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Pubblicato il 22/02/2021

in: Le parole della scuola

SCRIVO QUI LO STESSO COMMENTO, CORREGGENDO GLI ERRORI DI SCRITTURA DOVUTI AL MALEFICO TELEFONINO. Sono convinto, al contrario, che uno dei più gravi problemi della scuola sia proprio questa continua proliferazione di nuove terminologie, che disorienta e priva i docenti della loro relazione diretta con il proprio lavoro, e li costringe ad usare un linguaggio [...] pieno di folli acronimi, anglicismi e neologismi ogni stagione nuovi, un linguaggio che non solo insulta continuamente la bellezza di quella lingua italiana che paradossalmente dovrebbe essere presa in cura e trasmessa alle generazioni future proprio dalla classe docente, ma si configura così come un linguaggio iniziatico che separa il docente dallo studente e dal proprio collega. Arrivano continuamente direttive didattiche astruse e lontane anni luce dalla realtà pratica che il docente vive direttamente, arrivano portandosi dietro l’imposizione di nuove terminologie, acronimi, volgari e diseducativi. I docenti non hanno mai spazi di confronto diretto sulla didattica, perché si devono continuamente confrontare con l’oltraggio di direttive che arrivano dall’alto da sedicenti pedagoghi lontani anni luce dalla realtà della scuola, e che non apportano nulla di positivo, anzi!! Anche perché, giocoforza, l’adeguamento alle ridicole e sempre nuove direttive didattiche che arrivano dall’alto, si riduce sempre alla fine ad un’adesione solo burocratica, in cui si utilizzano terminologie che di fatto poi non cambiano di una virgola la pratica del docente, il quale invece ha bisogno di formare il proprio metodo nel contatto diretto con i ragazzi, e che, nel fare questo, non riesce ad avere spazi reali di confronto con i propri colleghi – gli unici con cui dovrebbe veramente confrontarsi – perché questi spazi sono colonizzati dal proliferare virulento di tali nuove terminologie imposte astrusamente dall’alto, senza alcun contatto con la reale didattica. Come se non bastasse, dall’alto arrivano anche orrori come i test invalsi, che escludono la disabilità e riducono l’insegnamento ad una brutta barzelletta che non fa ridere proprio nessuno, e che corrispondono all’ingiuria dei test preselettivi nei concorsi, con cui i candidati a formare la classe docente del futuro, prima ancora di essere valutati per la loro preparazione, vengono selezionati sulla base dell’adesione mentale ad una logica assolutamente arbitraria e priva di legami con l’insegnamento e di qualsiasi profondità critica: l’unico obiettivo possibile di questi assurdi test preselettivi sembra essere quello di selezionare una classe docente in partenza conforme a modelli mentali assolutamente gretti ed inadeguati. Se i test invalsi hanno la funzione di fornire strumenti di valutazione univoca a livello nazionale e internazionale del lavoro dei docenti, basati però su premesse inaccettabili per una scuola inclusiva e efficace, analogamente i test preselettivi dei concorsi risolvono il problema selezionando alla base i possibili docenti non sulla loro preparazione ma sulla loro forma mentis, che deve essere conforme a livelli di presunta oggettività estremamente inadeguati e inaccettabili, il che poi corrisponde ai percorsi predisposti dal MIUR e da INVALSI per l’anno di formazione dei neo-docenti, che avviene su una piattaforma in cui, anche, questi malcapitati sono costretti, con la stessa logica dei test, ad adeguare le proprie risposte a un pensiero gretto e limitato, che convoglia la formazione dei docenti in parametri inefficaci e controproducenti, privi di qualsiasi spessore critico ed umanistico, ed oltretutto anche segnati dall’ignoranza di chi prepara questi percorsi. Ho potuto verificare, pochi anni fa, aiutando una collega, che in un testo della piattaforma per la formazione dei neo-docenti, un testo approvato solennemente da INVALSI e MIUR, erano presenti una quantità di errori di sintassi che se fosse stato scritto da uno studente avrebbe comportato un’insufficienza grave: questi sono i testi prodotti dai grandi professori pedagoghi che decidono chi devranno essere i docenti del futuro!! Degli ignoranti praticamente, che non sanno scrivere in italiano, Costoro parlano sempre a gran voce di disabilità ma poi producono ed impongono test a risposta obbligata che escludono alla radice il disabile. Che poi, anche su questo termine, questo sì, ci sarebbe davvero da discutere, perché LA DIVERSA ABILITA’ è una qualità di ognuno di noi, di tutti, e la caratteristica fondamentale che una scuola umanistica e critica deve riconoscere e valorizzare: la scuola non dovrebbe fare altro che insegnare ad ognuno come armonizzare la propria diversa abilità nel gruppo classe, come prototipo esperienziale di quelli che saranno i gruppi di lavoro della vita adulta, o della società stessa. Tutto questo è completamente disintegrato dai test a risposte obbligate, che pretendono una visione univoca, in cui si impone la scelta con una croce tra un numero limitato di risposte possibili, spesso tutte inadeguate, e in cui la complessità della risposta soggettiva non ha nessuno spazio possibile. Sembra di assistere all’imposizione ai docenti di un nuovo analfabetismo, ottenuto attraverso la privazione del linguaggio, del confronto, e del pensiero critico. Per capire come le questioni poste dall’articolo che sto commentando siano ipocrisia pura, basti pensare che si disquisisce sul fatto se sia meglio dire “Dirigente scolastico” o “Preside”, facendo finta di non sapere che questa figura, in qualsiasi modo la si voglia chiamare, è nella scuola degli ultimi anni costretta a gestire non una scuola, ma più istituti contemporaneamente, e spesso istituti comprensivi di più scuole di diverso ordine e grado, con sedi dislocate in punti distanti della città: il preside o dirigente che dir si voglia, nella scuola delle nuove terminologie, non ha più la possibilità pratica di gestire veramente le realtà differenti che gli sono affidate, e, nel quotidiano della vita scolastica, è ormai scomparso come figura, inarrivabile e irraggiungibile; il suo lavoro viene di fatto svolto da docenti che si prodigano in sua vece, facendo quello che sarebbe il suo lavoro, senza però avere né un corrispettivo economico adeguato né una formazione adeguata, né una figura idonea. Ma i grandi pedagoghi preferiscono disquisire su quale sia il termine migliore per definire una figura fingendo di non sapere che questa figura viene umiliata e cancellata dall’evoluzione del sistema scuola in Italia, che poi non di evoluzione ma di involuzione di tratta. Basta vedere come sia crollato a picco negli ultimi decenni il livello di formazione degli studenti, per responsabilità di una élite direttiva di grandi pedagoghi che inventano sempre nuove terminologie e parametri ma dimenticano la sostanza delle cose, e soprattutto cancellano il ruolo centrale del docente nel pensare e ripensare il sistema scuola. L’esempio più tragicomico è quello delle indicazioni per le valutazioni, che si arricchiscono ogni anni di nuovi sistemi e descrittori, per comprendere i quali noi docenti siamo costretti a fare ogni anno riunioni su riunioni, tempo buttato via, visto che poi, giocoforza, tutto si ridurrà sempre ai soliti voti da 4 a 10 del libro Cuore, oltretutto interpretati sempre e comunque, giocoforza, in modo arbitrario da ogni docente. Non ci si inventa nulla nella scuola da molto tempo, se non di negativo. Se c’è un vero problema che abbiamo ereditato dalla scuola più antica, quella che ancora dava valore all’umanesimo critico e non era una succursale della psicologia, questo è la sopravvalutazione del voto, o giudizio che dir si voglia (o come cavolo vi va di chiamarlo). I veri problemi, di cui si dovrebbe assolutamente parlare tra docenti, bypassando le idiozie che arrivano dai ministeri, non sono mai contemplati dai pedagoghi ministeriali, che, con i loro continui neologismi volgari e controproducenti, seguono percorsi mentali al limite dell’inutile. A loro non interessa riformare una scuola sempre più deficitaria ed inadeguata alla società, a loro basta che noi usiamo parole come POF, PTOF, DAD, BES, DSA, e altre parolacce brutte, inutili e schifose, che fanno vedere quanto loro sono gagliardi e aggiornati. Questi termini segnano i parametri di un linguaggio iniziatico per accedere al quale bisogna necessariamente obnubilare la proprie presenza critica ed umanistica. Insomma, l’unica cosa che la pedagogia dell’INVALSI, dei test PRESELETTIVI, delle PIATTAFORME per la formazione dei neoassunti, degli acronimi, degli anglicismi, dei neologismi,, ripeto, scusatemi, l’unica cosa che tutta questa merda pedagogica (SCUSATE L’EUFEMISMO MA LO TROVO MENO VOLGARE CHE PARLARE DI PTOF O DI “ESAMI DI STATO”) assicura è quella di far diventare il docente una persona paralizzata mentalmente, conformizzata al nulla di una pedagogia controproducente, priva di reali strumenti utili ad includere le diverse abilità di ogni singolo discente: il perfetto automa per una società sempre più disumanizzata e gerarchizzata, per una scuola pensate in modo da preparare a tutti noi e ai nostri figli un futuro di tristezza e violenza. Grazie!! P.S. Le attività didattiche andrebbero fatte cominciare, come un tempo, quando il caldo è finito, ovvero il 1 di ottobre, anche perché – forse chi è al ministero non lo sa - le scuole non hanno le tende.

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Pubblicato il 22/02/2021

in: Le parole della scuola

Sono convinto, al contrario, che uno dei più gravi problemi della scuola sia proprio questa continua proliferazione di nuove terminologie, che disorienta e priva i docenti della loro relazione diretta con il proprio lavoro, e li costringe ad usare un linguaggio pieno di folli acronimi, anglicismi e neologismi ogni stagione nuovi, un linguaggio che non [...] solo insulta continuamente la bellezza di quella lingua italiana che dovrebbe essere presa in cura proprio dalla classe docente, ma diventa un linguaggio iniziatico che media e separa il docente dallo studente e dal proprio collega. Arrivano continuamente direttive didattiche astruse e lontane anni luce dalla realtà pratica che il docente vive direttamente, arrivano portandosi dietro l'imposizione di nuove terminologie, acronimi, volgari e diseducativi. I docenti non hanno mai spazi di confronto diretto sulla didattica, perché si devono continuamente confrontare con l'oltraggio di direttive che arrivano da sedicenti pedagoghi e non apportano nulla di positivo, anzi. Anche perché, giocoforza, l'adeguamento alle ridicole e sempre nuove direttive didattiche che arrivano dall'alto, si riduce ad un'adesione burocratica a terminologie che non cambiano di una virgola la pratica del docente, che ha bisogno di formarsi il proprio metodo nel contatto diretto con i ragazzi, e che, nel fare questo, non riesce ad avere spazi reali di confronto con i propri docenti - gli unici con cui dovrebbe veramente confrontarsi - perché questi spazi sono colonizzati dalle nuove terminologie imposte astrusamente dall'alto, senza alcun contatto con la reale didattica. Come se non bastasse, dall'alto arrivano orrori come i test invalsi, che esludono la disabilità e riducono l'insegnamento ad una brutta barzelletta che non fa ridere, e che corrispondono all'ingiuria dei test preselettivi, con cui la classe docente del futuro viene selezionata alla base, sulla base dell'adesione ad una logica assolutamente arbitraria e priva di legami con l'insegnamento, prima ancora di verificarne la preparazione: l'unico obiettivo possibile di questi assurdi test preselettivi sembra essere quello di selezionare una classe docente in partenza conforme a modelli mentali assolutamente privi di spessore critico ed umanistico. Se i test invalsi hanno la funzione di fornire strumenti di valutazione univoca a livello nazionale e internazionale del lavoro dei docenti, basati però su premesse inaccettabili per una scuola inclusiva e efficace, i test preselettivi dei concorsi risolvono il problema selezionando alla base i possibili docenti, prima di valutarne la preparazione, proprio sulla loro forma mentis, che deve essere conforme a livelli di presunta oggettività estremamente inadeguati e inaccettabili, il che poi corrisponde ai percorsi predisposti dal MIUR e da INVALSI per la formazione dei neodocenti su una piattaforma, anche qui costretti, con la stessa logica dei test, a adeguare le proprie risposte a un pensiero gretto e limitato, che convoglia la formazione dei docenti in parametri inefficaci e contgroproducenti. Ho potuto verificare, pochi anni fa, aiutando una collega, che in un testo della piattaforma per la formazione dei neodocenti, un testo approvato da INVALSI e MIUR, erano presenti una quantità di errori di sintassi che se fosse stato scritto da un allievo avrebbe comportato una insufficenza grave: ma questi sono i testi prodotti dai professori che decidono chi deve essere il docente del futuro. Che parlano di disabilità e poi producono test che escludono alla radice il disabile, che poi anche su questo termine, questo sì, ci sarebbe davvero da discutere, perché LA DIVERSA ABILITA' è una qualità di ognuno di noi, di tutti, e la scuola non dovrebbe fare altro che insegnare ad ognuno come armonizzare la propria diversa abilità nel gruppo classe, come prototipo esperienziale di quelli che saranno i gruppi di lavoro della vita adulta, o della società stessa. Tutti questo è disintegrato dai test a risposte obbligate, che pretendono una visione univoca e la scelta con una croce tra un numero limitato di risposte possibili, spesso tutte inadeguate. Sembra di assistere all'imposizione di un nuovo analfabetismo ai docenti, che sono privati del linguaggio, del confronto, e del pensiero critico. Per capire come le questioni poste da questo articolo siano ipocrisia pura, basti pensare che si disquisice se è meglio dire "Dirigente scolastico" o "Preside", ma non ci si rende conto che questa figura è nella scuola degli ultimi anni costretta a gestire non una scuola, ma più istituti contemporaneamente, e spesso istituti comprensivi di scuole di diverso ordine e grado, con sedi dislocate in punti distanti della città: il preside o dirigente che dir si voglia, non ha più la pèossibilità pratica di gestire veramente tante realtà differenti contemporaneamente, e. nel quotidiano della vita scolastica, è ormai scomparso come figura, inarrivabile e irragiungibile; il suo lavoro viene svolto da docenti che si prodigano in sua vece, facendo quello che sarebbe il suo lavoro, senza però né un corrispettivo economico adeguato né una formazione adeguata. Ma i grandi pedagoghi preferiscono disquisire di quale sia il termine migliore per definire una figura che è stata umiliata e cancellata dall'evoluzione del sistema scuola in italia, che poi di involuzione di tratta. Basta vedere come sia crollato picco negli ultimi decenni il livello di formazione degli studenti, per responsabilitò di una elite direttiva che inventa sempre nuove terminologie e parametri ma dimentica la sostanza delle cose, e soprattutto cancella il ruolo centrale del docente nel pensare e ripensare il sistema scuola. L'esempio più tragicomico è le indicazioni per le valutazioni, che si arricchiscono ogni anni di nuovi sistemi e descrittori, per comprendere i quali noi docenti facciamo riunioni su riunioni ogni anno, e che poi, giocoforza, ssi ridurranno sempre ai soliti voti da 4 a 10, interpretati sempre e comunque, giocoforza, in modo arbitraria da ogni docente, perché questa è la natura delle cose. perché se c'è un vero problema che abbiamo ereditato dalla scuola più antica, quella che ancora dava valore all'umanesimo critico e non era una succursale della psicologia, questo è la sopravvalutazione della valutazione nel percorso didattico. I veri problemi, di cui si dovrebbe parlare tra docenti, bypassando le idiozie che arrivano dai ministeri, non sono mai contemplati dai pedagoghi ministeriali con i loro continui neologismi volgari e controproducenti, che seguono percorsi mentali al limite dell'inutile. A loro non interessa riformare una scuola sempre più deficitaria ed inadeguata alla società, a loro basta che noi usiamo parole come POF, PTOF, DAD, BES, DSA, e altre parolacce brutte, inutili e schifose, che però segnano i parametri di un linguaggio iniziatico per accedere al quale bisogna necesariamente obnubilare la proprie presenza critica ed umanistica. Insomma, l'unica cosa che produce la pedagogia dell'INVALSI, dei test PRESELETTIVI, delle PIATTAFORME per la formazione dei neoassunti, degli acronimi, degli anglicismi, dei neologismi,, ripeto, scusatemi, l'unica cosa che tutta questa merda pedagogica (SCUSATE L'EUFEMISMO MA LO TROVO MENO VOLGARE CHE PARLARE DI PTOF O DI "ESAMI DI STATO") assicura è quella di affidare la scuola ad un docente paralizzato mentalmente, conformizzato al nulla di una pedagogia controproducente, privo di reali strumenti per includere le diverse abilità di ogni singolo discente: il perfetto automa per una società sempre più disumanizzata, per una scuola che prepara un futuro di tristezza e violenza. Grazie.P.S. Le attività didattiche andrebbero fatte cominciare, come un tempo, quando il caldo è finito, ovvero il 1 di ottobre, anche perché le scuole non hanno le tende.

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Pubblicato il 19/02/2021

in: Tutti i docenti a scuola a settembre: ecco come

Approfittiamo del Covid per aleggerire un po' la scuola e migiorarne la qualità. Facciamo cominciare le lezioni il 1 di ottobre, facciamo formazione ai docenti che già ci sono, metrendoli in ruolo ed eliminando la precarietà, invece di arruolarne altri catapultandoli senza preparazione nella scuola, e, soprattutto, usiamo il mese di settembre per far lavorare [...] i docenti al ripensamento di un profonda e radicale riforma della scuola. Anche perché MIUR e INVALSI hanno solo peggiorato la scuola attuale in questi anni, con imput inutili ediseducativi: test assurdi, acronimi sfornati ad un ritmo vertiginoso, neologismi e anglicismi a tutto spiano, irruzione degli psicologi nella scuola senza criterio. Utilizziamo questa crisi, per prendere tutti una pausa. fermiamo la scuola e pensiamo insieme a come rifondarla dalle fondamenta. Questa scuola attuale è inutile e controproducente.

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Pubblicato il 19/02/2021

in: Tutti i docenti a scuola a settembre: ecco come

Secondo me, il fatto di iniziare scuola ai primi di settembre è un'idiozia. Fa ancora caldo!! Si lavora male. Le scuole dovrebbero cominciare, come si faceva un tempo, il 1 ottobre. Anche perché troppa scuola non fa bene ai ragazzi, che hanno bisogno di respirare, e un mese in più di vacanza non [...] farebbe loro che bene, anche in prospettiva del rendimento effettivo nel corso del resto dell'anno scolastico. Col caldo poi si lavora davvero molto male nei nostri edifici scolastici, di norma senza tende, con le aule esposte al sole. Consideriamo che normalmente i ragazzi, nella scuola così come è concepita oggi, devono stare seduti 6 ore al giorno, senza muoversi, attenti, senza disturbare, e già questa per bambini, preadolescenti e adolescenti - corpi in evoluzionee in formazione - è una cosa innaturale che fa male, una vera e propria tortura. Col caldo poi! non si fa altro che sviluppare e accrescere l'odio segreto che i ragazzi nutrono per l'istituzione scolastica (e anche i professori), incattivendo ed esasperando fin dal principio tutta la situazione.Piuttosto poi che continuare ad arruolare insegnanti su insegnanti che non sanno che fare, non sono preparati e finiscono per contribuire allo sfacelo della scuola italiana, tutta l'istituzione scolastica andrebbe ripensata nelle sue fondamenta, perché la decadenza della società attuale mostra con evidenza il fallimento del compito essenziale della scuola: che, giusto per ricordarlo, non è quello dei fare baby sitting, ma di formare e preparare il futuro, e non un futuro peggiore, ma un futuro migliore.

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