La vita segnata di Gloria

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20 Settembre 2017

E’ morta pestata di botte Gloria, su una strada a scorrimento veloce, a fine estate. E’ morta a 23 anni, non lontana dai due figli piccoli di 5 e 3 anni, rimasti in macchina, che hanno visto la madre agonizzare su quei sedili e appoggiarsi sfinita ai loro corpi, dopo essere stata massacrata di botte dai parenti, che quotidianamente l’accompagnavano da Frosinone alla periferia di Anzio, città dove loro gestivano una frutteria. E’ questa la ricostruzione fatta dagli inquirenti che hanno arrestato ieri la zia della ragazza e il compagno egiziano, coetaneo di Gloria e fratello del suo convivente. Un intreccio di rapporti e un intreccio di sfruttamenti.

Forse i piccoli in macchina, dietro con lei, l’hanno sorretta. L’hanno chiamata. L’hanno scostata. Ma lei ormai era un fuscello senza energia e senza forza.

 

Non definirò Gloria una prostituta, come hanno fatto altri colleghi, perchè lei è stata obbligata a fare quella vita da cui voleva uscire a tutti i costi. Fino a morirne. Nessuno sceglie dove nascere e da chi. I più fortunati non si fanno domande e non implorano il cielo. Solo chi è sfortunato, come lei, guardandosi intorno e vedendo gioia e felicità negli altri, si chiede perchè la vita le nega tutto e le riserva solo dolore e botte. Chissà quante volte si è fatta queste domande avendo dovuto da sempre patire e vivere, privata di affetti veri e sicuri. Mai un rifugio affettivo. Tantomeno un sostegno economico. Niente. Per lei una casa famiglia e una volta uscita, un uomo straniero che ha sposato e da cui ha avuto due figli. Un rapporto durato poco.

Secondo gli inquirenti, quella sera del 23 agosto la ragazza, sfruttata dalla cugina di sua madre e dal suo convivente, non aveva guadagnato abbastanza o forse aveva cercato di trattenere qualcosa dei suoi guadagni per sé e per i suoi figli, ed è stata punita. Con più violenza del solito. Secondo il medico legale, non era trascorsa più di un’ora dal pestaggio al decesso. I carabinieri, durante la perquisizione dell’area in cui l’auto si era fermata, avevano ritrovato un bastone, utilizzato probabilmente per picchiarla. Una furia cieca scatenata su quel corpo gracile e sofferente non ha lasciato scampo.

«Dopo la sua morte – ha spiegato il procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza – c’è stata una corsa a testimoniare. Poche volte nelle indagini abbiamo assistito a una così profonda collaborazione dei cittadini. Tutti hanno voluto dare a Gloria, da morta, quello che non aveva avuto in vita. E ci hanno restituito una ricostruzione della sua vita quasi fotografica». Ma avrebbero dovuto agire prima. Quando il suo sguardo cercava e implorava aiuto. Tutti sapevano, anche se lei non ne poteva parlare, a quale vita violenta era soggetta, dal momento che ne portava i segni sul viso e sul corpo. Quando scorrono i cosiddetti fiumi d’inchiostro è troppo tardi ormai, perchè un destino crudele, purtroppo, si è compiuto.

 

 

TAG: femminicidio, gloria, violenza familiare
CAT: Famiglia, Questioni di genere

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