I, Daniel Blake: una riflessione asistematica

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18 Giugno 2016

“Finché c’è ancora un mendicante, c’è ancora mito” (Walter Benjamin). L’ Illuminismo come trionfo del razionale non è conquista della libertà.

Immagine: Ulisse per resistere al canto mortale delle sirene ordina ai suoi uomini di essere legato all’albero maestro con “lacci strettissimi”. Sconfigge il mito, ma sacrifica sé stesso, la propria libertà (Horkheimer, Adorno, Dialettica dell’illuminismo).

La razionalizzazione del welfare state ha fatto molto, ma non abbastanza. Le grandi capitali europee arrosiscono fissando le proprie periferie.

I, Daniel Blake è un film da tenere impresso nella memoria: parla di miseria, impotenza e struggente amore per la vita. La debolezza, la vulnerabilità, sono invisibili agli occhi. All’inizio de Il Grande Gatsby Scott Fitzgerald scrive più o meno così: quando incontri qualcuno sulla tua strada, ricordati che non tutti sono stati fortunati come te.

Ken Loach descrive i modi della lotta sociale contemporanea: individuale ed esangue.

Daniel è anziano, non ha famiglia o persone che si curino di lui, rimane “ai margini”, senza amore. Bisogna essere bravi, corretti oppure furbi e costruirsi la vita? A volte si, a volte non basta il più grande sforzo.

Newcastle ha il colore dello sconforto, il grigio. Il regista non da spazio alla sacralità della luce del sole.

Ad un certo punto i funzionari dell’ente assistenziale inglese dicono a Daniel, da un lato, di evitare il lavoro per via del cuore malato, dall’altro di cercare comunque un impiego per avere accesso ad una visita e ottenere il sussidio statale. E’ come salire su un tapis roulant e non riuscire più a scendere. Impotenza.

A lezione da grandi coach per imparare come si fa un CV moderno: bisogna catturare in dieci secondi l’attenzione del datore di lavoro. Fact ! Avere una frase smart con cui iniziare la bio. Fact ! Essere attractive. Fact ! Il dramma è che bisogna essere cosi.

Erasmus, Master, MBA, Business School, un anno a Londra, un anno a New York. Se li si guarda da vicino hanno poca educazione emotiva, non conoscono loro stessi, non hanno “fame di orizzonti”. I genitori arricchiti vogliono il meglio per i loro figli e avranno “il meglio”.

Daniel non sa usare un laptop, non né conosce il linguaggio. Ha sempre fatto il falegname, ha lavorato e pensato con le mani. Per la richiesta di sussidio è obbligatorio compilare questionari telematici. Chiede aiuto a giovani ragazzi che lo assistono sbrigativamente, poi “devi fare questo devi fare quello”. Al momento del clic su send manca sempre qualcosa. Abbandono a sè.

Come insegna Kafka, non si fa il proprio ingresso nel diritto, ma si è già da sempre presi in esso.

Daniel Blake è esangue.

Una grande Palma d’oro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TAG: festival di cannes, Ken Loach, Palma d'oro
CAT: Cinema

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