Luca
Tedoldi
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Pubblicato il 30/10/2014

in: Se la scuola costruisce l’emarginazione degli stranieri

Molto interessante. Provo ad aggiungere alcune cose, consapevole che si tratta di un tema tanto trascurato quanto urgente. Da diverso tempo provo a richiamare l'attenzione dei miei colleghi sulla questione degli alunni stranieri. Trovo talora attenzione, ma anche superficialità, come se non fosse necessaria una formazione aggiuntiva per un problema inedito e privo di risposte [...] svelte ed esaustive. Pochissimi tempi fa la parola BES non significava alcunchè (per i non docenti non è cambiato nulla); per me era uno spettacolo teatrale di Perrotta su Antonio Ligabue. Ora è il piccone da usare per allargare gli stipiti di una porta scolastica troppo stretta: non c'è integrazione non solo nelle università, ma già a partire dalla primaria e dalla secondaria di primo grado (dove insegno). Sappiamo che le percentuali di promozione degli esami di terza media e della cosiddetta Maturità sono altissime, sempre sopra il 95%. Ora, lasciando da parte il problema se esami così poco selettivi siano davvero utili ed efficaci, non è arduo trovare, tra i pochi cognomi dei bocciati, dei cognomi stranieri. Anche nella mia scuola i bocciati sono per la maggior parte figli di stranieri, nuovi italiani ma poco aiutati a diventarlo pienamente. Questo è il punto: quanto facciamo per fare in modo che siano davvero nuovi ITALIANI? Quasi mai i figli degli stranieri frequentano i licei. Non sempre perchè vogliono lavorare subito ed aiutare la famiglia. Nella scuola media diamo per scontato che il liceo sia la cima più alta, la più esclusiva ed elitaria. Siamo ancora gentiliani. All'empireo possono accedere solo i puri, non gli impuri, non i meticci, non le seconde generazioni. Dunque mi trovo a consigliare un liceo ad un neoarrivato (che ha bruciato le tappe dell'apprendimento) ed essere criticato in modo eclatante da un collega, che mi ricorda che si tratta di uno straniero, un ragazzo arrivato solo da due anni. Il nostro sistema scolastico è segregante e classista. Vediamo se la normativa sui BES, la formazione ed i mediatori culturali sono un rimedio possibile. 1. Il percorso individualizzato e semplificato può durare anche quattro anni, certamente. Qui si tratta di analizzare caso per caso, tenendo conto di tutte le variabili e di frenare il diluvio del soggettivismo del docente. I docenti, per loro natura, tendono a strafare; anche a causa del fatto che spesso viene richiesto loro di andare oltre le loro funzioni didattiche, facendo anche gli psicologi, gli assistenti sociali, gli attori, a volte si sentono davvero tali. Sbagliando clamorosamente. Dunque: attenzione, userò un neologismo che in aula docenti è ormai pane quotidiano, a non BESSARE chiunque. Anche perchè spesso a me verrebbe voglia di BESSARE i BESSATORI. Il Ministero dà al consiglio di classe quest'onere e questo compito. Non è raro abusarne. BESSIAMO il rompiscatole, così abbiamo meno problemi durante l'anno. BESSIAMO lo “strano”, perchè secondo me, (docente tuttologo), ha problemi psicologici. 2. La formazione docenti non è obbligatoria. Bisognerebbe cambiare tutto il modo di addestrare un docente, che non è semplicemente un esperto della sua materia. Formazione continua ed obbligatoria, altrimenti campa cavallo (bessiamo i bessatori). 3. I mediatori culturali? Ne ho visti tre in dieci anni, sottoutilizzati, sottopagati e marginalizzati dallo strapotere del docente. Insomma: sì, magari, ce ne fossero! Per finire: grazie per l'articolo, utile per docenti e genitori, ma anche per iniziare a considerare la scuola non solo dal punto di vista delle lagne degli insegnanti (precari o no). Mi accorgo di avere molto altro da dire perchè un problema ne richiama un altro, ma non voglio appesantire questo spazio del commento.

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