neanche il proprio genio incompreso, bensì l'equilibrio tra la propria creatività e il come questa viene percepita dagli spettatori. Se si fanno spettacoli che funzionano, gli spettatori usciranno soddisfatti. Se il pubblico non capisce e si sente ignorante, oppure se si annoia, è la compagnia a sbagliare, non certo il pubblico. Le autorità locali e nazionali, la politica, dovrebbe incentivare e promuovere la formazione e l'educazione all'arte, non disincentivarla. Ecco, secondo me con queste tre cose, forse il mercato del teatro potrebbe iniziare a funzionare davvero.

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