Carlo
Locatelli
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Pubblicato il 31/10/2014

in: VA BENE TUTTO, MA I VECCHI NO, GRAZIE

Gentile Marta, lei ha ragione. I nostri vecchi sono un problema politico. E’ fastidioso parlar di loro principalmente perché rappresentano una generazione che ha peccato di lungimiranza: hanno ricostruito il Paese con un modello economico impostato su una crescita infinita (prendendo un grosso granchio), e oggi sono gli unici che si godono i frutti di una [...] pensione che pagano tutti gli altri ma che non tornerà più per nessuno. Non con gli stessi criteri per lo meno. Per tanto in un mondo che vive di dicotomie non è bello sentir parlare di un “nemico” privilegiato. Meglio occuparsi d’altro, pur sapendo che già oggi gli anziani riguardano tutti, e non solo da un punto di vista contributivo o economico. Qual è la soluzione dunque? In tutta onestà la risposta non è da ricercare in più assistenza da uno Stato le cui casse sono vuote, tantomeno in più volontariato: le sovvenzioni statali sono destinate a diminuire (non certo a crescere), mentre la raccolta di donazioni e il fundraising nel mondo del non profit diminuisce costantemente in tempi di crisi. All’alba del 2015 esiste una terza via anche in Italia: quella di un welfare privato e sostenibile composto da imprese a scopo sociale. Vere e proprie imprese, che vengono gestite da privati nell’interesse pubblico, al riparo da derive speculative. E sopratutto che non pesano sulle casse dello Stato perché indipendenti da finanziamenti pubblici. Gia oggi esistono moltissime imprese a scopo sociale impegnate a fornire soluzioni di welfare a prezzi accessibili, anche per i meno abbienti. Basti pensare al caso di Welfare Italia, centri di poliambulatori che forniscono prestazioni sanitarie a prezzi calmierati, (o al francese Groupe SOS, un vero e proprio colosso dell’impresa sociale europea) oppure a tutto il mondo dell’housing e della residenza sociale. Srl, cooperative sociali di mercato, start up innovative a vocazione sociale.. Il panorama dell’impresa a scopo sociale in Italia è vasto e variegato, ma attualmente mal supportato da un impianto normativo non all’altezza. Più che aumentare l’assistenzialismo, l’auspicio è che lo Stato torni a fare la sua parte normando in maniera coerente i confini entro i quali possa demandare a terzi parte dei propri compiti. Un compito squisitamente politico. All’interno dell’attuale riforma sul Terzo Settore, è prevista una modifica normativa sull’impresa sociale italiana. Qualora venisse ratificata, e se sarà accompagnata da politiche attive che mettano al l’economia sociale al centro di un nuovo modello di sviluppo, le garantisco che si tornerà a parlare di vecchi in Italia, seppur in un modo nuovo.

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